Le origini della vita/8
La scorsa settimana avevamo dato una rapida occhiata alla funzione determinante dell’ossigeno, come catalizzatore dei composti basilari per la nascita e crescita degli organismi viventi: Acqua (allo stato liquido) e anidride carbonica. In entrambe i composti è presente l’ossigeno, in proporzione di 1 a 2 nel primo composto e di 2 a 1 nel secondo. Ciò che accomuna ogni forma di vita sia vegetale che animale o altro (funghi p.e.) è il bisogno di acqua. Ogni organismo vivente non ne può fare a meno. Diversamente per l’anidride carbonica, che è essenziale per la flora, ma superflua per la fauna.
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Ma procediamo nel nostro cammino verso la vita come oggi viene intesa. Precedentemente avevamo stabilito che le combinazioni molecolari relative al concetto di “vita” si svilupparono su due fronti: nelle acque degli oceani, dove la neutralizzazione della forza di gravità fornita dalla legge di Archimede, concede agl’organismi in formazione una mobilità a basso costo d’energia e pertanto, con un bisogno minimo d’ossigeno. Sull’altra sponda invece, ha luogo la formazione di organismi privi di mobilità, il che rende il bisogno d’ossigeno uguale a zero. L’organismo vegetale, però, per crescere ha bisogno di carbonio. E’infatti noto che tutti gl’organismi vegetali, siano forniti di un corpo costituito prevalentemente da composti carbonici. Da dove lo traggono questo elemento? Ma certo: dalla scissione delle molecole di anidride carbonica presente nell’atmosfera. Attraverso la funzione clorofilliana il vegetale scinde le molecole di anidride, liberando per ogni molecola di questa, due atomi di ossigeno nell’atmosfera.
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Ora, vediamo di tracciare su questi elementi un’immagine di quello che avrebbe dovuto essere l’ambiente ecologico del nostro pianeta, in quel periodo che fu la culla della vita organica: un’atmosfera composta prevalentemente da anidride carbonica, azoto ed altri gas inerti in piccola percentuale. Assenza d’ossigeno ed un alta percentuale d’umidità.. Temperatura: la possiamo immaginare ad una media intorno ai 50 gradi centigradi, una forte evaporazione, nuvolosità e nebbie praticamente costanti e copiosa precipitazione. La mancanza di ossigeno, peraltro, si accompagna all’assenza di ozono, per cui l’irradiazione ultravioletta, priva del filtro attualmente costituito dallo strato d’ozono, si abbatteva allora senza pietà sulla superficie terrestre, penetrando senza intoppi la spessa coltre di nubi perennemente presenti. In queste condizioni, un mammifero odierno, non avrebbe potuto vivere che pochi secondi.
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Questo quadro andò modificandosi. La causa della lenta, ma progressiva trasformazione dell’ambiente è da imputarsi prevalentemente al mondo vegetale. Avvalendosi, questo, di una altissima percentuale (rispetto a quella odierna) di anidride carbonica e una altrettanto alta irradiazione ultravioletta, cresce e si moltiplica a dismisura, trasformando in qualche centinaio di milioni di anni tutte le terre emerse in un’intricata e impenetrabile foresta tropicale. Raggiunto l’apice di espansione, attraverso i millenni questo processo va rallentando. Nella misura in cui la percentuale di anidride carbonica diminuisce e quella dell’ossigeno aumenta nell’atmosfera, diminuisce sensibilmente la temperatura media e si viene a formare uno strato d’ozono che filtra i raggi ultravioletti. Il dominio vegetale comincia a frenare la sua espansione, ma la mole complessiva che questa ha già raggiunto ha dimensioni tali da non lasciare spazio per alcun altra forma di vita.
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Il ridimensionamento dell’impero vegetale.
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Sull’altro fronte di vita organica – quello oceanico – intanto l’evoluzione non era certamente rimasta a battere il passo. Forme di vita mobile sempre più complesse e strutturate avevano cominciato a mettere il naso (o quel diavolo che fosse) fuori dall’acqua, adattando progressivamente il loro organismo alla vita terrestre. Inizialmente in forma anfibia e gradualmente, di generazione in generazione, passando sempre più tempo fuori dall’acqua che dentro, fino a staccarsene completamente. E’ evidente che queste forme di vita si cibassero dell’unica sostanza organica presente allora sulla terra emersa: l’immacolato impero vegetale, che cominciò così a confrontarsi per la prima volta, dopo milioni di anni di dominio incontrastato, con un nemico naturale: il rettile vegetariano. E siamo arrivati agl’albori del mesozoico.(periodo triassico)
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Vediamo di capire quale fu l’ambiente ecologico che rese possibile l’incontro ed il connubio tra mondo vegetale (immobile) e mondo animale (mobile). Innanzitutto, la trasformata composizione atmosferica: i rettili hanno (ancora oggi) un sistema circolatorio a bassa temperatura, ciò significa che usufruiscono di un sistema autonomo di produzione calorifica molto limitato, per cui possono sopravvivere agevolmente solo in un ambiente tropicale, diciamo ad una temperatura media intorno ad un minimo di 35 gradi. Per questa ragione, non necessitano di grandi quantità di ossigeno. Così possiamo stabilire una composizione atmosferica ancora prevalentemente pregna di anidride carbonica, ma con una sostanziosa e crescente presenza di ossigeno ed una temperatura media, sebbene più mite di quella che diede vita al mondo vegetale, ma sempre nettamente superiore a quella dei giorni nostri. E altresì da presumere che le terre emerse nel periodo che va dal paleozoico ( circa 500 milioni di anni fa) fino al mesozoico (circa 160 milioni di anni fa) fossero di un’estensione inferiore a quella odierna. Si suppone infatti che, a causa della maggiore temperatura delle acque oceaniche, rispetto a quella odierna, fosse causa di una maggiore dilatazione delle molecole di acqua. In altre parole, ogni elemento materiale surriscaldato tende a dilatarsi, con la conseguenza di ottenere una minore densità ed un maggiore volume. Ciò che rappresenta oggi, causa il surriscaldamento provocato da un eccesso di emissione di CO2, la ragione di previsioni circa l’innalzamento del livello dei mari e quindi una minore estensione delle terre emerse.
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In questo periodo del mesozoico, che va dal triassico al giurassico, la terra cominciò a pullulare di rettili di varie dimensioni, in prevalenza vegetariani, che per saziare il proprio appetito, come ruspe inarrestabili, presero a contenere e ridimensionare il dominio del regno vegetale.
(continua)
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