Scopro solo oggi questo sconvolgente articolo apparso sul Manifesto del 23 Marzo. Lo riporto integralmente, perchè questo ci deve dare la forza di andare avanti col massimo impegno. A proposito di "massimo impegno", ieri sera ho scritto a circa quaranta quotidiani italiani. Stamattina ho aggiunto notizie sulla petizione su Wikipedia, alla voce Gino Strada. Su google, digitando "Gino Strada Nobel" appaiono oltre 90.000, molti dei quali riferiti alla petizione. Ho scoperto moltissimi blogs che hanno linkato la nostra petizione, ma anche molti che hanno lanciato la loro raccolta, che in genere raccoglie poche decine di firme. Bisogna fare uno sforzo per convincere questi blogs a concentrare gli sforzi sulla petizione che prenderà il maggior abbrivio (se sarà quella di un altro blog o sito, noi passeremo volentieri ad altri il compito)
"Il manifesto" del 23 Marzo 2007
Tutta colpa di Emergency L'impossibile rapporto tra il civile e il politico nell'era della guerra al terrore - Strada facendo scoppia il caso: gli hanno chiesto di mediare? No, si è imposto lui. Ha ottenuto il rilascio? No, ha fatto liberare i talebani. Da eroe a colpevole in un lampo: la politica presenta il conto all'eretico Gino Strada
(Roberto Zanini)
E' tutta colpa sua, adesso, colpa di Gino Strada, di Emergency, e quel loro mediatore, e quell'interprete che nessuno cerca... insomma tutta di questi volontari in camice bianco che si sono sostituti allo stato, e poco importa se l'ostaggio è tornato a casa.
Non ci è voluto molto perché l'eroico chirurgo italiano, primattore della liberazione del reporter Daniele Mastrogiacomo, tornasse nella polvere. Tre giorni, tre soli giorni per transitare dal palco di eroe a quello di colpevole. Messo in mezzo per tutto ciò che è andato storto e anche per ciò che è andato dritto, rimasto solo col cerino in mano. Ezio Mauro e Massimo D'Alema gli hanno chiesto di mediare ma no, è stato lui che si è imposto. Ha concordato le condizioni per il rilascio ma nemmeno, ha fatto liberare dei talebani cattivissimi. Ha avvertito i servizi che i loro uomini erano stati individuati dal rapitore Dadullah ma neppure, è lui che ha voluto tagliare fuori il Sismi. E' la storia della vita di Gino Strada, comunque. Non è la prima volta. Non sarà l'ultima.
Gino Strada, il personaggio non il chirurgo, nasce in Afghanistan poco dopo il massacro delle Torri gemelle. A meno di un mese dall'11 settembre Washington decide di bomb them into stone age, bombardare l'Afghanistan fino all'età della pietra. Il chirurgo vola a Kabul e rappezza i feriti. E' il solo e l'unico, il paese applaude, concediamo spazio aereo truppe e rifornimenti ma anche bende, bisturi e cerotti, viva Gino Strada, che eroe, e poi è tanto un bell'uomo.
Partono richieste per il Nobel per la pace con le firme di quattro ex Nobel, di varie sigle e associazioni, persino dell'onorevole Caligiuri di Forza Italia. E Gino sta in Afghanistan, di giorno opera e di notte borbotta, sobbolle, sbotta e dichiara guerra alle guerre e a chi le fa. Bush e Osama terroristi, Bush e Hitler pari sono, soldi dallo stato non ne voglio, basta con questi governi che pagano le bombe e gli aiuti ai bombardati con la stessa mano. Sono tre mesi di sala operatoria ininterrotta, e tre mesi di opinioni campali. Strada torna in Italia perché interista-leninista ed è morto l'avvocato Prisco, poi Natale in famiglia, Inter-Chievo in tribuna e di nuovo Kabul. Ma il feeling se n'è andato, il paese reale ancora applaude ma quello istituzionale prepara la ritirata dall'integralismo ginostradale. Tre mesi sono bastati per spaventare i tiepidi di cuore.
Sembrava facile opporsi alla guerra, tanto più alla guerra dichiarata dal governo Berlusconi, e forse lo era anche. Di conseguenza nel 2002 l'Ulivo riesce a sfracellarsi in cinque mozioni diverse, Rutelli guida il campo interventista, la sinistra cosiddetta radicale variamente dalla parte opposta e i Ds come sempre in mezzo a porgere guance fino all'esaurimento. Nell'ottobre di quell'anno le Torri gemelle fumavano ancora un pochetto, eravamo tutti americani ma decidemmo di smettere perché gli americani veri sparavano davvero troppo. E l'eroico Gino Strada fa la fine che doveva fare. Spaventato per la tenuta della sua maggioranza il segretario dei Ds Fassino scrive una lettera sulle truppe in Afghanistan e il Corriere della Sera titola: «Votiamo no ma non siamo pacifisti alla Gino Strada». I Nobel per la pace tornano nel cassetto, addosso al massimalista che spaventa i ceti medi. Un mese dopo il Social forum di Firenze sfila contro la guerra «senza se e senza ma», Gino Strada è l'eroe del corteo insieme a Cofferati, al nuovo segretario della Cgil Epifani, a Haidi Giuliani, a Alex Zanotelli, mentre dalle colonne del Corriere Oriana Fallaci versa una pagina di veleno al giorno. A Firenze Strada lancia gli «stracci bianchi per la pace», prova generale della fioritura di bandiere arcobaleno che segnerà gli anni successivi. La rottura è completa, si apre una ferita destinata a riaprirsi sempre uguale ogni volta che il parlamento vota sulle truppe.
Ma Strada è Strada, è soprattutto un chirurgo e c'è parecchio da fare perché nel marzo del 2003 comincia la guerra in Iraq. Ancora una volta Emergency è in prima linea, talmente da sola che rifiuta i soldi del governo guerriero e anche la «protezione» delle truppe italiane per i suoi centri sanitari. Con rigore talebano il chirurgo separa civile e militare, fa arrabbiare i militari suppostamente umanitari, incenerisce il concetto di truppe di pace. Il contrario della Croce rossa di Maurizio Scelli, che accetta i carabinieri tricolori e offre loro la copertura di un ospedale da salvaguardare. Scelli interviene in modo pesantissimo quando - è l'aprile del 2004 - Gino Strada va ad Amman e poi a Baghdad per cercare di liberare Agliana, Stefio, Cupertino e Quattrocchi. Ha buoni contatti, li migliora con una ventina di camion di aiuti destinati a Fallujah assediata dagli americani. Ma è la Croce rossa governista e platealmente collegata alle truppe italiane a mediare per i bodyguard, fino al discusso - nel senso di inverosimile - blitz delle truppe americane che li libera. Strada parla di un riscatto di 9 milioni di dollari e si prende gli insulti di mezzo governo, Fini lo sfida a fornire prove, Forza Italia lo definisce «patetico», Scelli lo sbeffeggia («quelli scappano al primo mortaretto»). La cosa finisce in tribunale ed è ancora lì.
Il gelo dei rapporti con la politica viene rotto da Cofferati. Il cinese si ritira dalla Cgil, tra i molti che credono nella discesa in campo c'è Strada. Una conferenza stampa in Campidoglio a Roma annuncia la campagna «Fuori l'Italia dalla guerra», al tavolo Zanotelli, Ciotti, Terzani. E c'è anche Cofferati, alla sua prima apparizione pubblica dopo l'addio alla Cgil. Cofferati è il nuovo leader di una sinistra all'epoca non ancora «radicale»? Si dice che Strada gli abbia offerto la vicepresidenza di Emergency, lui nega ma non serve. Alla fine Cofferati se ne va a Bologna e il chirurgo è tra i tanti che restano con un palmo di naso in quel giugno del 2003.
Strada continua a fare il chirurgo e anche il pacifista fino a un'altro incidente, nel 2004, quando definisce «delinquenti politici» i parlamentari del centrosinistra usciti dall'aula al momento di rifinanziare la missione in Iraq. Pochi giorni dopo c'è una manifestazione e il segretario dei Ds Piero Fassino viene rudemente estromesso dal corteo che manifesta per la pace a Roma. Tutta colpa di Gino Strada, naturalmente, che per i Ds e per il ministro dell'interno Pisanu è un «violento verbale».
Nel 2005 solo la voce (falsa) che correrà alle primarie del centrosinistra provoca un breve panico. E quando nelle elezioni del 2006 Berlusconi è battuto d'un soffio, cambia il governo ma non la musica. Strada prende qualche voto nel segreto dell'urna che eleggere il presidente della Repubblica. Ma il movimento per la pace ha il fiato corto e qualche mese dopo, in un'intervista a Nigrizia, Strada ne ha per tutti: la Tavola della pace «è morta e sepolta», alla marcia Perugia-Assisi «non ci andiamo», tra le ong «il primo motivo ideale di chiama euro». E poi il capolavoro: nel luglio del 2006 il ministro della difesa Parisi dice al Corriere: «Se Emergency può agire a Kabul, è grazie alla protezione dei militari». Strada s'infuria per iscritto: bugia sciocca, banale, confutabile, trovi altre scuse per i suoi soldati, si ricordi della costituzione. Sei mesi dopo arriva il rapimento di Mastrogiacomo. E Parisi, livido, il giorno della liberazione ringrazia tutti ma evita persino di pronunciare il nome di Gino Strada.
Da quella liberazione sono passati tre giorni e Gino Strada è già il colpevole di quasi tutto. Non è la prima volta. Non sarà l'ultima.
...ecco... ci sono tante, troppe, ottime ragioni per fare ogni sforzo per il Nobel a Gino Strada: un premio a lui, una lezione a questo inguardabile ceto politico...
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