Risorse naturali/3. Un dogma da demolire.
Oggi più che mai, si sente la necessità di effettuare la ricerca di fonti energetiche in un campo completamente nuovo, direi meglio rivoluzionario. Le premesse non mancano, ma ciò che frena l’impeto di questa necessaria trasformazione sono principalmente due: il retaggio di una scienza dogmatica e polverosa e quello più sanguigno e virulento degli interessi economici che legano la libertà di pensiero e di azione in ricerche che potrebbero risolversi per un vantaggio per l’umanità, ma al costo di una sostanziosa perdita di profitti per i “soliti pochi”.
Quest’articolo tratta del primo dei freni dominanti: il dogmatismo scientifico.
Per molto tempo il termine "moto perpetuo" è stato sinonimo dell'impossibilità di ricavare energia dal nulla.
Occorre però osservare che il significato letterale del termine "moto perpetuo" è quello di "moto continuo", ossia del principio di inerzia: un oggetto messo in movimento tende a restare in movimento (perpetuo) finché non interviene una causa esterna a cambiarne lo stato (attriti, urti, forze esterne...). Le prime due leggi di Newton, insomma.
Max Planck così parlava della "macchina del moto perpetuo":
"È impossibile ottenere il moto perpetuo per via meccanica, termica, chimica, o qualsiasi altro metodo, ossia è impossibile costruire un motore che lavori continuamente e produca dal nulla lavoro o energia cinetica"
(Max Planck, Trattato sulla termodinamica, Dover, New York, 1945, 3ºed.).
La prima premessa di Planck è almeno ambigua nei termini perchè, così come enunciata, è contraddetta dalla prima legge di Newton. La seconda premessa è vera, ma viene fatta risultare come derivata dalla prima.
Un'altra ambiguità alquanto diffusa è la confusione tra efficienza e coefficiente di prestazioni (COP).
Il COP di una macchina è la quantità utile di lavoro (o energia) divisa per l'energia fornita dall'operatore. Evidentemente il COP può essere molto maggiore di uno, per esempio nel caso dei mulini a vento, celle solari, mulini ad acqua, etc, dove l'energia fornita dall'operatore è limitata in genere all'avvio della macchina, e la macchina "produce" (o meglio recupera) energia a partire dalla situazione ambientale.
Molti sostengono che il COP di una macchina non può essere maggiore di uno, perché lo confondono con l'efficienza.
L'efficienza di una macchina è definita come l'energia (o lavoro) utile prodotto dalla macchina in rapporto con tutta l'energia fornitale per il funzionamento. Da qui è evidente che l'efficienza pratica non può essere maggiore di uno (a causa di attriti, forze esterne, etc), e può essere uguale a uno solo in un modello ideale teorico.
Se dunque consideriamo una macchina che recupera energia dall'ambiente, come ad esempio delle celle solari, potremmo verificare che mentre ha un'efficienza del 10-20% (sprecando, durante il proprio funzionamento, l'80-90% dell'energia ambientale ricevuta), può avere un COP pressoché infinito, poiché una volta messa in opera non ha praticamente più bisogno dell'operatore. Cioè, la macchina in questione ha un'efficienza bassa ma un COP altissimo, ossia è quasi una "macchina da moto perpetuo" perché l'energia continuamente "prodotta" può essere continuamente trasformata in energia meccanica.
In altre parole, il "moto perpetuo" è in termini pratici possibile con una qualsiasi macchina che semplicemente recuperi energia dall'ambiente senza bisogno dell'intervento dell'operatore o di qualche propellente. Energia che altrimenti resterebbe "sprecata", come tutta la luce solare che da qualche miliardo di anni a questa parte, come tutti i venti, le maree e i fiumi, etc. E ciò non è in contrasto con alcuna legge della fisica o della termodinamica.
In conclusione, possiamo stabilire che ogni forza naturale o artificiale è in grado potenzialmente di produrre energia cinetica, trasformabile in energia meccanica e quindi in lavoro.
Esiste inoltre in natura una formula di moto perpetuo che si fonda sulla contraddizione e sull’equilibrio di forze opposte. Se ci riferiamo al nostro sistema solare, per esempio, osserviamo che i moti – pressoché perpetui – di rotazione dei pianeti attorno al Sole e dei satelliti attorno ai pianeti, si basi essenzialmente sull’equilibrio tra forza di gravitazione (elemento di attrazione reciproco dei corpi) e forza centrifuga (elemento tendenzialmente di repulsione). Questo equilibrio è però da considerarsi come modello ideale teorico di moto perpetuo, poiché viene a verificarsi in condizioni di assenza di agenti di attrito ed al di fuori da un condizionamento gravitazionale consistente. Una forma di moto costante che sulla superficie del nostro pianeta sarebbe assolutamente irriproducibile.
Ma sullo stesso principio di contraddizione di forze, si basa il fenomeno del magnetismo naturale. Tutti noi a casa possediamo una calamita. Abbiamo appurato che questa comprende due poli contrapposti e quelli di segno differente si attraggono fra loro, mentre quelli di segno uguale si respingono. Ma ciò che alla maggior parte di noi sfugge è che un magnete sviluppa una forza di misura molto maggiore di quella della gravità terrestre. Una forza, inoltre, in termini pratici, inesauribile (circa 1050 anni).
Uno dei dogmi forniti della lungimiranza scientifica, decreta l´impossibilità di trasformare la forza contenuta nei magneti naturali, in moto continuo. Quella lungimiranza che duecento anni fa decretò che nessun essere umano avrebbe potuto sopravvivere a lungo ad una velocità superiore a 30 Km/h. e che ancora oggi decreta che nessun oggetto dotato di massa possa superare la velocità della luce.
Recentemente, gli esperimenti ed i progetti realizzati nel campo dello sfruttamento dell’energia dei magneti naturali, hanno parzialmente sfatato anche questo dogma. A puro titolo di esempio accenno il seguente sito, uno dei tanti disponibili, dove viene presentata una delle molteplici possibilità:
http://mmmgroup.altervista.org/i-magnet.html
Il difetto di questo, come quello di altri progetti consimili, basati sullo sfruttamento del magnetismo naturale è che, anche attribuendogli un COP illimitato, hanno un’efficienza molto bassa, poiché sfruttano solo un angolo d’uscita, ossia una minima parte del potenziale contenuto nel magnete.
Sfruttare integralmente la forza del magnetismo naturale, consisterebbe nel poter invertire in alternanza, la carica dei singoli poli. In altri termini, di trasformare l’energia continua esercitata dai poli, in energia alternata, attraverso un dispositivo che, assorbendo un minimo dell’energia cinetica prodotta dal meccanismo, possa alternare sincronamente la forza d’attrazione con quella di reciproca repulsione e trasferire il rimanente in energia meccanica.
Oggi, la tecnologia è in grado di produrre magneti che, in rapporto alle loro dimensioni, producono una forza incredibilmente intensa. Con questa ipotesi, che è, al contrario di quanto decreta una Scienza più rivolta al passato che al futuro, tutt’altro che effimera, si potrebbero costruire impianti capaci di produrre energia elettrica per oltre mille anni, senza (in teoria) dover sostituire i magneti. Un’energia prodotta senza scorie ne’ anidride carbonica ne’ gas velenosi ed infine, senza dover contare sulle risorse in esaurimento nel nostro pianeta. E se in futuro gestita in ordine ad una folta rete capillare degli impianti, senza cavi sospesi, ne’ tralicci.
Solo un sogno? Forse no.
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