E Litvinenko raccontò: "Volevano sapere di Prodi" - Nel marzo 2005 l'ex spia del Kgb parlò a lungo con "Repubblica": "Mi hanno usato, adesso ho paura. Ho parlato e Putin sa tutto" - La commissione Mitrokhin lo interrogò ma poi fu abbandonato.
Nel pomeriggio del 3 marzo 2005, Aleksandr Litvinenko ha un lungo colloquio con "Repubblica" […] Eccone la trascrizione:
Come sono finito a lavorare per la commissione Mitrokhin.
"A inizio 2004, ricevetti una telefonata da Viktor Suvorov. Viktor è un ex ufficiale del Gru (il controspionaggio militare sovietico ndr.) Mi chiese se avessi nulla in contrario a parlare con un suo amico, un giudice italiano, Mario Scaramella, che lavorava per la Commissione Mitrokhin. Mario mi chiamò e mi chiese di riferire tutto ciò che sapevo delle operazioni e dei contatti del Kgb in Italia. Dissi subito che non avevo conosciuto Mitrokhin e che non sapevo nulla del suo archivio, ma che se volevano una lista di possibili contatti russi su questa materia e la mia consulenza per comprendere i meccanismi criminali di funzionamento di Kgb e Fsb, i legami con la criminalità organizzata, ero disponibile. Rimanemmo d'accordo che sarei sceso in Italia alla fine di febbraio del 2004.
.
Poi, improvvisamente, accadde qualcosa che al momento, purtroppo, non compresi. Ho un fratello, Maxim. Ha 21 anni ed è in Italia da 4. Vive a Rimini, dove è studente universitario e lavora come cuoco. Un mese prima che arrivassi in Italia, Maxim mi chiama disperato. La Polizia non intende più considerare valido il suo visto di studi e minaccia di espellerlo in Russia. Il che significa la sua condanna a morte. Chiedo aiuto a Mario, che dice di non preoccuparmi. Mi spiega che Berlusconi è stato messo al corrente del mio impegno con la Mitrokhin e che Maxim può stare tranquillo. Io collaborerò portando le prove che la commissione chiede e a Maxim verrà concesso asilo politico. Maxim mi conferma che Mario è andato a Rimini e ha parlato con la polizia. Alla fine mio fratello però ha dovuto cavarsela da solo per ottenere il permesso. La vicenda fu certo un modo per convincermi a collaborare".
.
L'appartamento di Napoli
"Agli inizi di marzo 2004, arrivai all'aeroporto di Fiumicino, dove trovai ad aspettarmi Scaramella, un interprete russo e un autista. Salimmo a bordo della macchina di Mario, e partimmo subito per Napoli. L'autista mi disse che era un agente penitenziario. L'interprete si presentò come André. Era un cittadino russo e mi colpì che non aveva alcun titolo per stare in Italia. Né un permesso di soggiorno, né l'asilo politico. Dissi a Mario: "Come pensate di proteggere questa persona? Le cose che ascolterà da me su Kgb ed Fsb accusano Putin e dunque mettono in pericolo la sua vita...". Mario disse di farmi gli affari miei. A Napoli, fui alloggiato all'hotel "Britannique". Mario pagò la mia stanza, il biglietto aereo e il soggiorno di mio fratello, che mi raggiunse gli ultimi due dei cinque giorni di permanenza. Le giornate erano sempre uguali. Io aspettavo in albergo che arrivassero a prendermi. Mi portavano in una casa non lontano dall'albergo, verso il mare. Lì una donna trascriveva le mie dichiarazioni e le verbalizzava su dei fogli che, alla fine di ogni giornata di lavoro, mi veniva chiesto di firmare. Ora io non so che cosa ho firmato, perché il testo era in italiano. Io decisi di collaborare dopo aver ricevuto un'assicurazione".
.
L'assicurazione di Guzzanti e Berlusconi
"Sapevo di consegnare alla Commissione Parlamentare elementi in grado di accusare Putin e il suo sistema di controllo criminale della Russia. Sapevo che Berlusconi diceva di essere amico di Putin, dunque chiesi a Mario se la Commissione o i suoi capi erano in grado non solo di proteggere il sottoscritto, ma di dare alle mie informazioni un seguito politico. Mario mi disse che doveva interpellare il suo boss, Paolo Guzzanti (Litvinenko lo chiama "Pablo Guzzanti" ndr.). I due si sentivano in continuazione, finché, una mattina, nell'appartamento, Mario chiamò "Pablo" di fronte a me. L'interprete mi tradusse le parole che Mario sosteneva stesse pronunciando Guzzanti. A suo dire, Guzzanti aveva incontrato Berlusconi, gli aveva esposto i miei timori e le mie richieste. E Berlusconi aveva risposto: "Ditegli che non ho amici". Stupidamente, ritenni di potermi fidare".
Prodi, le attività dei Verdi, i legami dell'azienda Olivetti con il Kgb. "Ho raccontato come l'Fsb, il nuovo servizio segreto russo, sia una struttura mista di intelligence e crimine organizzato. Ne ho spiegato le origini nella dissoluzione del Kgb. Ho offerto i nomi degli uomini che avevano operato in Italia, ma Mario insisteva su tre questioni.
.
a) Il sequestro Moro e i rapporti di Prodi con il Kgb.
.
b) Le attività dei Verdi. Mario sembrava ossessionato dal gruppo dei Verdi. Non avevo particolari informazioni. Piuttosto fui io ad ascoltarlo attentamente, mentre sosteneva che dietro la loro attività politica potessero nascondersi interessi del Kgb.
.
c) La Olivetti. Mario voleva sapere se gli affari dell'Olivetti nell'ex Unione Sovietica nascondevano legami con il Kgb. Ho semplicemente spiegato che ogni azienda che operava sul mercato sovietico veniva spiata dal Kgb. Ma questo non vuol dire essere controllati dal Kgb. […]
.
Il compenso per la collaborazione
"Quando finì il mio lavoro a Napoli, Mario mi mise in mano 600 o 800 euro in contanti. Mi sentii umiliato. Gli dissi che non vendevo informazioni e che avevo accettato l'incarico perché collaborare con l'Italia era per me un'occasione irripetibile di far sapere all'occidente cosa è stato il Kgb, chi è Putin e quanto sia corrotto il suo regime. Aggiunsi che era giusto che fossi retribuito come un consulente professionista, con parcelle regolarmente accreditate sul mio conto dalla Commissione. E soprattutto in modo trasparente, perché l'Fsb non sospettasse che mi ero intascato in nero milioni di dollari per le mie informazioni. Era una questione di trasparenza e di sicurezza. Mario non mi accreditò nessun denaro. Continuò a dirmi di non preoccuparmi. Che sarei diventato famoso e avrei testimoniato di fronte al Parlamento italiano. Che avrei potuto portare la mia famiglia in vacanza in Italia. Mi aveva preso per un pezzente". […]
.
Le promesse mai mantenute di Berlusconi
"Non molto tempo dopo la mia trasferta in Italia, Berlusconi incontrò Putin. Li vidi in televisione abbracciarsi e baciarsi e lì compresi che ero stato usato. Che Berlusconi era un piccolo bugiardo, degno della stessa considerazione che si dà al proprio cagnolino cui si dà da mangiare sotto il tavolo. Io avevo dato le prove alla Commissione che Putin controllava la Russia con gli eredi corrotti del Kgb e Berlusconi cosa faceva? Baciava Putin. Evidentemente aveva scambiato le mie informazioni con dell'altro che non conosco. Berlusconi dimostrava di essere come Putin. La stessa cosa. Ripensai allora anche ad una circostanza che, durante i giorni di Napoli, mi aveva colpito. Il giornale di Berlusconi diede notizia che il colonnello Litvinenko aveva accettato di svelare i suoi segreti alla Commissione. Mi chiesi perché mi bruciavano in quel modo. Oggi penso che fosse un modo per mettere Putin sull'avviso. Mi sfogai con Mario e lui mi disse che non capivo. Che quelle dimostrazioni di amicizia erano frutto dei "giochi della grande politica". Il mio amico esule ceceno Akhmed Zakaiev, mio vicino di casa a Londra, mi prese in giro: "Ma come è possibile che un ex colonnello del Kgb sia così fesso da essersi fatto fregare dagli italiani?". Anche oggi arrossisco. E' vero, mi sono fatto fregare. Non ce l'ho con Mario, in fondo penso sia una persona per bene, ma con la Commissione per come ha deciso di trattare la verità. Mi sono fidato. Ho raccontato quel che sapevo perché l'Occidente sapesse. E le mie informazioni su Putin? Come sono state usate da Berlusconi?".
Repubblica.it - 26 novembre 2006
SOCIAL
Follow @Tafanus