Risorse Naturali/5 - Eclissi del petrolio - A cura di Charly Brown
Dal 1999 al 2005 il prezzo del greggio è salito oltre il 300%: da 18 dollari al barile a 58 dollari. L'International Energy Agency prevede il picco di produzione massima intorno al 2030 altri, meno ottimisti nel 2010. Si parla del picco di Hubbert ottenuto secondo i metodi scientifici del geofisico, già collaudati attraverso la produzione petrolifera americana.
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Attualmente si deve tenere conto anche di una nuovo dato, che avrà certamente un notevole influsso su queste previsioni: l'India (1 miliardo di persone) e la Cina (1,3 miliardi) incrementano di anno in anno il proprio consumo di materie prime tra cui il petrolio, questo perché stanno diventando forti produttori di manufatti e grossi consumatori di energia.
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Attualmente il consumo mondiale si aggira intorno a circa 28 miliardi di barili annui con incrementi del 2.5% annuo. I nuovi giacimenti scoperti sono da diversi anni pari a circa 1/4 del petrolio consumato, quindi le riserve diminuiscono con una velocità annuale pari ai 3/4 di 28 miliardi di barili cioè di circa 21 miliardi di barili all'anno.
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Le riserve globali sono dichiarate pari a 1.100 miliardi di barili ma in base a questi numeri i paesi OPEC decidono le quote di produzione del greggio e capita che un paese alzi improvvisamente le sue riserve e a ruota seguono gli altri per mantenere l'equilibrio. I bollettini dei media, sulla base di questi numeri dichiarati fanno circolare la notizia che il petrolio finirà tra moltissimi anni. In realtà finirà molto prima.
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È probabile che la produzione massima si abbia tra il 2005 e il 2015 e che l'entrata in scena di paesi che contano come 1/3 della popolazione mondiale, abbia portato a uno squilibrio tra la domanda e l'offerta con il prezzo del greggio che di anno in anno aumenta sempre di più. In pratica la Cina e l'India hanno portato a fare sentire sulle nostre tasche il picco di Hubbert molti anni prima dei tempi stimati.
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Al di là delle previsioni circa il “quando” l’ultima goccia di petrolio finirà nel serbatoio del Suv di qualche fortunato miliardario, resta il fatto, nudo e crudo, che a questo ritmo di consumo, e senza correre per tempo ai ripari, non saremo in grado di lasciare ai nostri nipoti, nemmeno le briciole della nostra lauta merenda.
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Tra le risorse naturali attualmente disponibili, possiamo contare anche sui gas naturali. Questi hanno il prezzo agganciato a quello del petrolio. Se il costo del petrolio sale – e per il momento non ci si aspetta altro – sale anche quello del gas. La cosa non dovrebbe stupire eccessivamente, dato che essendo entrambi parte di riserve non riciclabili e quindi ( prima o poi) esauribili, contengono la logica economica della limitatezza dei beni, pertanto più la disponibilità globale si assottiglia, tanto più alto è il prezzo richiesto.
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Nel precedente articolo abbiamo visto in una breve analisi, che alla fine dei conti un risparmio di energia sia attuabile esclusivamente nell’area del consumo domestico e privato. Inoltre, la razionalizzazione del consumo in questo settore è ancora privo di una equa legislazione, che garantisca un eguale misura di sacrificio per tutti i cittadini. La situazione che si verrà a verificare, nelle mani del liberismo, è sempre quella contenuta nella logica della domanda e dell’offerta: in altri termini, l’aumento progressivo del prezzo di questi beni, farà si che la riduzione del consumo verrà a pesare esclusivamente sulle spalle delle categorie meno abbienti. In altre parole, la necessità di risparmiare energia non sarà più contenuta nel contesto di una libera scelta di mezzi alternativi, ma dalla carenza dei mezzi privati in rapporto al prezzo dei combustibili. Ovviamente, sempre in misura inversamente proporzionale ai mezzi: chi meno ha, più sarà costretto a risparmiare.
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Su questa scia ci troveremo tra una decina d’anni ad un razionamento obbligatorio delle risorse destinate all’uso domestico e privato, il che è sempre in linea con la logica di quel capitalismo retrogrado, che, per usare un concetto di Berlinguer, ha ancora la pretesa di incrementare i consumi, da un lato, senza, dall’altra, adeguare i salari all’aumento dei prezzi.
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Lo scenario che risulta da questa breve analisi, si basa ovviamente sui mezzi e le conoscenze tecniche di questo preciso momento. Risulta peraltro evidente che, la necessità di razionalizzare il consumo debba venire affidata ad una pianificazione politica disposta ad una socializzazione delle risorse di primario interesse e non può essere lasciata nelle mani della creatività e dell’iniziativa dei singoli. Questo per evitare le solite sperequazioni cui si va incontro quando si adotta il principio del “ognuno per se e Dio per tutti” . Quel principio che ha ottenuto il suo malefico apice negl’ultimi cinque anni della politica italiana.
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