GENOVA - Non si trovano più le due molotov del G8, che rappresentano una delle prove a carico più pesanti nel processo contro i 29 poliziotti, imputati della irruzione nella scuola Diaz e di aver falsificato gli indizi per incastrare 93 ragazzi. Svanite nel nulla. Lo si è scoperto ieri mattina, nel corso di un'udienza del processo. Il presidente Gabrio Barone ha dato incarico alla procura di rintracciarle e i magistrati oggi chiederanno ufficialmente spiegazioni al questore Salvatore Presenti.
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Le ipotesi spaziano dall'ufficio corpi di reato di palazzo di giustizia, il cui responsabile ha allargato sconsolato le braccia, alla questura, come spiega il vicedirigente della mobile Francesco Borré: "Io sono arrivato alla squadra mobile nel 2002, un anno dopo il G8. Non abbiamo mai trattato quel reperto. Ma esiste un registro di carico e scarico. Ritengo che teoricamente dovrebbero essere agli atti della Digos".
Mantengono comunque la calma i pubblici ministeri e i legali delle parti offese: "Forse uno dei tanti pasticci della pubblica amministrazione, le molotov salteranno fuori nei prossimi giorni e comunque su quelle bottiglie, filmate e fotografate da ogni angolazione, sono stati fatti tutti gli accertamenti previsti". Ma gli avvocati difensori tentano l'affondo: "Le fotografie non possono sostituire l'oggetto. Senza corpo del reato il processo è finito".
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Le ricerche per trovare i reperti proseguiranno, ma fintanto non saranno trovate le bottiglie incendiarie il processo rimarrà congelato nella sua parte più delicata. "Le fotografie di un oggetto - ha commentato l'avvocato Alfredo Biondi, difensore del vicequestore Pietro Troiani - non possono sostituire l'oggetto corpo del reato, che deve essere materialmente riconosciuto".
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