L’Italia è stata deferita dalla Commissione europea alla Corte di giustizia di Lussemburgo per l'estensione del condono fiscale ai debiti Iva relativi al 2002. La misura contenuta nella Finanziaria per il 2004 va «oltre il margine di discrezionalità - spiega una nota dell'Esecutivo Ue - di cui godono gli Stati membri per adeguare i loro controlli alle risorse umane e tecniche di cui dispongono. Con tali norme l'Italia sembra aver dichiaratamente rinunciato ai controlli relativi alla riscossione dell'Iva violando quindi gli obblighi da essa assunti riguardo all'applicazione del diritto comunitario».
Con la legge finanziaria 2004 il Governo Italiano aveva esteso il condono fiscale adottato nel quadro della legge finanziaria 2003 al periodo di imposta 2002. La finanziaria 2003 consentiva ai contribuenti di definire il mancato pagamento di diverse imposte, Iva compresa. In base a tale regime il fisco rinuncia al suo diritto di procedere successivamente a controlli sull'Iva non pagata relativamente a quel periodo. I contribuenti potevano regolarizzare definitivamente la loro posizione semplicemente versando allo Stato un importo fisso in caso di mancata presentazione della dichiarazione o pagando il 2% dell'Iva che avrebbe dovuto essere pagata relativamente alle cessioni e alle prestazioni effettuate in ciascun periodo di imposta. La rinuncia a ulteriori accertamenti sull'Iva non corrisposta si applicava anche qualora sia provato che sono state commesse irregolarità.
La causa contro l'Italia è stata aperta in quanto secondo la Commissione Europea il regime in questione comporta una violazione della sesta direttiva europea sull'Iva.
La Commissione, è scritto nella nota dell'Esecutivo Ue , «fa presente che la direttiva prevede la tassazione di tutte le cessioni e prestazioni effettuate all'interno del Paese e impone agli Stati membri l'obbligo di garantire che i contribuenti assolvano i loro obblighi di dichiarazione e pagamento delle imposte».
Secondo Bruxelles «le misure adottate dall'Italia vanno oltre il margine di discrezionalità di cui godono gli Stati membri per adeguare i loro controlli alle risorse umane e tecniche di cui dispongono». Di conseguenza «è ovvio che la Commissione contesti anche la decisione dell'Italia di estendere l'applicazione del suddetto regime fiscale al periodo di imposta 2002».
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