Un accurato gargarismo, e qualche lettura che vada oltre il Mein Kampf e i libri di testo della Scuola Alberghiera, dalla quale ha ricevuto tutta la sua formazione politica, economica, morale. Per evitarsi figure caprine, non è necessaria una probabile laurea online alla Unicusano del correligionario Bandecchi, dove si sono "laureati" quasi metà dei parlamentari post-sfascisti. A volte basta persino la paginetta di Wikipedia.
Onore ai "confinati" di Ventotene ( Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che in piena guerra hanno partorito il "Manifesto di Ventotene". Uno di loro - Eugenio Colorni - veniva ammazzato dai fascisti tre anni dopo, forse anche per la colpa di aver partecipato al concepimento del "Manifesto di Ventotene
Altiero Spinelli Ernesto Rossi Eugenio Colorni
Il Manifesto di Ventotene – che aveva come titolo originale Per un'Europa libera e Unita. Progetto d'un manifesto – è un documento per la promozione dell'unità politica europea scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni nel 1941 durante il periodo di confino presso l'isola di Ventotene, nel mar Tirreno, per poi essere pubblicato da Eugenio Colorni, che ne scrisse personalmente la prefazione. Il "Manifesto" è considerato uno dei testi fondanti dell'Unione europea.
[...] Il "Manifesto di Ventotene" prefigurava la necessità per l'ideologia europeista di istituire una federazione europea dotata di un parlamento e di un governo democratico con poteri reali in alcuni settori fondamentali, come economia e politica estera.
Il Manifesto di Ventotene fu originariamente redatto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941, quando per motivi politici furono confinati a Ventotene, nel mar Tirreno, come oppositori del regime fascista. Altri confinati antifascisti sull'isola contribuirono alle discussioni che portarono alla definizione del testo. In particolare quello, fondamentale, dell'ebreo socialista Eugenio Colorni. All'epoca della stesura del testo erano confinate sull'isola circa 800 persone, 500 classificate come comunisti, 200 come anarchici ed i restanti prevalentemente giellini e socialisti [...]
Il manifesto venne diffuso grazie ad alcune donne, tra le quali Ursula Hirschmann e Ada Rossi, che lo portarono sul continente dall'isola di Ventotene e lo fecero conoscere agli ambienti dell'opposizione di Roma e Milano.
Il Manifesto propugna ideali di unificazione dell'Europa in senso federale, fondandosi sui concetti di pace e libertà kantiana e sulla teoria istituzionale del federalismo hamiltoniano. Il titolo definitivo con cui l'opera è conosciuta oggigiorno fu assegnato da alcuni giornalisti viennesi. Il valore del Manifesto di Ventotene risiede nel fatto di individuare con chiarezza
- la linea di divisione fra i partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò ormai, non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa coloro che concepiscono, come campo centrale della lotta quello antico, cioè la conquista e le forme del potere politico nazionale, e che faranno, sia pure involontariamente il gioco delle forze reazionarie, lasciando che la lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido stato internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità internazionale.
In altri termini, gli estensori del Manifesto sostenevano che fosse necessario creare una forza politica esterna ai partiti tradizionali, inevitabilmente legati alla lotta politica nazionale, e quindi incapaci di rispondere efficacemente alle sfide della crescente internazionalizzazione. Era necessario cioè un movimento che sapesse mobilitare tutte le forze popolari attive nei vari paesi al fine di far nascere uno Stato federale, con una propria forza armata e con
organi e mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l'autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli.
Questa forza politica nacque poco tempo dopo, nell'agosto del 1943: il "Movimento Federalista Europeo". Sempre secondo gli autori, con l'avvento dell'era totalitaria lo sviluppo della civiltà moderna aveva subito un arresto. Un'Europa libera e unita, invece, avrebbe rappresentato inevitabilmente la premessa per il potenziamento di detta civiltà; però la riforma della società, volta a far riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza e i privilegi sociali, doveva passare attraverso la rivoluzione europea, necessariamente socialista
cioè dovrà porsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita.
Viene data la direttiva che deve essere seguita per formare una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo o del burocratismo nazionale; direttiva che si sostanzia nell'abolizione, limitazione, correzione o estensione caso per caso della proprietà privata. Il contenuto di tale direttiva viene dettagliato all'interno del Manifesto medesimo ed espresso in cinque punti definiti come cambiamenti necessari
per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale.
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P.S.: La Pesciarola non è colpevole. La sua atura discriminatoria era incorporata nella sua "morale" (si fa per dire...). Lo diciamo noi? NO! Lo confessa lei, nella sua autobiografia, la cui lettura non ho MAI auto la capacità di completare, dopo i primi attacchi di nausea.
In particolare, mi sono fermato dopo il primo capitolo, nel quale Il Presidente del Consiglio spiega come alla tenera età di 15 anni, travolta dal dolore per l'attentato a Borsellino (che veniva considerato - a torto o a ragione - un simpatizzante della destra, era corsa alla segreteria della sua borgata, per prendere la tessera del partito sfascista. Niente di male... Anzi, segno di un precoce impegno politico (giusto o sbagliato che fosse).
Naturalmente, ho pensato in un attimo a 57 giorni prima della morte di Borsellino, quando qualche quintale di tritolo aveva scavato un cratere nella strada che stava riportando dall'aeroporto a casa Falcone, amico e collega di Borsellino, ed erano rimasti maciullati Falcone, sua moglie, e tre agenti della scorta. Quella "cosa" non aveva generato nessun trauma nella giovane idealista dagli ideali a corrente alternata.
,,,sic transit gloria immundi,,,
Tafanus ringrazia le fonti: Wikipedia e... Giorgia Meloni
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