Cipputi sono io: una breve biografia di Altan, il "vignettista triste", sull'Espresso
Altan racconta la nascita dell'operaio delle sue vignette. In un film e in anteprima su 'L'espresso'.
Non penso che Cipputi abbia sonni percorsi dagli incubi del lavoro come quelli che ci sono nel film 'La Classe operaia va in paradiso'. Lo immagino più tranquillo. Del resto, la 'Classe operaia va in paradiso' è una pellicola che non ho visto subito, perché all'epoca vivevo in Brasile. Poi, quando ho avuto l'opportunità di guardarla, mi sono accorto delle grandi possibilità che c'erano nel rappresentare quel tipo di storie, basandosi su fatti veri. In fondo, io ho incontrato quei personaggi reali soltanto più tardi, alle Feste dell'Unità o in occasioni del genere, dove c'era sempre qualcuno che mi si avvicinava e mi diceva 'Cipputi sono io'.
La nascita di Cipputi
So precisamente l'anno e il periodo dell'anno in cui il personaggio di Cipputi è nato. Il 1976, tardo autunno, e questo lo dico perché mi ricordo il clima che si respirava attorno. Poi, lavorando di notte, Cipputi è nato inevitabilmente in quelle ore e forse c'è davvero un parallelo tra quell'oscurità e il mondo delle fabbriche, soprattutto quelle più vecchie dove le vetrate sono perennemente coperte di polvere e la luce del sole non sembra prevista.
Un po' Gaber un po' Jannacci
Il fatto che vivessi a Milano in quel periodo molto probabilmente ha dato a Cipputi quella voce che io sento in testa. Parlo di accenti e di colori. D'altra parte, in quel periodo c'era una specie di rinascimento della milanesità nel mondo dello spettacolo e della televisione grazie a personaggi come Jannacci e Gaber. Era un tipo d'accento considerato un po' ridicolo, per via di quelle vocali aperte che portavano alla risata.
Nelle prime vignette il mio personaggio cambiava nome. A volte, Cipponi, a volte Cipputo, finché alla fine si è stabilizzato in Cipputi. Un nome tra l'altro che, quando vado in giro, cerco sempre negli elenchi telefonici, senza mai trovarne uno. Quello che invece non sappiamo è il nome proprio e non lo sapremo mai. Forse poteva essere Armando per trovare ancora una volta un collegamento con le canzoni di Jannacci. Oppure, proprio per un'assonanza inconscia con il Cerruti di Gaber, poteva chiamarsi Gino. Sì, Cipputi Gino suona benissimo.
La battuta e la parolaccia
Cipputi è un lombardo, ma la fabbrica in cui lavora probabilmente è la Fiat, o al massimo l'Alfa quando è stata presa dalla Fiat. Eppure qualche elemento del suo linguaggio arriva sicuramente dalla mia lunga permanenza a Bologna, dove un certo tipo di battute è molto comune. Poi, è ovvio, nel linguaggio di Cipputi la parolaccia e l'espressione pesante sono abbastanza frequenti, perché riescono a essere estremamente efficaci. Se vogliamo cercare la sintesi, dicendo che 'questa è una merda', abbiamo già detto tutto, non occorre fare troppi giri di parole.
di Tatti Sanguineti
SOCIAL
Follow @Tafanus