In una stanza della caserma della Guardia di finanza a Coppito ha presieduto quasi tutte le gare per la realizzazione dei moduli da destinare ad aule scolastiche, tutte quelle per le abitazioni provvisorie e quelle più importanti del progetto C.A.S.E. Lavori che complessivamente ammontano a centinaia di milioni di euro, tutti passati dalle mani del prefetto dell'Aquila, Franco Gabrielli, in corsa adesso per sostituire Guido Bertolaso alla Protezione Civile. E gli appalti di cui si è occupato Gabrielli sono ora sotto la lente d'ingrandimento del procuratore abruzzese, Alfredo Rossini, il quale ha avviato inchieste con l'obiettivo di trovare elementi utili per scoprire i comitati d'affari negli appalti per il terremoto. L'attenzione è rivolta in particolare ai lavori aggiudicati dalla Btp, la società toscana che era presieduta da Riccardo Fusi, fino a quando non è stato coinvolto nell'inchiesta di Firenze sui grandi eventi, pilotati dalla cricca.
Due mesi fa il capo dei pm dell'Aquila, dopo aver ricevuto le carte giudiziarie dai colleghi di Firenze che facevano riferimento agli appalti in Abruzzo, aveva annunciato che non sarebbero stati fatti sconti a nessuno se dagli atti dell'inchiesta fossero emerse responsabilità sulle gare del dopo sisma. Per il prefetto - la cui nomina per il momento a vice capo della Protezione civile è stata decretata da Silvio Berlusconi (...ma Silvio non aveva lanciato il proclama per la "moralizzazione"? NdR...) - le carte degli appalti sono a disposizione della magistratura. Gabrielli, che è stato fino a pochi anni fa Direttore dei Servizi Segreti Interni. Tiene però a sottolineare che "le gare pubbliche si sono svolte nella massima trasparenza". E su questo punto il Procuratore Rossini attende gli sviluppi investigativi che ha delegato ai carabinieri del Ros, alla polizia di Stato e alla Guardia di finanza. Secondo quanto si apprende da ambienti giudiziari, solo in seguito al deposito delle informative potrà essere valutata l'ipotesi di inviare avvisi di garanzia.
Negli affari della cricca non compaiono solo imprenditori e politici, magistrati e professionisti legati da scambi di favore retribuiti con grosse somme di denaro o da case in regalo. Vi è molto di più nelle carte giudiziarie custodite negli uffici dei pm di Firenze e Perugia. Intanto l'interfaccia di questo sistema di tangenti è il gentiluomo del papa, Angelo Balducci, il numero uno del Consiglio Nazionale dei Lavori Pubblici, che ha avuto a suo servizio l'imprenditore Diego Anemone, un tempo suo socio. Un uomo d'affari tanto generoso con i politici da versare 900 mila euro per saldare l'acquisto della nuova abitazione con vista sul Colosseo del ministro Claudio Scajola. Una casa pagata con assegni riferibili all'architetto Angelo Zampolini ritenuto vicino ad Anemone. E questo risvolto giudiziario ha portato alle dimissioni di Scajola. E un altro ministero è nella bufera giudiziaria, quello diretto da Altierio Matteoli. Infatti, dopo che Zampolini ha iniziato a fare ammissioni ai pm, si è scoperto che con 520 mila euro è stato acquistato un appartamento per la figlia di Ercole Incalza, potente funzionario del dicastero delle Infrastrutture. Un'operazione gestita dall'architetto nel 2004 per conto di Anemone. Incalza è uno dei collaboratori più stretti di Matteoli e avrebbe ottenuto il favore dall'imprenditore quando era consulente di Pietro Lunardi che all'epoca occupava la stessa poltrona.
Anemone sa bene come oliare il sistema affaristico-clientelare che ha creato, non solo quando dieci anni fa è riuscito ad entrare nel giro dei lavori "riservati" affidati dal ministero dell'Interno. Il suo battesimo è stato il lavoro all'abitazione di servizio del ministro Scajola appena nominato responsabile del Viminale: la ristrutturazione di un mega appartamento alle spalle di palazzo Grazioli. Con lui Anemone ha preso il volo. Poi l'imprenditore ha trovato il modo per ottenere appalti dalla Protezione Civile e tentare di proteggersi dalle indagini giudiziarie che lo riguardavano. E fra Anemone e la famiglia Bertolaso è comparso più di un punto in comune che fa riflettere gli investigatori. Emergono conflitti di interesse notevole. Non è solo l'assegno da 25 mila euro versato nel 2007 alla moglie di Bertolaso da parte di una delle società che compongono la galassia imprenditoriale di Anemone. I magistrati di Perugia che indagano anche loro insieme a Firenze sulla cricca, hanno accertato che pure il cognato del capo della Protezione civile nel 2005 ha ricevuto denaro dall'impresa romana. Si tratta dell'ingegnere Francesco Piermarini, fratello di Gloria, la moglie di Bertolaso. Cinque anni fa emetteva fattura per la Anemone Costruzioni per attività di consulenze varie. Poco tempo dopo Piermarini lo ritroviamo nei cantieri del G8 della Maddalena, di cui il cognato è il capo assoluto. Anche qui è in rapporti con gli Anemone.
È un conflitto di interessi che nei mesi scorsi aveva evidenziato pure il gip di Firenze. Ma con questa nuova scoperta si acuisce ancora di più perché metterebbe in relazione, secondo gli investigatori, i lavori che Anemone ha ottenuto dalla Protezione Civile in questi anni, e il rapporto indiretto creato con la famiglia Bertolaso. Non solo, analizzando l'andamento professionale di Francesco Piermarini, si può notare che ha accompagnato negli ultimi 15 anni le attività del cognato attraverso società sue, o di cui risultava amministratore: tutte hanno avuto come oggetto sociale quello stesso ventaglio di competenze che nel tempo è andata attribuendosi la Protezione Civile.
Diego Anemone rappresenta sempre di più il pilastro della cricca, uno che per gli inquirenti non offriva amicizia e favori in cambio di nulla. Ne sa qualcosa il generale della Guardia di finanza, Francesco Pittorru, in servizio a Roma all'Aisi, il Servizio Segreto Militare. L'imprenditore, come si legge dalle intercettazioni, avrebbe cercato di ottenere informazioni dallo 007 su indagini che lo riguardavano. E per altri favori ricevuti ha assunto la figlia del generale, Claudia Pittorru, al Salaria Sport Village, il centro in cui Bertolaso andava a rilassarsi dopo le sue missioni in giro per l'italia, con massaggi che gli facevano "vedere le stelle".
I carabinieri del Ros hanno registrato centinaia di chiamate dell'imprenditore al generale e numerose richieste di incontro. E Pittorru, salvo i casi in cui si trovava fuori Roma, era sempre disponibile. Come mai tanta familiarità? Forse perché con lo stesso metodo degli assegni utilizzati per Scajola e Incalza, Anemone avrebbe dato incarico all'architetto Zampolini di versare somme di denaro per acquistare due appartamenti destinati al generale? Ascoltato come testimone la scorsa settimana dai pm di Perugia, Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, Pittorru ha detto che si trattava di un prestito, ma non ha mostrato alcun documento per dimostrarlo. Gli investigatori fino adesso hanno scoperto che Zampolini ha movimentato complessivamente 2 milioni e 800 mila euro, sempre nella stessa maniera, come spiegano i finanzieri: "Versati in banca a fronte dell'emissione di centinaia di assegni circolari". Soldi provenienti dalle casse riservate di Anemone, come dice Zampolini, e anche l'ex autista tunisino che materialmente consegnava le valigette o le buste piene di banconote.
Le operazioni bancarie erano state segnalate due anni fa dalla Banca d'Italia perché ritenute sospette. E nell'ambito di indagini sul riciclaggio, per cui era stata attivata la Guardia di finanza, Zampolini venne interrogato nei primi di ottobre del 2008, e tentò di dare una spiegazione a quelle operazioni. Pochi giorni dopo i finanzieri entrarono negli uffici di Anemone per una verifica fiscale. Tutti i documenti contabili furono sequestrati, comprese le fatture di Gloria Piermarini e di suo fratello Francesco. I primi risultati di quegli accertamenti sono comparsi solo adesso, in seguito all'avvio dell'inchiesta da parte dei pm di Perugia. Gli archivi amministrativi delle imprese di Anemone sembrano essere una miniera di informazioni e da quelle carte potrebbero prendere l'avvio altre inchieste giudiziarie. Perché i tentacoli di Anemone, supportato da Balducci, arrivavano ovunque. Grazie al potere dei soldi.
A dimostrarlo c'è anche un elenco finito nelle mani dei finanzieri: decine di nominativi con accanto i lavori che l'impresa Anemone ha eseguito in ciascuna abitazione, ma nessuna indicazione sull'importo delle opere. Tra quei nomi, molti personaggi di prima fila: parlamentari, ex ministri, funzionari dello Stato e dei servizi segreti, sottosegretari e magistrati. La loro identità per ora è top secret e gli inquirenti devono ancora decidere se sentirli come testimoni. E forse il silenzio dell'imprenditore davanti ai pm è proprio legato all'ambiente riservato e potente di cui fanno parte i suoi clienti. O alla paura di svelarne il marcio.
(Di Lirio Abbate - l'Espresso)
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