Gubbio, il ritorno di Berlusconi - "Non credo voteremo sì sul Libano" - L'ex premier al seminario del suo partito rilancia la battaglia: "Sulla Rai è emergenza democratica, scendano in campo nostri elettori"
Fini applaude la svolta: "Ha
colto nel segno". Freddo l'Udc: "Noi rimaniamo coerenti"
Casini: "Non vedo le
ragioni percui il centrodestra dovrebbe votare no"
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da Repubblica.it
GUBBIO - Berlusconi torna dalle ferie e al seminario di Gubbio di Forza Italia spara a zero sul governo, ma soprattutto dice: "Io non credo che noi potremo votare sì alla missione in Libano, certo tuteleremo i nostri soldati, ma attenzione perché le regole di ingaggio non rispettano più la nostra visione". "L'opposizione - ha poi aggiunto - la faremo certamente in Parlamento e certamente con manifestazioni nelle piazze". L'ex premier promette "un'opposizione inflessibile nel Parlamento e nel Paese, ma a differenza della sinistra quando noi diremo no lo accompagneremo sempre con proposte costruttive".
La
replica di Pier Ferdinando Casini arriva in serata. L'ex
presidente della Camera dice di "non vedere le ragioni" per le quali il
centrodestra dovrebbe cambiare idea sulla missione in Libano
[...]
I propositi combattivi del Cavaliere trovano
subito l'apprezzamento di Gianfranco Fini. "Berlusconi a Gubbio ha colto nel
segno, indicando in una opposizione inflessibile, non pregiudiziale, da
svolgersi nel confronto con le categorie e se necessario nelle piazze, la via
per contrastare il governo Prodi", ha commentato il presidente di An
[...]
Al primo punto nella nuova agenda
di Berlusconi, la situazione alla Rai che il leader di Fi definisce "una grande
emergenza democratica": "Si apprestano a fare qualcosa che è veramente
un'emergenza, vogliono mettere le mani sulla Rai. Non dobbiamo permetterlo.
Dobbiamo farci sentire e su questo mi sento di far scendere in campo
l'indignazione dei nostri elettori". Poi, un giudizio sui media italiani: "I
telegiornali sono inguardabili e i giornali sono illeggibili, c'è una
distorsione della realtà".
Quanto al conflitto di interessi, il Cavaliere annuncia una "grande battaglia" su quello che considera "l'unico grande e macroscopico conflitto di interessi" e cioè quello tra le cooperative rosse e le giunte rosse. La proposta di Berlusconi è quella di "vietare ogni tipo di contratto fra le giunte rosse e le cooperative rosse", aggiungendo di voler "vedere se i senatori a vita si tireranno indietro anche su questa proposta".
...ed eccolo finalmente!!! il Cav. ammette l'esistenza del "conflitto d'interessi",, ed ammette, implicitamente, che la mitica "legge Frattini" non lo ha risolto? Insomma, il conflitto c'è... fra la cooperativa selciatori ed il comune di Poggibonsi...
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Chi ha paura del lupo cattivo
di EUGENIO SCALFARI
Nell'avanspettacolo napoletano dei tempi andati c'era anche
la scenetta dell'uomo dalla faccia feroce. Qualcuno gli ordinava: "Facite 'a
faccia feroce" e lui aggrottava i sopraccigli, gonfiava le gote e digrignava i
denti. "Cchiù feroce ancora" e lui oltre a digrignare ringhiava. "Ferocissima" e
lui erompeva in urla che avrebbero dovuto terrorizzare e provocavano invece una
generale risata nelle platee.
La cosa
strana è assistere alla ripetizione di questa antica quanto ingenua scenetta da
parte d'un manipolo di belli ingegni che dall'alto di prestigiose tribune
giornalistiche e para-politiche si dedicano alla predicazione della faccia
feroce. I destinatari della predica sono di solito le forze politiche
riformiste. Le quali, secondo i loro mentori, dovrebbero ringhiare da sera a
mattina contro la cosiddetta sinistra massimalista, antagonista, radicale e
conservatrice che dir si voglia. Le forze riformiste - secondo questa squadra
d'élite di predicatori - dovrebbero sostenere una politica estera allineata al
verbo dei neocon americani; in politica interna dovrebbero avere come modello
l'ex sindaco di New York, Giuliani.
In politica
economica la faccia "cchiù feroce" dovrebbe essere rivolta contro la sinistra
radicale e contro i sindacati accompagnata a strizzatine d'occhio verso il
centrodestra, non solo quello di Casini ma anche di Tremonti e dello stesso
Berlusconi. E' appena di ieri - ma è solo l'ultima di una lunga serie -
l'esortazione appassionata d'uno di questi belli ingegni che così si esprime:
"In politica poche cose conferiscono identità come gli avversari che ci si
sceglie. Che la sinistra riformista abbia per avversario la destra è scontato.
Ma quel che conta è che l'altro suo nemico per antonomasia sia e debba essere la
sinistra radicale. Ma capirlo non basta. Bisogna anche comunicarlo con chiarezza
all'esterno e dirlo forte".
Lo schema politico su cui si muovono queste
esortazioni è evidente: un robusto partito "centrale" in lotta contro la destra
e la sinistra. Nel partito centrale Casini Fini Tremonti Rutelli Fassino e,
ovviamente, Montezemolo. Mario Monti benedicente dall'alto; Prodi e Berlusconi
presidenti onorari sempre che lo vogliano. A sinistra, con diritto di tribuna
Bertinotti Diliberto ed Epifani; a destra, come figurante perché altri non ce ne
sarebbero, Storace. E' uno schema da bar dello sport, ma c'è gente seria
e intelligente che ci crede, ne parla, ne scrive, convinta che per far
progredire l'Italia non vi sia altra strada. Convinta anche che in tutte le
democrazie degne del nome sia questo lo schema dominante. Naturalmente non è
affatto vero.
In nessuna democrazia occidentale c'è un
grande centro con due nanerottoli a destra e a sinistra. E' stato così solo in
Italia e si è visto come andò a finire. Non è così in Francia, in Gran Bretagna,
in Spagna, in Usa, in Scandinavia. Neppure in Germania - a parte l'alleanza
incidentale tra Cdu e Spd. Ma comunque: in Italia non esistono le condizioni per
ritornare ai tempi di De Gasperi-Saragat, di Moro-Nenni e di
Moro-Andreotti-Berlinguer. Se non altro perché non ci sono più personaggi di
quel calibro, ma soprattutto perché è cambiato il Paese
[...]
...Padoa-Schioppa [...] è un uomo rigoroso e anche
puntiglioso ma non un moderato. Pochi giorni fa ha detto in pubblico che le
imprese debbono cominciare a svegliarsi perché gran parte della perdita di
competitività non dipende affatto dai sindacati e neppure dall'insufficienza
della politica, ma dalla loro pigrizia imprenditoriale. Romano Prodi che era con
lui faceva larghi cenni di assenso. La platea, in gran parte formata
proprio da imprenditori, era alquanto allibita.
Ciò
detto, sia Prodi sia Padoa-Schioppa, sia Bersani e sia Visco, faranno per intero
quel che si deve fare in materia di politica economica e di legge finanziaria.
Adempiranno agli impegni presi con l'Europa, riporteranno il deficit sotto al 3
per cento entro il 2007. Ridurranno la dinamica della spesa con misure
strutturali, avvieranno la riforma delle pensioni non per fare cassa ma per
assicurare ai lavoratori giovani un futuro previdenziale accettabile. E lo
faranno in accordo con i sindacati.
Faticheranno ma ce la faranno. Per
due ragioni: la prima è che la sinistra radicale non è fatta di mattoidi; la
seconda è che un'altra strada non esiste. O meglio: un'altra strada c'è ma porta
alla sconfitta totale ed alla scomparsa della sinistra - radicale o riformista
che sia - dalla geografia italiana. Quindi percorribile solo da mattoidi
[...]
Due parole sul conflitto d'interessi, attorno al quale si
continuano a spargere fiumi di inutile inchiostro. Si ha conflitto quando la
stessa persona abbia nelle sue mani il potere di decidere tra l'interesse
generale e quello della propria azienda. Il caso del proprietario e socio di
maggioranza della Fininvest-Mediaset e d'una infinità di altre aziende è il più
rilevante, ma non è il solo. Molti altri ce ne sono. Il caso Berlusconi è reso
più eclatante dal fatto che si applica ad aziende operanti nel delicatissimo
campo dell'informazione e in più d'una informazione che opera in regime di
pubblica concessione. Può il presidente del Consiglio essere un
concessionario dello Stato? A questa domanda c'è una sola risposta: non può. Per
risolvere un siffatto conflitto c'è un solo modo: il proprietario imprenditore
di attività svolte con la concessione di un bene pubblico non può ricoprire
cariche di governo. Il che significa che può essere eletto a cariche
parlamentari ma non può diventare né presidente del Consiglio né ministro né
sottosegretario.
E' una legge punitiva? E perché mai?
Dov'è la punizione? Se vuole far politica può farla con la massima dignità e
rappresentatività. Aspira a far parte del governo e addirittura a dirigerlo?
Venda preventivamente l'azienda, ne incassi il controvalore e lo investa in
titoli pubblici. Questa è una soluzione equa, buona e giusta. Altre non ce ne
sono. Il governo vuole rinviare la legge al 2007? Lo faccia sotto la sua
responsabilità ma sappia che, passato quel termine, tutti i suoi amici gli
saranno contro e questa volta senza perdono.
Post scriptum.
E' tornato. Finalmente è tornato. Molte illustri persone erano stupite e
preoccupate dalla sua assenza dalle scene. Si produceva a Villa Certosa e al
Billionaire ma non dove si forgiano la vita e i destini d'un paese. Ma per
fortuna eccolo di nuovo lì. Ieri. Dagli ozi delle vacanze alle fatiche di
Gubbio. Ha detto che non voterà per la missione in Libano, che si batterà fino
all'ultimo respiro contro i propositi di confiscare i suoi beni e contro il
turpe progetto di mettere le mani sulla Rai. In difesa della libertà della (sua)
Rai. E altre piacevolezze del genere. L'incredibile non è quello che dice.
L'incredibile è che quest'uomo, questa barzelletta vivente, è stato per due
volte presidente del Consiglio e ci ha governato per un'intera legislatura.
E.S.
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