...qualche tempo fa il Tafanus ha pubblicato un "dossier Storace", nel quale si raccontava di come l'ex autista di sciaraballi in Ciociaria, sentendo avvicinarsi la fine della permanenza al "governatorato" della Regione Lazio, prima di lasciare la sanza dei bottoni decise di assumere in pianta stabile, come "Dirigenti" della Regione, un esercito di 475 (quattrocentosettantacinque, avete letto bene) persone dagli incerti curricula... Qualche tempo fa scoppia il caso del coinvolgimento di Storace e dei suoi cari nello scandalo Laziogate. Ora l'ultima perla...
Politica e raccomandazioni: ...mi manda Storace...
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L'ex governatore. Ma anche il capo dipartimento, il direttore, il funzionario. Pioggia di spintarelle sulla Agenzia Lazio Lavoro. E 45 posti diventano 135
di Riccardo Bocca - L'Espresso
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Il cognome di Francesco Storace si trova nell'elenco accanto al numero 51. L'ex governatore della Regione Lazio, oggi ministro della Salute, viene indicato come sponsor di Rossella Mercuri. Una brillante trentenne che ottiene, alla vigilia delle scorse elezioni regionali, lavoro a tempo determinato presso l'Agenzia Lazio Lavoro. Ma non è l'unico, il colonnello di An, a raccomandare co.co.co.. Nella stessa lista, con decine di nominativi sotto l'esplicito titolo 'da inserire', ci sono altri illustri segnalatori. C'è Alessandro Ridolfi, ex capo del dipartimento istituzionale della Regione Lazio. C'è Franco Schina, ex direttore regionale dell'assessorato al Lavoro. E ci sono pure il funzionario diessino Marcello Ferrante (sponsor del figlio Mario) e Giampaolo Scacchi, ex capo segreteria del vicepresidente Giorgio Simeoni (Forza Italia). Tutti inclusi in un più vasto scenario di spintarelle e anomalie, denunciato dalla Cgil romana e ora al vaglio della Procura.
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L'ex governatore. Ma anche il capo dipartimento, il direttore, il funzionario. Pioggia di spintarelle sulla Agenzia Lazio Lavoro. E 45 posti diventano 135Teatro della vicenda è per l'appunto l'Agenzia Lazio Lavoro, ente strumentale della Regione, dal 2000 impegnato nella gestione delle liste di mobilità e nel monitoraggio dell'occupazione. Una struttura che nell'agosto 2003 riceve dalla Regione Lazio 2 milioni 175 mila 79,58 euro. Soldi stanziati dal Fondo sociale europeo per una nobile missione: formare personale dei centri per l'impiego, gli ex uffici di collocamento. Creando in parallelo una serie di servizi tecnologici, come portali Internet e banche dati.
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L'obiettivo, insomma, è modernizzare. Tempo previsto per la trasformazione, un anno e mezzo, fino al dicembre 2004. Quanto basta, valutano i tecnici dell'Agenzia, per svolgere un ottimo lavoro. Già nell'ottobre 2003 presentano infatti un progetto analitico, che riceve l'approvazione della Regione. A ruota costituiscono una squadra di 12 responsabili, coordinata da Maria Chiara De Camillis. Infine chiariscono un punto chiave: quante persone esterne devono essere assunte per la durata dell'operazione. Ne servono 45, scrivono gli esperti dell'Agenzia al direttore generale Gasparino Caviglioli. "Ma non siamo stati ascoltati", racconta Massimo Cecchini, tra i responsabili del progetto, iscritto alla Cgil. "Caviglioli subiva le pressioni dell'assessorato al Lavoro, prodigo di segnalazioni sulle persone da prendere. I giorni passavano e tutto restava fermo". Finché, il 17 marzo 2004, lo stesso Caviglioli riceve una pesante lettera dai capi programma: "Il susseguirsi di segnalazioni esterne", scrivono, "ha finora ostacolato la formazione dei gruppi di progetto con il conseguente ritardo dell'avvio delle attività. Si sottolinea inoltre che, nella maggior parte dei casi, i curricula del personale selezionato per le diverse azioni sono assolutamente incongrui con le attività da svolgere, né i soggetti proposti possiedono quel know how di esperienza necessario a contribuire al buon esito dei progetti. Inoltre", come se non bastasse, "la numerosità delle persone assegnate rischia di ingolfare e rendere ingestibili le attività stesse".
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Scoppia la bagarre. "L'assessore al Lavoro Giorgio Simeoni", racconta Cecchini, "interpreta questa protesta come un attacco politico, e minaccia di cacciarmi in quanto primo dei firmatari. Senza nemmeno accorgersi che eravamo in ordine alfabetico". Dopodiché, in un clima da scontro totale, Caviglioli rassegna le dimissioni. E al suo posto viene piazzato un commissario straordinario, Massimo Messale (Forza Italia), capo di gabinetto di Simeoni. Uomo di grande fiducia, per così dire, che sblocca la situazione con un'iniziativa speciale: il 9 settembre 2004 scrive a Franco Schina, direttore regionale dell'assessorato al Lavoro. E propone di alzare il numero delle persone necessarie al progetto: da 45 a 142, con la precisazione che "le stesse figure professionali possono essere individuate nell'ambito di più azioni, con conseguente riduzione delle unità da utilizzare". Un salto che Schina approva senza fiatare.
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Da quel momento la situazione precipita. Un collaboratore della Regione ha già svolto colloqui per le assunzioni a tempo determinato, forzando l'autonomia decisionale dell'Agenzia Lazio Lavoro. Ma Messale ci mette del suo: ordina di formare una commissione per la selezione delle assunzioni esterne. E affida i lavori a un team composto dalla coordinatrice Maria Chiara De Camillis, dalla funzionaria Lidia Salinetti e da Alfio D'Onofrio, dirigente perequato, poi pensionato, infine rientrato come consulente di Messale. In teoria, un passo verso la trasparenza; in pratica, secondo l'esposto della Cgil, una scelta di facciata. La vera partita è quella delle raccomandazioni, e si svolge sottobanco, dove svariati elenchi partono dalla Regione e approdano in Agenzia. Tra questi, anche la lista visionata da 'L'espresso' (non contenuta nell'esposto ma già nota alla Procura), nella quale i candidati con spintarella risultano 118, dei quali 48 premiati con l'ambito contratto. È il caso di Alessandro Vergara, sostenuto dal dirigente Schina. È il caso di Tiziana Volpi, benvoluta da Giampaolo Scacchi, ex capo segreteria di Simeoni. Ed anche quello della candidata di Francesco Storace, peraltro con laurea e curriculum esemplare.
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Meno esemplari, viceversa, sono i profili di altri assunti, anch'essi inclusi nell'elenco finale stilato dalla commissione (135 nominativi). Figure che stridono con quanto indicato dalla presidenza del Consiglio contro l'utilizzo improprio delle collaborazioni: "Si evidenzia la possibilità di ricorrere a tali rapporti solo per prestazioni di elevata professionalità", recita una circolare del luglio 2004. Qui però è andata diversamente. Basti pensare a Francesca Rutigliano, assunta dall'Agenzia Lazio Lavoro in amministrazione, ma laureata "Tecnico audioprotesista" con "corso in protesi acustiche". Altrettanto singolare è il caso di Ombretta Sciamanna, secondo acquisto dell'amministrazione, che alla voce 'esperienza professionale' indica "cameriera presso ristorante, baby sitter, commessa e cassiera presso supermercato, segretaria e tutor presso un corso di informatica". Per non parlare di Adolfo Bellantuono, maturità classica e diploma di comunicazione d'impresa, per sua stessa ammissione con "nessuna esperienza (professionale) di rilievo". O di Stefano Proietti, promosso ricercatore junior (ruolo che richiede laurea e cinque anni di esperienza) con il diploma di maturità tecnica. Fino al paradosso di Antonio Caramuta, che nel curriculum sciorina le esperienze politiche: "Collaboratore parlamentare per il gruppo Ccd-Cdu, segretario particolare del vicepresidente del gruppo parlamentare Ccd-Cdu, collaboratore del presidente del gruppo parlamentare Cdu, responsabile della campagna elettorale al collegio Lazio 29 per il candidato di Forza Italia...". E via di questo passo, giusto per non influenzare la commissione.
"In numerosi casi", riassume l'esposto della Cgil, "i profili professionali associati alle persone selezionate nulla hanno a che vedere con i requisiti minimi che consentono di attribuirli". Ovvero, molti candidati avrebbero ottenuto incarichi superiori al loro livello. Troppo, per la coordinatrice del progetto De Camillis. Che esasperata dagli eventi, il 25 ottobre 2004 si dimette dalla commissione, scrivendo al superiore Messale una lettera in cui elenca le anomalie riscontrate: "La non condivisione di tali decisioni", concludeva, "la consapevolezza di non poter raggiungere gli obiettivi definiti, ed in più sentirmi accusata dalla direzione di inadempienze nell'organizzazione delle attività, come se il problema fosse solo la convocazione dei collaboratori per la firma dei contratti, e non la definizione delle attività da svolgere, mi costringono a rinunciare all'incarico di responsabile di coordinamento".
"A quel punto", riferisce Cecchini, "la Regione ha preso due decisioni. La prima è stata quella di nominarmi coordinatore del progetto; la seconda, di scegliere Enzo Retrosi (Alleanza nazionale) come responsabile delle risorse esterne. Ma fino al febbraio 2005, tra stranezze e disguidi, non siamo comunque riusciti a partire. Poi sono iniziati i lavori, e grazie a una proroga abbiamo raggiunto buoni risultati. Gli stessi che adesso spero ottenga la Procura di Roma".
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L'ex governatore. Ma anche il capo dipartimento, il direttore, il funzionario. Pioggia di spintarelle sulla Agenzia Lazio Lavoro. E 45 posti diventano 135Teatro della vicenda è per l'appunto l'Agenzia Lazio Lavoro, ente strumentale della Regione, dal 2000 impegnato nella gestione delle liste di mobilità e nel monitoraggio dell'occupazione. Una struttura che nell'agosto 2003 riceve dalla Regione Lazio 2 milioni 175 mila 79,58 euro. Soldi stanziati dal Fondo sociale europeo per una nobile missione: formare personale dei centri per l'impiego, gli ex uffici di collocamento. Creando in parallelo una serie di servizi tecnologici, come portali Internet e banche dati.
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L'obiettivo, insomma, è modernizzare. Tempo previsto per la trasformazione, un anno e mezzo, fino al dicembre 2004. Quanto basta, valutano i tecnici dell'Agenzia, per svolgere un ottimo lavoro. Già nell'ottobre 2003 presentano infatti un progetto analitico, che riceve l'approvazione della Regione. A ruota costituiscono una squadra di 12 responsabili, coordinata da Maria Chiara De Camillis. Infine chiariscono un punto chiave: quante persone esterne devono essere assunte per la durata dell'operazione. Ne servono 45, scrivono gli esperti dell'Agenzia al direttore generale Gasparino Caviglioli. "Ma non siamo stati ascoltati", racconta Massimo Cecchini, tra i responsabili del progetto, iscritto alla Cgil. "Caviglioli subiva le pressioni dell'assessorato al Lavoro, prodigo di segnalazioni sulle persone da prendere. I giorni passavano e tutto restava fermo". Finché, il 17 marzo 2004, lo stesso Caviglioli riceve una pesante lettera dai capi programma: "Il susseguirsi di segnalazioni esterne", scrivono, "ha finora ostacolato la formazione dei gruppi di progetto con il conseguente ritardo dell'avvio delle attività. Si sottolinea inoltre che, nella maggior parte dei casi, i curricula del personale selezionato per le diverse azioni sono assolutamente incongrui con le attività da svolgere, né i soggetti proposti possiedono quel know how di esperienza necessario a contribuire al buon esito dei progetti. Inoltre", come se non bastasse, "la numerosità delle persone assegnate rischia di ingolfare e rendere ingestibili le attività stesse".
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Scoppia la bagarre. "L'assessore al Lavoro Giorgio Simeoni", racconta Cecchini, "interpreta questa protesta come un attacco politico, e minaccia di cacciarmi in quanto primo dei firmatari. Senza nemmeno accorgersi che eravamo in ordine alfabetico". Dopodiché, in un clima da scontro totale, Caviglioli rassegna le dimissioni. E al suo posto viene piazzato un commissario straordinario, Massimo Messale (Forza Italia), capo di gabinetto di Simeoni. Uomo di grande fiducia, per così dire, che sblocca la situazione con un'iniziativa speciale: il 9 settembre 2004 scrive a Franco Schina, direttore regionale dell'assessorato al Lavoro. E propone di alzare il numero delle persone necessarie al progetto: da 45 a 142, con la precisazione che "le stesse figure professionali possono essere individuate nell'ambito di più azioni, con conseguente riduzione delle unità da utilizzare". Un salto che Schina approva senza fiatare.
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Da quel momento la situazione precipita. Un collaboratore della Regione ha già svolto colloqui per le assunzioni a tempo determinato, forzando l'autonomia decisionale dell'Agenzia Lazio Lavoro. Ma Messale ci mette del suo: ordina di formare una commissione per la selezione delle assunzioni esterne. E affida i lavori a un team composto dalla coordinatrice Maria Chiara De Camillis, dalla funzionaria Lidia Salinetti e da Alfio D'Onofrio, dirigente perequato, poi pensionato, infine rientrato come consulente di Messale. In teoria, un passo verso la trasparenza; in pratica, secondo l'esposto della Cgil, una scelta di facciata. La vera partita è quella delle raccomandazioni, e si svolge sottobanco, dove svariati elenchi partono dalla Regione e approdano in Agenzia. Tra questi, anche la lista visionata da 'L'espresso' (non contenuta nell'esposto ma già nota alla Procura), nella quale i candidati con spintarella risultano 118, dei quali 48 premiati con l'ambito contratto. È il caso di Alessandro Vergara, sostenuto dal dirigente Schina. È il caso di Tiziana Volpi, benvoluta da Giampaolo Scacchi, ex capo segreteria di Simeoni. Ed anche quello della candidata di Francesco Storace, peraltro con laurea e curriculum esemplare.
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Meno esemplari, viceversa, sono i profili di altri assunti, anch'essi inclusi nell'elenco finale stilato dalla commissione (135 nominativi). Figure che stridono con quanto indicato dalla presidenza del Consiglio contro l'utilizzo improprio delle collaborazioni: "Si evidenzia la possibilità di ricorrere a tali rapporti solo per prestazioni di elevata professionalità", recita una circolare del luglio 2004. Qui però è andata diversamente. Basti pensare a Francesca Rutigliano, assunta dall'Agenzia Lazio Lavoro in amministrazione, ma laureata "Tecnico audioprotesista" con "corso in protesi acustiche". Altrettanto singolare è il caso di Ombretta Sciamanna, secondo acquisto dell'amministrazione, che alla voce 'esperienza professionale' indica "cameriera presso ristorante, baby sitter, commessa e cassiera presso supermercato, segretaria e tutor presso un corso di informatica". Per non parlare di Adolfo Bellantuono, maturità classica e diploma di comunicazione d'impresa, per sua stessa ammissione con "nessuna esperienza (professionale) di rilievo". O di Stefano Proietti, promosso ricercatore junior (ruolo che richiede laurea e cinque anni di esperienza) con il diploma di maturità tecnica. Fino al paradosso di Antonio Caramuta, che nel curriculum sciorina le esperienze politiche: "Collaboratore parlamentare per il gruppo Ccd-Cdu, segretario particolare del vicepresidente del gruppo parlamentare Ccd-Cdu, collaboratore del presidente del gruppo parlamentare Cdu, responsabile della campagna elettorale al collegio Lazio 29 per il candidato di Forza Italia...". E via di questo passo, giusto per non influenzare la commissione.
"In numerosi casi", riassume l'esposto della Cgil, "i profili professionali associati alle persone selezionate nulla hanno a che vedere con i requisiti minimi che consentono di attribuirli". Ovvero, molti candidati avrebbero ottenuto incarichi superiori al loro livello. Troppo, per la coordinatrice del progetto De Camillis. Che esasperata dagli eventi, il 25 ottobre 2004 si dimette dalla commissione, scrivendo al superiore Messale una lettera in cui elenca le anomalie riscontrate: "La non condivisione di tali decisioni", concludeva, "la consapevolezza di non poter raggiungere gli obiettivi definiti, ed in più sentirmi accusata dalla direzione di inadempienze nell'organizzazione delle attività, come se il problema fosse solo la convocazione dei collaboratori per la firma dei contratti, e non la definizione delle attività da svolgere, mi costringono a rinunciare all'incarico di responsabile di coordinamento".
"A quel punto", riferisce Cecchini, "la Regione ha preso due decisioni. La prima è stata quella di nominarmi coordinatore del progetto; la seconda, di scegliere Enzo Retrosi (Alleanza nazionale) come responsabile delle risorse esterne. Ma fino al febbraio 2005, tra stranezze e disguidi, non siamo comunque riusciti a partire. Poi sono iniziati i lavori, e grazie a una proroga abbiamo raggiunto buoni risultati. Gli stessi che adesso spero ottenga la Procura di Roma".
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