Michael Brecker, il sax delle star, sconfitto dalla leucemia. Aveva 57 anni. Un lungo sodalizio con il fratello Randy - Conquistò 11 Grammy, suonò con Zappa e gli Steps Ahead. Era il sassofonista che tutti avrebbero voluto al loro fianco. Perfetto, affidabile, stilisticamente impeccabile, a suo modo un maestro di tecnica al servizio della buona musica. A scorrere l'elenco dei dischi a cui ha partecipato c'è da rimanere strabiliati. Sono più di settecento. Ma ora è finita. Dopo una lunga battaglia contro la leucemia, Michael Brecker è morto, ad appena 57 anni.
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La sua storia inizia alla fine degli anni Sessanta. Fu spinto, come molti, a studiare il sassofono tenore dalla passione per John Coltrane, ma sviluppò presto una più solida e versatile tecnica adatta a cogliere la sensibilità che in quegli anni il rock stava portando anche in territorio jazzistico. Diciamo che era il perfetto prototipo del jazzista che non vede il rock come nemico, ma al contrario come una possibilità in più. Divenne famoso insieme al fratello maggiore, il trombettista Randy, per un celebre sodalizio di jazz-rock fusion intitolato the Brecker Brothers, (dal 1975 al 1982) e per la militanza negli Steps Ahead, gruppo leggendario per gli amanti della perfezione strumentale.
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Ma a parte gli otto dischi a suo nome (il primo è stato pubblicato nel 1987), gli otto incisi sotto la sigla Brecker Brothers e i sette sotto quella degli Steps Ahead, con un totale di ben 11 Grammy guadagnati come solista o compositore, quello che sorprendeva di più era la versatilità, che gli ha permesso di partecipare alle esperienze musicali di decine di differenti artisti, da Frank Zappa agli Steely Dan, da Paul Simon a James Taylor. Era sinonimo di buon gusto e padronanza tecnica, un modello per un'infinità di sassofonisti arrivati dopo di lui. A conferma di questa versatilità, e anche di una giusta dose di ironia, ricordiamo che agli inizi degli anni Ottanta aveva anche fatto parte della band dello show tv "Saturday Night Live". L'ultima apparizione pubblica risale al giugno dello scorso anno, quando in un momento di tregua della malattia, aveva suonato alla Carnegie Hall di New York con Herbie Hancock.
15 gennaio 2007- Repubblica.it
Personalmente, di Michael Brecker, preferisco ricordare una sua fantastica esperienza musicale dell’86 con… Ornella Vanoni. Ornella era ancora e sempre un mito in Italia, ma era una perfetta sconosciuta negli USA, grazie alla sua idiosincrasia per i viaggi aerei. Ma Ornella era una donna volitiva, ed aveva deciso che sarebbe riuscita a produrre un CD che forse non è diventato un best-seller, ma è entrato nelle corde dei cultori di buona musica; con questo CD Ornella si proponeva di interpretare 20 canzoni italiane d’autore, ognuna con un diverso gruppo di accompagnatori, scelti fra i più grandi jazzisti dell’epoca. Tutti le diedero della pazza: non avrebbe mai potuto portare a termine un progetto così ambizioso. Invece i jazzisti americani si sono presi la briga di chiedere a critici e jazzisti italiani chi fosse Ornella Vanoni, di ascoltare i suoi dischi, e lo hanno fatto. Fra i più entusiasti c’era un giovanissimo Michael Brecker, già minato dalla leucemia, che ha contribuito con due brani (“Amarsi un po’” e “Il mondo”).
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In questa avventura Michael era tutt’altro che solo: salirono “on board”, per la costruzione di questo album che si intitola “Ornella e…”, oltre allo stesso Michael, suo fratello Randy, Herbie Mann, Herbie Hancock, Gorge Benson, Lee Konitz, Gil Evans, Ron Carter, Eliane Elias… insomma, il Ghota dell’epoca.
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In memoria di Michael Brecker vi proponiamo l’ascolto dei due brani: "Amarsi un po’” e “Il Mondo”, tratti dal CD “Ornella e…”, eseguiti insieme al sax-tenore di Michael Brecker.
Download ornella_vanoni_michael_brecker_il_mondo.wma
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