Qualche giorno fa, avendo bisogno di aiuto per un problema tecnico che riguardava il blog, ho telefonato a un grande amico del Tafanus, per chiedergli di darmi una mano. Stranamente, il suo cellulare era in funzione (cosa abbastanza rara). Gli ho esposto il mio micro-problema, ma mi ha risposto che “in quel momento” non poteva occuparsene, perchè era in ospedale, dove sua mamma era in rianimazione. Non l’ho afflitto, per mia forma mentis, con domande e frasi di circostanza, ma l’ho salutato dicendogli di ignorare il mio problemino, e di occuparsi delle sue emergenze. Il giorno dopo, preoccupato per la sua perdurante assenza dal blog, gli ho mandato due righe:
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“...Caro SP, quando hai tempo e voglia, fammi sapere come va... Un abbraccio, Antonio...”
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Non mi aspettavo una risposta in tempi brevi, invece questa è arrivata il giorno dopo:
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Caro Antonio,
mia mamma da anni combatte con un meningioma che l'ha portata a quattro successive operazioni (che prevedono anche l'asportazione di parte della scatola cranica) ed a un'infinità di terapie. Lo spirito di questa donna è sempre stato invidiabile, capace di affrontare senza timore operazioni delicatissime e pericolose della durata di parecchie ore e preoccupandosi sempre di consolarci tutti prima dei suoi interventi. Una donna forte, in grado di alzarsi dal letto solo dopo tre giorni e iniziare nuovamente a fare le cose di sempre come se nulla fosse stato. Purtroppo l'ultima operazione avvenuta a febbraio non ha dato i risultati sperati e già a giugno mia mamma accusava dolori lancinanti al capo ed il male le segnava nuovamente il volto, fino ad occluderle completamente l'occhio sinistro. Nell'ultimo mese la situazione è andata sempre peggiorando e lei, donna attaccatissima alla vita e alla famiglia, ha iniziato ad invocare la morte, chiedendoci perdono per l'abbandono.
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La morte, si sa, spesso è beffarda e se la invochi ti buggera e volge altrove il suo sguardo. Così, non tollerando più il dolore, e conscia dell'inevitabile fine, temendo che i danni cerebrali la portassero alla demenza, venerdì scorso si è lanciata nel vuoto dal terzo piano. Un volo disperato, ma anche di speranza, la speranza di chiudere una vicenda a cui era già stata messa la parola fine, ma che esigeva ancora un tributo di sofferenza. Non ci è dato di sapere cosa realmente pensasse prima e durante il disperato tentativo, ma resta la certezza, per le dinamiche dell'esecuzione, che il gesto fosse meditato e pianificato, non un attimo di follia, ma bensì una lucida organizzazione della propria fine.
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Una piccola chiazza di sangue sull'asfalto è quanto resta del salto, ma, l'abbiamo detto, la morte è beffarda, e così il volo non si è risolto con l'agognata fine. Finita in rianimazione non è subito chiaro quali siano i reali danni prodotti dalla caduta. Di certo il polso e avambraccio destro sono fratturati, le costole hanno perforato un polmone forse si è lesionata la colonna vertebrale, ma è lì dannatamente viva con un cuore che batte con la precisione di un orologio, quasi come se niente fosse accaduto. Per noi lo shock è doppio per la consapevolezza della disperazione di un essere a cui non è riuscito l'estremo tentativo e della moltiplicazione delle sue sofferenze.
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Abbiamo sperato che si spegnesse nel coma, ma da ieri si è risvegliata, oggi ha iniziato a respirare nuovamente da sola, e dalla risonanza magnetica non risultano danni al midollo. I sentimenti si mischiano, da una parte la gioia di riaverla inaspettatamente tra noi , ma poi la sensazione che questo sia egoismo fa riaffiorare il problema di fondo: siamo di fronte ad una donna che soffre terribilmente e che ha pochi mesi di vita davanti a sé. Tante sono le domande, ma una sola la certezza: lei non riesce più a tollerare questa situazione. La mia domanda, ed è terribile per me formularla, è se non sarebbe più civile consentire, almeno in questi casi estremi, la scelta di una morte dignitosa e meno dolorosa.
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Se vuoi poi trarre spunto da questa e-mail, volendo anche pubblicandola, per avviare una discussione su un problema etico di grande portata, attraverso un post sull'eutanasia.
Un abbraccio a te e Marisa
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Lascio solo immaginare quale sia stata la mia reazione... a Marisa, che si accingeva a vivere una giornata particolarmente serena, non ho avuto il coraggio di far leggere questo scambio di e-mails fino a stasera. Ho scritto altre due righe a SP:
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“...Caro SP, evito le frasi di circostanza, della serie "mi spiace etc..." perchè puoi facilmente intuirle. Certo che vorrei aprire un dibattito sull'argomento. Fammi solo sapere se preferisci che la lettera sia anonima, o sia riferita a te (la qual cosa, almeno fra i nostri frequentatori, aggiungerebbe, alla drammaticità del fatto, l'empatia delle relazioni personali fra noi tutti). Aspetto una tua risposta, e nel frattempo ti abbraccio. A Marisa non ho fatto vedere la tua email, perchè si accingeva a vivere una giornata speciale... gliela farò vedere stasera. Antonio...”
La risposta che ho avuto dal nostro amico è stata esattamente quella che mi aspettavo:
Carissimo Antonio,
le parole a poco servono quando esiste l'amicizia. Non voglio angosciare nessuno, e lascio alla tua discrezione se pubblicare la lettera in forma anonima o meno, dal canto mio non pongo alcun veto.
Vorrei solamente risvegliare le coscienze sul problema della "non vita" di alcune povere anime, che vagano sofferenti su questa terra. Un abbraccio. SP
Ecco, questo è quanto. Chi conosce quanto me SP non farà fatica ad individuarlo. Io, da vigliacco, lascio a lui la scelta se fare “outing” verso gli altri. Ora quello che mi interessa è aprire una discussione sul tema, affinchè l’Italia non resti, come è già successo per la ricerca sulle staminali, ai margini del mondo occidentale; che SP e sua madre abbiano dal buon Dio, se esiste, quello che è meglio per loro. Infine, vorrei che il nostro amico sentisse, in maniera “fisica”, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto, e che le istituzioni cominciassero, ma sul serio, ad interrogarsi sul diritto delle persone di scegliere, se lo credono, la "buona morte"
Taf
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