...alle 4 del mattino del 4 novembre 1966, dal “baracchino” di Luigi Ciapetti, 28 anni, radioamatore, parte la notizia che gela il mondo. Il suono gracchiante ed incerto del “Geloso 225” diffonde questo messaggio: “Chiamata generale da I1CLC, l’Arno a Firenze ha rotto gli argini, c’è nessuno in frequenza?”
LA CATASTROFE - Dal 25 ottobre 1966 a Firenze e nei dintorni piove senza interruzione. Dal 3 novembre violenti nubifragi si abbattono sulla città. Gli argini cedono, l'Arno a monte di Firenze si divide in due rami, riversandosi sul quartiere cittadino della sponda sinistra del fiume e l'acqua raggiunge un livello di oltre 4 metri. Poco più tardi, nella notte fra il 3 e il 4 novembre, la testa di Ponte Vecchio viene sommersa e le acque invadono il quartiere di Santo Spirito e di San Frediano. Qualche ora dopo è la volta della sponda destra del fiume. Nelle prime ore del mattino del 4 novembre l'Arno sfonda il muro della balaustrata davanti alla Biblioteca Nazionale e penetra nei depositi della biblioteca, inondando anche il quartiere di Santa Croce. La conseguenza è che si riversano sulla città dai 45 ai 50 milioni di metri cubi d'acqua: 121 persone perdono la vita durante l'inondazione, che si ritira poi nella notte fra il 4 e il 5 novembre, lasciando nella città uno spesso strato di melma, mista a gasolio, macerie e spazzatura.
RADIOAMATORI EROI DIMENTICATI DEI SOCCORSI – “Chiamata generale, chiamata generale... da I1CLC, l’Arno a Firenze ha rotto gli argini, c’è nessuno in frequenza?» - Ce l’ha ancora, il trasmettitore Geloso G225. E’ un pezzo di storia: alle 4 del mattino del 4 novembre ‘66 i radioamatori sintonizzati nel mondo seppero della tragedia di Firenze grazie a quel trasmettitore e al ragazzo che parlava al microfono. Carlo Luigi Ciapetti alle 4 del 4 novembre per primo annunciò al mondo il disastro: «Mi sentirono anche al di là dell’Oceano, in America». Dietro quella sigla, CLC, c’era lui. Carlo Luigi Ciapetti. Nel ’66 aveva 28 anni, era dirigente di una società di calcolatori elettronici a Firenze, sposato, due figli più uno in arrivo.
Non fu solo il primo a dare via radio la notizia dell’alluvione, ma da quel giorno e nei successivi coordinò l’attività dei radioamatori posizionati nei punti nevralgici di Firenze. Prefettura, Questura, Comune, acquedotto, Rai, Misericordia, Vigili del Fuoco, il campo di emergenza vicino allo stadio. «In ogni snodo strategico c’era uno dei nostri a inviare messaggi, comunicare dati, annunciare l’arrivo di viveri».
Nella città tagliata fuori dal mondo, senza telefoni né corrente, con gli apparecchi radio istituzionali fuori uso (i grossi generatori che li alimentavano erano depositati nelle cantine e andarono alluvionati), furono i radioamatori con gli strumenti a batteria (avevo precisato che erano anche a corrente alternata, ottenuta dai nostri piccoli generatori di allora) a tenere vive le comunicazioni con il resto del Paese e con i quartieri della città. Un lavoro fondamentale: «gli organi ufficiali usavano frequenze diverse e non potevano comunicare fra di loro, mentre noi amatori usavamo tutti le stesse frequenze»; massacrante, «si dormiva sulle sedie, per terra su una coperta, anche all’aperto»; un impegno mai valorizzato nelle ricorrenze dell’alluvione.
Ma in questo quarantennale anche i radioamatori saranno ricordati: avranno una sezione tutta per loro nella mostra «Angeli del fango» che si aprirà il 4 novembre in consiglio regionale. Parleranno i protagonisti dell’epoca, sono una novantina, tra quelli ancora vivi e i familiari di chi non c’è più, rintracciati con una ricerca, capillare e difficilissima, da Paolo Badii (I5AUI - ndr), curatore della mostra (che diventerà anche un libro, «Angeli con la radio»). Saranno esposti non solo gli apparecchi di allora, e dunque anche il Geloso G225 di Ciapetti, ma si potranno sentire anche le rarissime registrazioni di quei giorni drammatici. «Da Pisa stanno arrivando viveri, mezzi anfibi, generi di conforto». «La colonna è in arrivo». «Qui è un gran caos». (Claudia Riconda) - Repubblica Firenze 03 03/10/2006
GLI “ANGELI DEL FANGO” - L'eco della catastrofe è enorme in tutto il mondo. In pochi giorni affluiscono a Firenze migliaia di persone. Militari, naturalmente, e forze dell'ordine in prima fila con i vigili del fuoco, inviati dal governo. Ma anche tantissimi volontari che saranno poi ricordati, appunto, come gli «Angeli del fango». E' grazie a loro che Firenze e il suo patrimonio artistico furono salvati. E proprio a loro, dopo 40 anni, è dedicato il raduno a Palazzo Vecchio, in programma sabato 4 novembre alle 9. Dopo il censimento promosso nello scorso gennaio dal Consiglio regionale della Toscana, ne sono stati rintracciati circa diecimila. E 2.200 «Angeli» hanno già dato la loro adesione.
LE CIFRE DELLA PIENA - In meno di 24 ore le precipitazioni sulla zona di Firenze ammontarono a oltre 190 mm., cioè il 23% delle precipitazioni medie di un anno. L’Ufficio Meteorologico, che da secoli registra le condizioni metereologiche nella città, comunicò che la pressione atmosferica calò subitaneamente di oltre 20 millibar, e che ci fu un repentino aumento della temperatura. Si ipotizzò quindi che un ciclone si fosse abbattuto sulla penisola convogliando una grande massa d'aria umida e calda.
Un tecnico dei Lavori Pubblici stimò la quantità d'acqua in 400 milioni di metri cubi. La portata del fiume al massimo della piena fu stimata in 4000-4500 metri cubi al secondo.
LA CRONACA - Gli ultimi giorni d’ottobre ed i primi del novembre 1966 erano stati caratterizzati da violente ed intense precipitazioni. Le piogge erano aumentate d’intensità nella giornata del 3 novembre ma a Firenze e dintorni nessuno si dava eccessive preoccupazioni, perché le piene dell'Arno e degli altri corsi d'acqua erano per tutti un "classico d'autunno". In città e nei dintorni ci si preparava a trascorrere in casa il 4 novembre, Anniversario della Vittoria nella Grande Guerra, allora festa nazionale. Le vittime dell'alluvione furono relativamente poche anche per questa casualità: nessuno può dire cosa sarebbe accaduto se le acque avessero sorpreso i fiorentini che andavano al lavoro o i contadini all'opera nei campi in un giorno feriale.
3 NOVEMBRE
Sera: giungono le prime notizie allarmanti dal Mugello e dalla provincia di Arezzo (Casentino, Alto Valdarno) dove fiumi, torrenti e fossi in piena hanno rotto gli argini.
Mezzanotte: l'Arno inizia la sua opera di devastazione tracimando nel Casentino e nel Valdarno Superiore. Nella zona di Incisa in Val d'Arno sono interrotte l'Autostrada del Sole e la ferrovia per Arezzo e Roma. Le acque dell'Arno invadono Montevarchi, Figline Valdarno, Incisa in Val d'Arno, Rignano sull'Arno, Pontassieve, Le Sieci e Compiobbi. A Reggello, un torrente in piena travolge una casa abitata da sette persone.
4 NOVEMBRE
1.00: l'Arno straripa nel comune di Lastra a Signa. Sono interrotte la strada statale Tosco-Romagnola e le comunicazioni tra Firenze ed Empoli.
2.00: il torrente Mugnone, affluente dell'Arno, straripa presso le Cascine, a Firenze.
3.00: arriva a Firenze la grande piena dell'Arno che ha già travolto i comuni a monte: il livello del fiume ha ormai raggiunto le spallette dei lungarni. Un sottufficiale dei Vigili del Fuoco, arrivato in Piazza Mentana, vede che l'acqua sta zampillando dai muretti e corre a dare l'allarme.
3.30: l'Arno rompe gli argini a Rovezzano. Vengono allagate le zone di San Salvi e del Varlungo mentre nella riva opposta simile sorte avviene per i quartieri di Gavinana e Ricorboli e per l'acquedotto comunale dell'Anconella. Qui si ha la prima vittima, Carlo Maggiorelli, un addetto alla sorveglianza degli impianti idrici, portato via dalla furia delle acque mentre sta rispondendo ad una telefonata che lo esorta a fuggire. Nel centro storico saltano le fogne e le cantine sono allagate.
4.00: le acque dell'Arno invadono il Lungarno Benvenuto Cellini e sommergono una larga parte dell'Oltrarno storico, i quartieri di San Niccolò, Santo Spirito, San Frediano, l'Isolotto e San Bartolo a Cintoia, fermandosi solo a Soffiano ed alle porte di Scandicci.
5.00: l'Arno straripa anche nella zona del Lungarno Acciaioli e di quello alle Grazie mentre nel resto della città l'acqua è a filo delle spallette. Gli orefici del Ponte Vecchio cercano di mettere in salvo i preziosi. Precipita la situazione nella provincia
6.50: a Firenze cede la spalletta di Piazza Cavalleggeri: la furia dell'Arno si abbatte sulla Biblioteca Nazionale Centrale e sul quartiere di Santa Croce.
9.00: le acque limacciose dell'Arno irrompono in Piazza del Duomo a Firenze. L'Arno comincia a defluire dalla Porta di San Frediano mentre da tutte le fognature l'acqua defluiva con forza in Via Pisana. Alle ore 11,00 sarà divenuto un vero e proprio fiume di acqua fangosa e piena di chiazze di nafta.
9.30: in alcune zone di Firenze l'acqua ha raggiunto il primo piano delle abitazioni. Il sindaco Piero Bargellini, assediato dalle acque in Palazzo Vecchio, manda le prime richieste di aiuto. Nel Viale Edmondo De Amicis saltano le condotte dell'acqua ed è fuori uso anche l'amplificatore di stato. L'Arno rompe anche nella zona di Quaracchi e sommerge i sobborghi di Peretola, Brozzi e la piana dell'Osmannoro nel comune di Sesto Fiorentino.
10.00: in Via Scipione Ammirato a Firenze esplode un deposito di carburante e muore un anziano pensionato. L'Arno travolge l'argine strada mediceo a San Donnino, che verrà pressoché sommersa. Nella stessa zona tracimano anche il Fosso Reale ed il Fosso Macinante.
12.00: a Firenze, dove il dramma è in pieno svolgimento e ci sono già le prime vittime note (due anziani rimasti intrappolati), la popolazione della zona di Via Ghibellina è impegnata a salvare "dalla fine del topo" i detenuti del carcere delle Murate. I fiorentini, vincendo la loro proverbiale diffidenza, accolsero nei piani alti delle loro abitazioni questi fuggiaschi, coi quali instaurarono un positivo rapporto umano fatto di offerte di cibo, scuse per il disturbo, scambi di sigarette e chiacchericci surreali per la situazione contingente. Molti fiorentini ricorderanno così con simpatia questi ospiti improvvisi per la loro umanità e riconoscenza (uno di loro promise ad una signora che si sarebbe sdebitato "appena sarò in grado di fare un buon colpo"). Non ce la fece a salvarsi un solo detenuto, il venticinquenne Luciano Sonnellini, travolto dalla corrente. Va anche detto che se alcuni detenuti particolarmente pericolosi approfittarono dell'occasione per evadere e dedicarsi al saccheggio delle armerie, la gran parte di loro si consegnò alle Forze dell'Ordine o fece spontaneo ritorno in carcere appena passata l'emergenza.
18.00: mentre cala la sera, a Firenze, dove le acque hanno raggiunto anche i sei metri di altezza, l'Arno inizia lentamente a rientrare nel suo corso. È l'inizio della fine dell'incubo per la città ma la furia del fiume in queste stesse ore arriva ed Empoli, dove l'Elsa rompe gli argini.
L'alluvione non aveva interessato solo la città di Firenze, ma di fatto, con varia intensità, tutto il nord e centro Italia. La forza delle acque, solo in Firenze furono apportati dalla piena circa seicentomila metri cubi di fango, aveva distrutto una innumerevole serie di ponti, reso inagibili molte strade, rendendo assai difficoltosa l'opera di primo soccorso.
L'alluvione fu uno dei primi episodi in Italia in cui si evidenziò l'assoluta mancanza di una struttura centrale con compiti di protezione civile: i cittadini non furono avvertiti dell'imminente fuoriuscita del fiume, tranne alcuni orafi di Ponte Vecchio che ricevettero una telefonata di una guardia notturna che li invitava a vuotare le loro botteghe; le notizie furono date in grande ritardo e i media tentarono di sottacere l'entità del disastro; per i primi giorni gli aiuti provennero quasi esclusivamente dal volontariato, o dalle truppe di stanza in città: per vedere uno sforzo organizzato dal governo bisognò attendere sei giorni dopo la catastrofe.
GLI “ANGELI DEL FANGO” furono un esercito di giovani e meno giovani di tutte le nazionalità che volontariamente, subito dopo l'alluvione, arrivarono a migliaia in città per salvare le opere d'arte e i libri, strappando al fango e all'oblio la testimonianza di secoli di Arte e di Storia. Questa incredibile catena di solidarietà internazionale è una delle immagini più belle nella tragedia.
L'unico aiuto finanziario del governo fu una somma di 500mila lire ai commercianti, erogata a fondo perduto e finanziata con il solito sistema dell'aumento del prezzo della benzina (10 lire al litro; accisa ancora presente). La FIAT ed altre case automobilistiche offrirono a chi aveva perso l'auto uno sconto del 40% per comprarne una nuova e una "supervalutazione" di 50mila lire per i resti della macchina alluvionata. Un grande contributo fu dato da alcune città toscane come Prato e dai comuni della Versilia (che misero a disposizione, come già detto, pattini, gommoni e bagnini), da altri comuni e città italiane (in particolare umbre e emiliane, per ovvia solidarietà "di partito"), dalle forze armate americane di stanza in Italia, dalla Croce Rossa tedesca, da varie associazioni laiche e cattoliche, da alcune federazioni di partiti politici e, ovviamente, dalle Forze Armate Italiane. Aiuti "ufficiali" arrivarono anche dall' Unione Sovietica, dalla Cecoslovacchia e dall'Ungheria, simbolo di come l'Arno era stato capace anche di corrodere, seppur per poco, il ferro della Cortina.
È inevitabile che i più duraturi nella memoria siano i danni al patrimonio artistico: migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti o rare opere a stampa furono coperti di fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale, e una delle più importanti opere pittoriche di tutti i tempi, Il Crocifisso di Cimabue conservato nella Basilica di Santa Croce deve considerarsi, nonostante un commovente restauro, perduto all'80%.
La Biblioteca Nazionale fu pesantemente danneggiata assieme ai migliaia di manoscritti, gran parte dei quali furono corrosi dalla nafta presente nelle fognature.
La gente comune, con gli esperti al lavoro, non perse tempo per ripristinare le abitazioni e le attività economiche. Alcune trattorie devastate esposero cartelli con scritto "oggi specialità in umido" e negozi sventrati annunciavano cartelli con frasi del tipo: "ribassi incredibili, prezzi sott'acqua!". "Vendiamo stoffe irrestringibili, già bagnate". Comunque, si può dire che Firenze ritrovò una sorta di normalità in poche settimane, tanto che fu possibile addobbare il centro storico per le feste di Natale con...alberi decorati con residuati dell'alluvione.
Lo spiritaccio toscano fece persino diventare umoristico e simpatico un drammatico salvataggio di alcune suore anziane di un convento di San Piero a Ponti, che erano state raggiunte da alcuni coraggiosi soccorritori versiliesi: la corrente ancora impetuosa rendeva molto difficili le operazioni, stante anche la comprensibile paura delle religiose che dovevano calarsi da una finestra. Il drammatico salvataggio si risolse però in una scena umoristica, con i soccorritori che bestemmiavano a non finire e le suore a pregare. La vicenda si concluse però al meglio col salvataggio delle suore e, passate la paura e la tensione, con reciproche attestazioni di simpatia tra i protagonisti della vicenda.
Le informazioni e le foto per questo post sono tratte da:
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