Quattro giorni di lavoro al mese. Lauto stipendio. Un giudice militare si autodenuncia. E dice: 'Trasferitemi'
(di Andrea Pasqualetto)
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Il giudice Benedetto Manlio Roberti ha un lavoro da sogno: guadagna il doppio di un giovane pm e va in tribunale una volta alla settimana: "In gennaio ho fatto due sentenze, due udienze preliminari, un decreto di sequestro e nient'altro", elenca, "quattro giorni lavorati dall'inizio dell'anno". La sua giornata tipo è scandita da tutt'altri appuntamenti: i tre figli da accompagnare a scuola, l'allenamento in bicicletta, l'aggiornamento culturale e qualche partita di calcio serale, in tv. E il tribunale? "Quando capita". Roberti, 49 anni, una bella moglie, una famiglia serena, fa il magistrato militare dall'88 ed è uno dei tre giudici in servizio a Padova. Insomma, un uomo fortunato. Eppure da qualche tempo ha iniziato a covare una profonda insoddisfazione. Culminata questa settimana con una sorprendente autodenuncia: "Devo riconoscerlo: rubo legalmente lo stipendio all'amministrazione". Mentre molti suoi colleghi incassano o mugugnano senza troppo rumore, lui ha deciso di urlare: "È ora di finirla con questa farsa. Qui non si lavora più e questa non è dignità". Prende in mano il calendario delle udienze del 2007: "La prossima ce l'ho il 13 febbraio, la seconda il 1 marzo e poi più nulla. Il vuoto assoluto per l'intero anno".
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Roberti è un magistrato stimato, uno che negli anni d'oro della giustizia militare smaltiva cinque fascicoli al giorno. Quando era gup a Torino, nel 1997, in otto mesi ha esaurito 3.250 procedimenti. E oggi ha deciso che non può più fingere di lavorare per una giustizia che non fa quasi più inchieste, che non ha indagati, non ha detenuti, non processa, non condanna e non assolve. Il motivo? Semplice: mancanza di militari e di caserme, cioè di materia prima. Al 30 settembre 2006 i procedimenti pendenti davanti ai nove tribunali delle Penisola erano appena 338, un minimo storico. Nel 1988 si viaggiava su numeri nove volte superiori: 2.880. Il crollo è confermato dai procedimenti chiusi: dai 4.195 dell'88 ai 1.382 nel 2002 ai 1.042 nel 2005 fino ai 763 del 2006. "Di contro", documenta Roberti, "il numero di magistrati e di personale militare e civile è aumentato". I togati sono passati da 75 del 1988 ai 103 attuali. Gli addetti erano 180 e oggi sono 590. Lo Stato paga 300 telefonini e 160 auto blu che un tempo non c'erano. Nel 1988 il costo di gestione della giustizia militare era stato stimato in 16,2 miliardi di lire, cioè 8,5 milioni di euro circa. Oggi è più del doppio. Eppure restano in piedi, oltre ai nove tribunali, le tre corti d'appello a Roma, Napoli e Verona, una Procura generale presso la Cassazione e pure un Tribunale di sorveglianza dove lavorano 35 persone che dovrebbero decidere le sorti di detenuti che non ci sono. Perché l'unico carcere militare d'Italia, quello di Santa Maria Capua Vetere, non ospita neppure un detenuto per reati militari. Gli ultimi sono usciti con l'indulto. "Insomma, qui non si lavora più, questa è la verità. Io spero che la proposta di legge di soppressione di magistrati e uffici militari con il transito nella giustizia ordinaria diventi legge prima possibile".
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I motivi del calo di attività sono chiari: dopo la fine della guerra fredda si è ridotto il numero di caserme; e dal primo gennaio 2005 è venuto meno anche l'esercito di leva. L'apparato è dimagrito sensibilmente e così pure i reati. La sola struttura inalterata è la giustizia militare: "Ma a a fare che, mi chiedo. Cosa fanno quelli del Tribunale di sorveglianza? E quelli di certi tribunali? E il carcere militare?". Roberti non è solo nella sua denuncia. Ad appoggiarlo c'è anche Sergio Dini, il pm padovano di varie inchieste monstre, da Gladio ai crimini nazifascisti: "Il mio collega ha ragione, bisogna cambiare". Se potessero, passerebbero entrambi e subito a un tribunale ordinario. "Andrei a fare qualsiasi cosa e non vorrei neppure l'indennità di trasferimento", garantisce Roberti, "ma non me lo permettono perché bisogna fare un concorso".
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Cosa fanno, dunque, i togati militari nel tanto tempo libero? "Tutt'altro: ci sono professori universitari, membri di commissioni tributarie, gente con incarichi nella giustizia sportiva". Roberti si dedica "alla famiglia e al ciclismo". Si è iscritto a una società, è salito in sella e si è messo a macinare chilometri: 12 mila l'anno, due ore al giorno. Nel 2006 ha pure ottenuto un risultato eccellente: quarto classificato over 45 nel circuito Alpe-Adria, quattro gare fra Italia e Slovenia. "La mia massima aspirazione, in mancanza d'altro", dice, "è allenarmi con un professionista". Anche se tornerebbe volentieri a pedalare in tribunale: "E invece sono costretto a rubare tutti i mesi un ottimo stipendio".
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