(di Enrico Arosio - L'Espresso)
Lo avevano ribattezzato l'erede di Agnelli. Lo facevano paladino di una missione etica. Poi la parabola di Tronchetti Provera. Tra stock option e lo scandalo spioni
Parafrasando Primo Levi, si potrebbe dire, del Tronchetti Provera svelato dagli avvenimenti degli ultimi anni: "...se questo è un manager...". Insomma, viene da chiedersi, dopo questo profilo tratteggiato dall'Espresso, se la stampa nazionale e internazionale non si sia spinta un po troppo nell'incensare questo personaggio. La fine miseranda delle sue aziende, le tre mogli (non sono un reato, ma neanche un bel segnale di "stabilità emotiva"), i passi sempre più lunghi della gamba, la sua ambiguità politica... e, last but not least, questo suo innamorarsi sempre e solo di personaggi potenzialmente "utili" (figlie di banchieri, rampolle di grandi capitalisti, principesse), qualche perplessità ce la crea. Possibile che non gli sia mai capitato, nella vita, di innamorarsi di una persona normale? non diciamo, per carità, di una shampista, o della casalinga di Voghera; ma una donna-manager, una dottoressa, una commercialista?...
Adesso l'eclissi, i guai giudiziari, le intercettazioni di massa, dal costo talmente elevate che una domanda sorge spontanea: era d'accordo con Tavaroli & C., oppure era così sprovveduto che non si era accorto di quanto costasse l'esercito della security Telecom, il cui solo capo ha preso decine di miliardi di lire? Continueremo a farci delle domande... Per esempio: Perchè?...
[...] C'è qualcosa di precario, un'altalena di aspettative e delusioni, di intenzioni alte e di esiti contraddittori, nella vicenda del salvatore di Pirelli e leader sconfessato di Telecom Italia, rifondatore a metà dell'industria italiana a cavallo del Ventunesimo secolo.
L'erede di Agnelli, s'era detto. Esattamente dieci anni fa, l'11 marzo 1997, un articolo del 'Financial Times' presentava l'allora 49 enne presidente Pirelli come "il nuovo Principe" dell'industria italiana, successore naturale del "vecchio leone" torinese. "Sebbene non abbia il peso economico di un Agnelli o di un Berlusconi", così 'FT', "Tronchetti è ineccepibile dal punto di vista etico. Il suo è uno dei pochi gruppi a non essere stato toccato da Tangentopoli. È lui che ha salvato la Pirelli...". (...quando si dice un giornale che se ne intende, di cose italiane...) Oggi, marzo 2007, è facile ironizzare sull'etica, in pieno scandalo sulle intercettazioni telefoniche. L'inchiesta giudiziaria ha decapitato la struttura security di Telecom Italia. Migliaia di cittadini sono stati auscultati da una struttura deviata cresciuta in seno a Telecom, capeggiata dal top security manager Giuliano Tavaroli. E i magistrati devono capire se Tronchetti sia stato vittima, come egli sostiene, o in qualche forma connivente [...]
Tronchetti è borghesia milanese liberale: razionalista, scientista, con una sobrietà di fondo che lo rende reticente, anche scostante. Non è un mistero che la sua terza moglie, la bella ex modella tunisina Afef Jnifen, lo abbia definito troppo serio e noioso. Il rapporto con l'allora suocero Leopoldo Pirelli che lo chiamò in azienda nel 1986, lasciandogli il timone nel '92, non si può certo ridurre a un matrimonio d'interesse (Cecilia Pirelli, da cui ebbe tre figli belli ed educati, Giada, Ilaria e Giovanni). "Marco sarà più di un capo", era stata la frase di Leopoldo quando lo fece socio accomandatario nella Pirelli & C, detta Pirellina. Anche gli analisti più severi riconoscono che il salvataggio della Pirelli, uscita stremata dal fallito takeover della tedesca Continental (700 miliardi di lire di perdita, 3.200 di debiti) e il suo rilancio e diversificazione nei cavi, nella tecnologie ottiche, nell'immobiliare attraverso Pirelli Re, sia stato un notevole successo strategico. Con ammirato sgomento si assisté alla madre di tutte le plusvalenze, il più folle affare messo a segno da Tronchetti negli anni d'oro della new economy, la vendita nel 2001 di una piccola società pirelliana, la Optical Technologies Usa, alle americane Corning e Cisco, per 3,6 miliardi di dollari (168 volte i ricavi). Il patron, grazie all'esercizio delle stock option, ne ebbe un profitto personale di 219 milioni di dollari, ma i modi della compravendita lo esposero ad aspri attacchi da parte della stampa internazionale.
Tronchetti parla spesso della missione etica, della "responsabilità sociale dell'impresa". I media italiani, in larga maggioranza, amplificano volentieri queste dichiarazioni di principio, sebbene ripetitive e smentite dalla realtà dei fatti. Il signor Pirelli che controlla Telecom, grazie a una lunga catena di controllo, con un infimo impegno finanziario personale, è un'anomalia segnalata a lungo da una nicchia ostinata di osservatori. L'economista Alessandro Penati per questo si giocò la collaborazione al 'Corriere della Sera'. Come ricorda un giornalista che Tronchetti non ama molto, Massimo Mucchetti, allora a 'L'espresso', oggi al 'Corriere', in 'Licenziare i padroni' (Feltrinelli), investendo mezzi propri per appena 17 milioni di euro l'accomandita di Tronchetti controllava un gigante come Telecom che a fine 2001 aveva un valore di mercato consolidato di 92 miliardi. (Mucchetti finì poi tra gli spiati illustri del 'Corriere' da parte degli hacker orchestrati da Tavaroli).
A questi rilievi (alti rischi con denari altrui, stock option esose) Tronchetti risponde che la ricchezza conquistata era prontamente reinvestita; e certo fu la plusvalenza Corning a favorire l'acquisto di Telecom a fine luglio 2001. Anno fatale, il 2001. Il passaggio di proprietà dalla lussemburghese Bell di Colaninno, Gnutti e soci, la cosiddetta Razza Padana, fu firmato il 31 agosto 2001, alla vigilia dell'attentato alle Twin Towers che sconvolse gli Usa e inaugurò l'era del terrorismo globale. Nel dicembre di quell'anno Tronchetti, in piena emergenza per raddrizzare i conti dell'ex monopolista Telecom, celebrò il suo terzo matrimonio con Afef Jnifen (la prima moglie era stata la giornalista Letizia Ritattore Vonwiller, famiglia di banchieri milanesi).[...]
Tronchetti dunque uscirà da Telecom. Come reagirà la sua formidabile rete di relazioni? I tre figli sono sistemati in una accomandita i cui probiviri sono amici di famiglia, il presidente Rcs Piergaetano Marchetti, il banker di fiducia Gerardo Braggiotti e il manager Carlo Buora (che però, all'ultimo consiglio di amministrazione Telecom, ha appoggiato il piano industriale del neo presidente Guido Rossi). Amico storico è Carlo Puri Negri, dominus di Pirelli Re. Le grandi banche entrate con Telecom, invece, sono più lontane. I Benetton, soci in Pirelli e in Grandi Stazioni, gli hanno appena votato contro. Il 'Corriere della Sera' di Paolo Mieli si raffredderà? La famiglia Moratti non tradirà, un po' per l'energia (c'è di mezzo la Camfin) un po' per l'Inter, ma Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, per Luna Rossa, si terranno lo sponsor Telecom orfano di Marco? Certo il network resta solido: Luca di Montezemolo e Confindustria, gli amici della Trilateral, il Consiglio per le relazioni Italia-Usa, la New York Stock Exchange. E il Bilderberg Group, l'influente pensatoio che ha tra i soci Paul Wolfowitz della Banca Mondiale, l'ex ministro di Bush Donald Rumsfeld, il candidato alla presidenza John Edwards.
Un problema resta la politica. Tronchetti ha sempre predicato l'autonomia dell'impresa in un'Italia consociativa e clientelare. Detesta farsi catalogare, non è noto per chi voti, si è definito "un liberale di antica estrazione". Da ragazzo stava tra i Giovani liberali, non facile negli anni Settanta, come Carlo Scognamiglio poi marito della sua ex moglie Cecilia. Nel 2006 a Milano ha votato Letizia Moratti, ma a Roma? Nel '94 diffidava del partito-azienda Forza Italia; nel 2001 molto meno. Dalla destra al governo ha avuto attenzioni. Berlusconi favorì la conquista di Telecom, e lo stesso anno Pirelli comprò da Berlusconi l'Edilnord e le Pagine Utili. Affari incrociati, si disse. Da Romano Prodi non ebbe gran favori in passato, e il rapporto non è caloroso neanche oggi. Nel '93, presidente dell'Iri, Prodi non permise a lui e a Pierre Suard di Alcatel di entrare nella Stet (telecomunicazioni), e fece lo sgarbo di rendere nota la lettera di offerta di Tronchetti. Nel '97, con Prodi a Palazzo Chigi, fu il ministro del Tesoro Ciampi a negare a Pirelli l'ingresso nel nocciolo duro di Telecom privatizzanda. Quando a settembre Tronchetti ha divulgato la lettera riservata del consigliere prodiano Angelo Rovati sullo scorporo Tim da Telecom, qualcuno l'ha letta come una vendetta. Servita molto fredda.
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