Relatività
delle misure: 3. Massa.
La misura di “massa” ( = m) è quella
che definisce il concetto comune di peso. L’unità di misura di massa è il
grammo. Così come tutte le altre misure finora prese in considerazione, anche
quella di massa è ovviamente relativa ad altri fattori circostanziali. Potremmo
dire che, una qualsiasi massa, in assenza di gravità, non ha peso. Ciò
significa, in altre parole, che non sviluppa alcuna forza in alcuna direzione.
In conclusione, una massa assume il significato di “peso” solamente quando
viene posta in relazione ad un’altra massa. Ovvero quando tra le due o più
masse s’instaura un rapporto di reciproca attrazione gravitazionale.
Conformemente con tutte le altre misure, anche nel contesto di “masse”, per
definire il concetto di peso, dobbiamo stabilire arbitrariamente quale venga
considerato l’ oggetto di base, e quale invece gli oggetti che vi si pongono in
reazione. Per meglio spiegare questo punto vediamo un semplice esempio.
Premesso che: due masse esercitano una reciproca azione gravitazionale che si
stabilisce in un punto intermedio tra esse, potremmo dire che un melone sul
pianeta Terra pesa 1 chilo. Ma quanto pesa il pianeta Terra, rispetto al
melone? Ovviamente noi, come abitanti del pianeta Terra e non del melone, diamo
tutte le misure in modo scontato, partendo dalla base dal pianeta che ci
ospita. Pertanto attribuiamo alla massa
del melone il peso di un chilo, senza preoccuparci del fatto che sul “pianeta
melone”, la massa della Terra è anche quella di 1 chilo.
.
Concludendo, possiamo senza dubbio affermare che la
misura “massa” diventa quantificabile soltanto quando si pone in relazione ad
un’altra misura di massa, che alla prima si contrapponga dialetticamente. La
sintesi di questo risultato dialettico si esprime globalmente in una intensità
di forza, comunemente definito “peso”.
Proseguendo sull’esempio sopra enunciato, abbiamo
stabilito che la massa di un certo melone è quella di 1 chilo. Ora però
proviamo ad allontanare detto melone di
20 chilometri dalla crosta terrestre e lo pesiamo con la stessa bilancia.
Dovremmo constatare che ora il peso del melone è sensibilmente inferiore.
Eppure continuiamo a parlare di una massa di un chilo.
.
Ecco che, la misura di una massa è sostanzialmente
relativa sia al punto scelto come parametro fisso, sia alla distanza cui l’ oggetto misurato si trova dal centro
del parametro stesso. Complicato? Facciamo finta di si. Allora: tutte le misure
di massa che noi esprimiamo in termini di grammi, chilogrammi ecc., vanno
intese in relazione alla massa del nostro pianeta e non solo, ma misurate al
livello del mare. Scegliendo un altro pianeta come parametro, sempre che questo
sia più o meno consistente del nostro, la definizione in chilogrammi
risulterebbe differente. Così come, risulterebbe differente, allontanando
l’oggetto misurato dal livello del mare o avvicinandolo al centro del nostro
pianeta.
.
Una massa isolata nello spazio ha una massa uguale a 0,
poiché non essendo posta in relazione con altro, non sviluppa una forza quantificabile
in misura di peso. Eppure continuiamo a definire una massa planetaria o
stellare, con relazioni gravitazionali col nostro pianeta praticamente
insignificanti, in termini di misure nostrane di peso. Quando diciamo che, per
esempio, la stella Sirio ha una massa di x miliardi di tonnellate, intendiamo
in effetti che questo sia il peso della stella quando essa venisse misurata
sulla superficie del nostro pianeta al livello del mare. Questa stessa misura
di x miliardi di tonnellate sarebbe però anche il peso della nostra Terra,
sulla stella Sirio. Dato che il rapporto tra Sirio e Terra, si potrebbe
facilmente collegare a quello dell’esempio tra Terra e melone, ci resterebbe da
stabilire se sia più onesto calcolare il peso della Terra rispetto a Sirio, piuttosto
che viceversa. Invece, grazie al nostro – naturale, in un certo senso ma - cocciuto egocentrismo, continuiamo a fissare
misure ponendole arbitrariamente in relazione alle esigenze ed al contesto del
nostro esistere.
Quanto sopra, ci dovrebbe rendere chiaro il concetto
integrale di relatività, che, ancora una volta, non va confuso con quello della
nota teoria fisico-teorica.
Per quanto riguarda quest’ultima, la misura di “massa”
è una misura relativa, sebbene non parta, come la versione integrale di
relatività qui esposta, dal valore che ogni misura assume in relazione ad altre
misure, in circostanze diverse e dai
diversi parametri a cui si fa riferimento. Einstein non mette in discussione il
valore comunicativo delle misure
convenzionate, bensì pone il valore della misura di massa in relazione alla
velocità cui questa si muove in rapporto alla velocità della luce. Con una
formula ispirata (così come tutte le altre inerenti a questa teoria) alla
costruzione di Lorentz, si ottiene che più una massa si muove velocemente, in
rapporto a “c” tanto più questa incrementa il suo valore.
Ancora una volta, in virtù del carattere proprio di
questa formula, quando la massa m raggiunge la velocità di “c” il valore m diventa uguale ad ¥.
Interpretando questa formula, scaturisce la convinzione che un oggetto fornito di massa non possa mai
raggiungere, né superare la velocità della luce. Anche senza passare questo
limite, il valore unitario di massa dell’oggetto preso in considerazione, verrà
ad incrementarsi, nella misura in cui la sua velocità si avvicinerà a quella di
c.
Peraltro, l’interpretazione di questa formula
scaturisce da premesse prettamente antropomorfiche: in primo luogo dobbiamo
stabilire che l’ oggetto dotato di una certa massa, come viene quantificato in
questa formula, si muova in un punto indeterminato dello spazio, in assenza di
parametri definiti. Come abbiamo detto, una massa isolata nello spazio non ha
per sé né una velocità o direzione definibili, né una misura di peso, se non quando
posta in relazione ad una altra massa per un’interazione gravitazionale.
Potremmo anche chiederci, per quale ragione una massa vagante in un punto non
necessariamente in rapporto con il nostro pianeta, debba di per sé
sottomettersi ad una convenzione metrica prettamente terrestre. Ma anche
volendo concedere alle nostre convenzioni numeriche il valore assoluto di legge
universale, resta il fatto puro e
semplice che una massa isolata ha per sé un valore in termini di peso uguale a
0.
La misura in chilogrammi (sia anche multipli o frazioni
di questo) non è per la verità l’unica misura di massa che conosciamo. Esiste,
soprattutto riferita alle sostanze volatili (i gas per intenderci), una
quantificazione in termini di peso atomico. Ad esempio: una molecola d’idrogeno
ha un peso atomico di 2 mentre quella dell’ossigeno è di 32 e quello dell’azoto
di 28. E’evidente che dette quantificazioni non siano fini a se stesse, bensì
esprimano un rapporto di densità. Alla domanda se la massa dell’ossigeno è
maggiore o minore di quella dell’ idrogeno, rispondiamo serenamente “è
maggiore”. In che proporzione? Di 1 a 16. Ciò significa che la massa dell’
ossigeno, in relazione a quella dell’ idrogeno è di 16 volte maggiore. Ma ora
proviamo a riferire il peso atomico dell’ ossigeno a sé stesso. Diciamo è 32. Si, ma, 32 cosa? Vale
32 cos’altro? Slegato da ogni relazione materiale, dire che l’ossigeno ha un
valore di 32, non ha nessun significato.
Se, per esempio, io chiamassi il mio cane col nome
di Argo, per la durata di cinque anni e
poi decidessi, per gli anni successivi, di chiamarlo Pippo, non ho cambiato il
cane, ho cambiato l’astrazione con cui
lo definisco.
Applicando la formula di Lorentz (secondo l’uso che
Einstein ne fa) al valore di massa dell’ossigeno, otterremmo che un atomo di
questa sostanza che viaggiasse alla velocità di, diciamo, 9/10c, muterebbe il
suo peso atomico da 32 a 73,56. Ora, come nel caso del cane Argo, il nostro
atomo d’ossigeno non si chiama più “32” ma “73,56”. Però, presumibilmente e con
poche possibilità di smentita, resterà sempre l’atomo d’ossigeno che era.
Tuttavia, si potrebbe ancora obiettare
che un atomo di ossigeno che viaggia a 9/10 della velocità della luce, viene
messo in relazione con un suo collega che invece viaggia a velocità, diciamo,
terrestri. Questo rapporto ci suggerirebbe che il primo abbia, rispetto al
secondo, una massa poco più che doppia. Dovremmo però osservare che essendo i
due atomi non in contatto materiale fra
loro, la relazione che viene proposta è assolutamente astratta: la formula che
pretende di operare questa trasformazione, agisce nell’ambito di un valore
numerico, ovvero di un valore da noi astrattamente convenzionato e non certo nella quantità intrinseca della
materia.
In conclusione ed in termini più generali, sulla base di ciò finora preso in esame, possiamo sostenere che, qualunque valore, sia di velocità, di tempo o di massa resti un valore di per sé oggettivamente nullo, fino a quando non venga messo in rapporto con altri valori differenziati, con cui confrontarsi in termini di paragone.
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