Il Diktat dei Vescovoni - Bagnasco peggio di Ruini?
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Tre pagine di testo, scritte dai 31 vescovi del Consiglio permanente della Cei e con il sostegno della Santa Sede. Questi alcuni passaggi del testo, che si definisce addirittura «impegnativa» per i politici (ma che non prevede esplicitamente sanzioni per chi non vi si attiene): «La legalizzazione delle unioni di fatto è inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo»; avrebbe effetti deleteri sulla famiglia perchè toglierebbe «al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro». E poi: La legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso è un problema ancor più grave - si afferma - perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile». I cristiani «non possono appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società». E ancora, il parlamentare cattolico ha il «dovere morale di esprimere il suo disaccordo e votare contro qualsiasi progetto di legge che possa dare un riconoscimento alle unioni gay». Di più, secondo la Cei sarebbero «incoerenti» i politici cattolici che appoggeranno il disegno di legge sui diritti dei conviventi.
I vescovi precisano di non avere interessi in una parte politica da affermare con la pubblicazione di questa nota, l'ingerenza è palese. «Sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune», visto che «per la società l'esistenza della famiglia è una risorsa insostituibile, tutelata dalla costituzione». L'obiettivo di attribuire garanzie e tutele giuridiche per le persone che convivono «è perseguibile soltanto nell'ambito dei diritti individuali - continua il testo - senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e che produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare». Tutte queste riflessioni sono «affidate alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, affinché si interroghino sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni».
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