Storia di una stella.
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C’era una volta un re, diranno subito i miei bravi cristiani…invece no: c’era un volta una nube, una semplice nube d’idrogeno. Questa introduzione d’ispirazione collodiana, per dire che ogni struttura oggi esistente, nasce semplice. Così, come secondo la famosa fiaba, anche Pinocchio nasce da un semplice pezzo di legno, ma non resta tale. Si sviluppa e si trasforma attraverso mille esperienze, fino a divenire un essere umano. Per grandi linee la storia della vita attraversa la stessa logica di Pinocchio. Le autentiche origini si ricercano in una semplice nube d’idrogeno, che ovviamente non è rimasta tale, ma è andata sviluppandosi, attraverso innumerevoli trasformazioni e secondo una logica ben precisa, fino all’essere pensante.
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Il cammino di una stella nata da una nube d’idrogeno non è priva di difficoltà: quella che oggi vediamo splendere pacificamente e stabilmente nel nostro cielo, irrorandoci dell’energia necessaria alla nostra esistenza, ha alle spalle un passato piuttosto burrascoso. Deve la sua nascita all’esplosione di un’antenata che gli ha fornito un’ eredità cospicua di elementi basilari cui questa ne era in origine priva. In astrofisica si parla di stelle di prima e di seconda generazione e viene inteso che quelle rigeneratesi a seguito dall’esplosione di stelle di prima generazione, siano fornite di una vasta gamma di elementi naturali, che si sono venuti a formare nel nucleo incandescente di stelle poi esplose. Il che ci porta a concludere che la nascita di una stella che contenga gli elementi basilari per configurarsi in un sistema simile al nostro, non nasce da una “semplice” nube d’idrogeno, ma da una nebulosa composta da diversi elementi.
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L’astrofisica è forse tra le scienze, l’unica che sfondi le frontiere tra due rami ben noti del nostro scibile: l’astronomia e la chimica. Ora, ci si potrebbe domandare come si possano conciliare queste due materie così apparentemente lontane fra loro. La prima dedicata all’osservazione di corpi celesti lontani anni luce da noi e la seconda a studiare la composizione della materia e delle sue trasformazioni. Ebbene, una volta stabilito che ogni elemento materiale emana una certa frequenza che lo identifica unicamente e lo distingue fra gl’altri, è possibile, per mezzo di radiotelescopi individuare attraverso l’analisi dello spettro, anche su distanze di milioni di anni luce, l’esatta composizione di stelle o galassie e stabilire la presenza degli elementi che le compongono. Questo studio metodico che a partire dal secondo decennio del secolo scorso, ha portato sulla carta la composizione di innumerevoli corpi celesti, e su distanze sempre più abissali ha tra l’altro confermato la sorpresa (almeno per chi si aspettava altro) che lo spettro che ricalca la composizione elementare di tutte le galassie finora studiate (campionate su miliardi) si riproponga in termini pressoché identici in tutto il cosmo a noi conosciuto.
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Su questa base, pressoché indiscutibile, si può fondare la convinzione già espressa in precedenza, che lo schema di formazione di galassie, stelle e sistemi planetari, sia garantita da un programma predisposto. La stessa precisione che, per ricalcare un esempio già esposto, ci dà la certezza che da tutti i semi di grano che le circostanze favorevoli lo rendano possibile, crescano solo e nient’atro che spighe di grano, grazie ad un software proprio del seme che organizza la materia e la struttura sulla base del disegno contenuto nel seme stesso. Ovviamente va inteso che ogni struttura organizzata tragga la sua “volontà” d’esistenza seguendo una propria necessità ed un proprio fine e che lo faccia spontaneamente, senza interventi dall’esterno.
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Un simpaticone chiamato “ossigeno”
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Le origini della vita sono legate più alle basi della chimica, che non della fisica. Diciamo che la fisica si occupa quasi esclusivamente del comportamento dei corpi, mentre la chimica ci concede la spiegazione della logica di combinazione dei vari elementi. Poiché si è stabilito che gli organismi viventi sono strutturati su una certa e ben precisa logica di combinazioni elementari, può risultare interessante un ripassino in termini semplici e globali:
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Già fu detto che l’ossigeno è un elemento molto sociale. A differenza dell’elio, che presenta caratteriste misogine, nel senso che proprio rifiuta di combinarsi con chicchessia, l’ossigeno lo fa di buona grazia e spesso, in determinate condizioni di temperatura in modo addirittura violento. Alle temperature dell’origine di un sistema simile al nostro (diciamo pure del nostro, per chi dubitasse che ve ne siano altri simili) l’ossigeno si combina con due atomi d’idrogeno. Dobbiamo considerare che nella varietà degli elementi in origine, la quantità di atomi d’idrogeno e d’ossigeno si equivalgano grosso modo. Ogni atomo d’ossigeno si fa due sorelline d’idrogeno, così che la massa totale dell’idrogeno viene assorbita in un composto chiamato H2O, che è poi quell’elemento con cuciamo gli spaghetti e ci facciamo la doccia. Questo spiega il fatto che sul nostro pianeta non esista idrogeno allo stato puro. Ma ci rimane ancora una copiosa quantità di atomi d’ossigeno rimasti scapoli. Ecco che allora, proprio perché al buon atomo d’ossigeno star da solo non piace, si accontenta d’imbarcarsi in un trio con un atomo di carbonio: due atomi d’ossigeno per uno di carbonio: CO2 (anidride carbonica) Troviamo così la spiegazione del fatto che alle origini del nostro pianeta (e non solo il nostro) non si trovi in natura ossigeno allo stato puro, né carbonio e neppure idrogeno. Questi ultimi due elementi sono andati in massa a metter su famiglia con i nostri simpaticoni ossigenati.
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L’essenziale importanza di questo elemento, l’ossigeno, nell’evoluzione di organismi viventi, risulta chiara una volta stabilita la sua funzione nel contesto ecologico. Si dice che l’ossigeno sia un “comburente”, vediamo di capire esattamente cosa significhi questo concetto. “Con-burente = che brucia assieme). Vediamo: il nostro simpaticone riesce a stare da solo e puro a temperature non eccessivamente alte anche se in compagnia di altri elementi compiacenti. Diciamo che dai dintorni dello zero assoluto fino allo zero Celsius, l’atomo d’ossigeno riesce a far vita monastica, sorvolando la sua tendenza appiccicosa, ma a temperature gradualmente più alte, reagisce fondendosi col carbonio o più raramente (in virtù della scarsezza di questa sostanza in natura) con l’idrogeno . Questa reazione di sintesi, si verifica in modo violento e tanto più violento quanto più alta è temperatura dell’ambiente dove avviene. Da questa reazione si sprigiona energia in forma di fuoco. Con la stessa violenza l’ossigeno si compone con l’idrogeno (quando messo appositamente in contatto), dalla cui reazione si sprigiona calore e vapore acqueo. Molto più tiepido, ma sempre essenziale per la vita nelle forme evolutive più avanzate è il connubio dell’ossigeno col ferro. Quel connubio che serve a trasportare nell’organismo dei mammiferi l’ossido di ferro, il quale, dissociandosi in presenza di sostanze a contenuto di carbonio, come gli zuccheri, si combina di preferenza con quest’ultimo producendo l’energia che ci serve per essere mobili, nonostante la forza di gravità.
(segue)
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