Le origini della vita/1 (a cura di Charly Brown)
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Come promesso, con l’anno nuovo riprende l’”angolo della scienza” che questa volta, con una serie di articoli, s’inoltrerà in un’ altrettanto nuova ricerca speculativa – su basi solidamente scientifiche – sulle origini della vita.
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Per meglio comprenderci, mettiamo in chiaro che con “origini della vita” viene inteso in questa sede, un concetto generalizzato di esistenza organica, di quell’esistenza cioè che si fonda su principi di autonomia evolutiva. In sintesi: ogni esistenza materiale che nasce, cresce, si riproduce e muore. Un esempio di vita – l’unico che si sia dato da contemplare – è quello che riguarda il nostro pianeta, per ora anche l’unico a fornirci la certezza concreta di questa possibilità che abbiamo chiamato “vita” nei canoni sopra espressi.
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Parlare di vita, pertanto, presume un automatico riferimento a quella che noi intendiamo come vita planetaria. Ebbene noi viviamo su un pianeta, ovvero su un impasto sferico di sostanze chimiche che a certe condizioni di temperatura e di intensità d’irradiazione stellare, si combinano fra loro in un certo determinato modo, da permettere il formarsi di organismi autonomi capaci di riprodursi, di combinarsi organicamente fra loro, fino a formare individualità definite ed autonome.
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Il fatto che il nostro pianeta sia per noi l’unico conosciuto a permettere questo processo, ovviamente non significa che sia in concreto l’unico pianeta in tutto l’universo in grado di produrre vita, come noi la conosciamo. Su basi empiriche possiamo stabilire che i fenomeni che hanno la possibilità di verificarsi in un certo luogo, a parità di condizioni possono verificarsi anche in luoghi analoghi. Dato che, come ci è offerto di constatare, questo campo si estende su una cinquantina di miliardi di galassie, (escludendo quelle recentemente scoperte dal telescopio Hubble) sarebbe difficile rinunciare, per rigore scientifico, a ritenere con cognizione di causa che soltanto il terzo pianeta, di una stella situata, nel terzo braccio di una galassia composta da 300 miliardi di stelle e parte di un “ammasso locale” composto da circa 50 miliardi di galassie che presentano le stesse caratteristiche e la stessa composizione in ordine agli elementi, comuni alla nostra, possa attribuirsi l’esclusiva di questo privilegio. Comunque, di questo, ci occuperemo in seguito.
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Questa puntata si occupa di dare una definizione di vita organica cercando, sui dati scientificamente provati a nostra disposizione di fornire una spiegazione di come questo processo si sia verificato, dalle origini del nostro pianeta ai giorni nostri.
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Quello che per le Sacre Scritture, alle origini del suo esistere, avrebbe dovuto essere un paradiso terrestre, per la scienza non fu nient’altro che un ciclopico laboratorio chimico. Dobbiamo tornare indietro di circa 4 miliardi di anni fa per ritrovare una situazione ambientale non particolarmente attraente per eventuali Adami ed Eve. Partendo dalla concezione, che tutto il nostro sistema si sia venuto a formare dai rottami di una stella precedentemente esplosa (nova o supernova) dobbiamo anche supporre che le concentrazioni sferiche che si sono venute a formare da questa nube di materia (sole, Terra ed altri pianeti) avessero in origine una temperatura intorno ai 6000 gradi centigradi. La concentrazione più sostanziosa, quella che si assicurò sufficiente materia per innescare una fusione nucleare, è quella che anche oggi a distanza di 4 miliardi di anni da quell’era primordiale, presenta in superficie una temperatura di 6000 gradi e nel suo nucleo oltre 30.000: ò sole mio…insomma. Le altre sfere, quelle che non sono state in grado di accantonare tanta materia, sono andate gradualmente raffreddandosi e continuano a farlo. In ogni caso, anche per quello che concerne la Terra, la temperatura nel nucleo è ancora oggi intorno ai 4000 gradi.
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Quello che accadde in quel caotico eden, 4 miliardi di anni fa, è di essenziale importanza per quello che avvenne in seguito. A queste temperature vengono a combinarsi gli elementi che saranno più tardi, in condizioni climatiche meno estreme, la base irrinunciabile di quel fenomeno che abbiamo chiamato “vita planetaria”.
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E’ stabilito che gli elementi assolutamente indispensabili per dare inizio a questo processo sono sostanzialmente: ossigeno, carbonio e azoto. A monte di tutti gli elementi citati c’è l’idrogeno, che combinandosi col primo, da origine all’acqua, col secondo le catene d’idrocarburi e col terzo, ammoniaca. L’ossigeno, che è una sostanza indispensabile per la formazione di specie di vita strutturalmente più complesse, è però un elemento piuttosto sociale: ha in origine una particolare predisposizione a combinarsi con altri elementi, così che lo troviamo, nei primi tre miliardi abbondanti di vita del nostro pianeta esclusivamente in combinazione con l’idrogeno o col carbonio: ovvero, acqua e anidride carbonica. Noi sappiamo che l’acqua allo stato liquido è la culla di ogni forma di organismo vivente, quello che può stupire e che lo sia anche l’anidride carbonica, che per molti ancora viene considerata quella robaccia responsabile dell’effetto serra. E invece no: senza anidride carbonica non si sarebbe prodotto un solo stelo ne una sola cellula di vita planetaria.
Dobbiamo considerare che la nostra esistenza sia strettamente legata in termini di conseguenza, al regno vegetale. Anche se oggi consideriamo i vegetali prevalentemente come una risorsa naturale atta a soddisfare i nostri bisogni essenziali ed i nostri capricci vegetariani, questi sono e furono soprattutto i nostri padri di atavica memoria. Sotto un aspetto propriamente chimico, non esistono sostanziali differenze nella composizione elementare di cellule vegetali e animali. Il fatto stesso che il regno animale tragga nutrimento per la maggior parte dal regno vegetale, sottolinea in concreto quanto sopra affermato. Vi sono ancora organismi, come mitili, anemoni, coralli, lumache ecc. cui l’attribuzione al regno d’appartenenza è puramente arbitrario. Per nostro istintivo antropomorfismo siamo portati a considerare come “animale” tutto ciò che deambula e che per farlo agevolmente sia fornito di occhi o comunque di sensi. Fatto sta che si tratta in ogni caso di organismi, ovvero di composizioni organizzate, più o meno complessamente, di singoli individui cellulari, la cui composizione sfugge ad una obiettiva tassonomia ed ad un’etichetta d’appartenenza.
(Continua)
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