I misteri della fisica teorica: L’espansione universale.
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Questo articolo e’ dedicato all’analisi dei principi che hanno determinato la conclusione secondo cui l’universo sia in continua espansione. Per meglio comprenderne le ragioni potrebbe essere utile partire dalle radici, ovvero dai principi su cui si fonda ed attraverso cui è stata formulata:
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1. la frequenza delle onde magnetiche. E’ noto che ogni oggetto emetta radiazioni e che le emetta in forma di una “frequenza”, che altro non e’ che la distanza fra la cima d’un onda e quella che la segue. Se pensiamo al filo di una sega, possiamo farci un idea in concreto di cosa dobbiamo intendere. Le frequenze vanno da 1 “dentino” al secondo a circa 2 miliardi di “dentini” al secondo (dalle onde lunghe a quelle gamma”). Nel mezzo di questa serie di frequenze, si trovano quelle “ottiche” , che non hanno nulla di diverso dalle altre per struttura e composizione, non fosse altro che queste frequenze vengono percepite dai nostri occhi. I corpi che emettono frequenze al di fuori di questa parentesi ottica non vengono percepite dalla nostra retina, ma possono venire percepite strumentalmente (onde radio, infrarossi, ultravioletti, raggi X , microonde e gamma).
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2. Effetto Doppler: quando una fonte d’emanazione di onde si muove verso un punto d’osservazione le frequenze emesse originariamente aumentano in relazione a chi osserva. In pratica: se una fonte emette una frequenza di mille, se questa si muove in direzione di chi osserva ad una velocità x , chi riceve, registra una frequenza di 1000 + x. Lo stesso vale però anche quando una fonte si allontana da chi osserva. Ovviamente in questo caso la frequenza emessa diminuirà in relazione a chi osserva, in ragione proporzionale alla velocità con cui si allontana.
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3. Assioma della costante universale: formulata da Einstein nel 1905. Teoria secondo cui la velocità delle onde (o della luce, che è la stessa cosa) rimane sempre costante agli effetti di chi osserva.
A seguito di quest’infarinatura globale, intesa a ricalcare i punti essenziali su cui viene formulata la teoria della espansione universale, vediamo di capire quali sono le ragioni che hanno indotto la scienza a credere e farci credere che l’universo sia in espansione:
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La teoria di cui parliamo venne formulata e pubblicata per la prima volta a cura dall’ astronomo Edwin Hubble nel 1928. A seguito dell’osservazione e dell’analisi dello spettro delle galassie circostanti la nostra, riscontrò un fenomeno anomalo nelle frequenze emesse da queste: quello che venne chiamato tendenza al rosso (red schift, in inglese). Tutte le galassie, insomma presentavano una globale diminuzione di frequenza registrata, che dava loro un aspetto rossastro (il rosso è la frequenza più bassa della luce visibile). Cosa ancora più straordinaria, fu l’osservazione del fatto che questa tendenza al rosso risultasse più spiccata nelle galassie più lontane da noi. In altri termini, più una corpo celeste e’ lontano, tanto più intensa è la sua tendenza al rosso. Che spiegazione si poteva dare a questo fenomeno, in possesso dei dati sopra elencati ? In base al punto 3, qui sopra esposto, egli si dovette attenere alla formula einsteiniana secondo cui la velocità della luce rimane sempre costante. Gli rimase come spiegazione l’effetto Doppler così inteso: se una fonte luminosa si allontana da chi osserva, produce come effetto una diminuzione globale delle frequenze emesse, ovviamente questi corpi celesti si debbono allontanare da noi ad una velocità costante. Inoltre, dato che più lontani sono i corpi, tanto maggiore è la diminuzione di frequenza che si registra, si deve concludere giocoforza che più un corpo celeste è lontano da noi, tanto più velocemente da noi si allontana.
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Logico? Proprio no: un corpo per allontanarsi da un punto con accelerazione costante deve essere munito di un dispositivo jet che procuri all’oggetto una spinta costante. Ci si può sbizzarrire in ogni sorta di soluzione “probabile” su questo punto, ma resta il fatto sostanziale che l’energia cinetica che si sprigiona da un’esplosione originaria (buco nero per chi ancora ci crede, o ammasso concentrato di materia) perde energia sulla distanza e rallenta progressivamente. Secondo la legge di Hubble, succede esattamente il contrario.
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Dove sta la magagna? Ecco: proviamo ad eliminare il punto 3 come componente essenziale di questa conclusione e proviamo a riformularla. Dimentichiamoci cioè dell’assioma sulla costanza della velocità della luce, sostenendola e corroborandola con decine di risultati sperimentali ottenuti dal 1999 in poi e che sono stati pubblicati sulla Letter of Phisics nel febbraio 2004. Un paio d’esempi:
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Nel 1999 un gruppo di scienziati guidati da Lene Hau fu in grado di rallentare la velocità di un raggio di luce fino a circa 61 km/h. Nel 2001, furono in grado di fermare momentaneamente un raggio. Nel gennaio 2003 Mikhail Lukin, assieme a scienziati della Harvard University e dell'Istituto Lebedev di Mosca, riuscirono a fermare completamente la luce dentro un gas di atomi di rubidio ad una temperatura di circa 80° ecc. ecc.
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Questo per dire che la velocità della luce, anche ammettendo (e non concedendo, come vedremo inseguito) che sia insuperabile, non toglie che sia oggetto anche a forti diminuzioni e che la sua costanza sia in qualche modo confutata.
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Ecco che ora ci chiediamo, embè? Facciamo allora conto che invece delle galassie ad allontanarsi da noi con velocità costante, siano i raggi luminosi a rallentare sulla distanza. Cosa otteniamo? Semplice: otteniamo lo stesso risultato di diminuzione della frequenze che noi registriamo. Ritornando al filo di sega,: se lo facciamo passare su un punto fermo alla velocità di 100 km/h, detto punto registrerà una frequenza di passaggi dei singoli dentini, inferiore a quella che registrerebbe se la facessimo passare alla velocità di 1000 km/h. Dall’esempio al concreto: diciamo che se i raggi emessi alla velocità originaria di 300.000 con frequenza ´y´ arrivasse a noi con una velocità di 150.000 km/s, noi registreremmo una frequenza uguale alla metà di quella originariamente emessa, con conseguente effetto di una spostamento dei colori verso il rosso. Aggiungiamo a questo, che più la distanza percorsa dai raggi luminosi è grande, tanto più la velocità dei raggi diminuisce, potremmo spiegare logicamente il fatto che gli oggetti luminosi più lontani presentino una tendenza al rosso più spiccata.
Con cui concluderemmo che l’universo non è in espansione e che presumibilmente non è nato da un’esplosione di nessun genere.
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Ma questa spiegazione, logica e assumibile nel contesto della fisica classica, si scontra ancora una volta con l’assioma della costanza della velocità della luce. In altre parole, non ci è possibile, ufficializzare l’ipotesi qui sopra menzionata, perché questa è in netta contraddizione con la base portante della teoria della Relatività.
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