Oggi vorrei parlare di quali parametri regolano l’andamento del mercato mobiliare al fine di darvi qualche indicazione generale per l’investimento azionario. Il discorso é limitato all’ottica del cassettista, ovvero del risparmiatore che acquista azioni solo per I dividendi o per il guadagno sperato sull’incremento dei corsi. Tralascio la problematica di chi invece acquista per controllare o partecipare alla gestione dell’azienda di cui vuole detenere una quota azionaria.
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Le azioni sono quotate “tel quel” ovvero nel prezzo includono il valore di mercato della quota parte del capitale sociale ed I dividendi maturandi e non ancora pagati. Al momento dello stacco del dividendo il valore della cedola lorda viene dedotto dal prezzo di listino. Mentre se ricordate gli strumenti finanziari e monetary sono quotati secco: ovvero una % sul valore nominale del debito acquistato. Gli interessi maturandi non entrano nella quotazione e si aggiungono successivamente al prezzo second oil tempo trascorso dall’ultima cedola pagata.
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Il cassettista guarda tre cose: il reddito ovvero il dividendo che tecnicamente viene espresso in % sul valore di listino: (es le generali valgono 33,5 € cad. e se il dividendo atteso (dati solo esemplificativi) é 1,5 € lordi vuol dire che il reddito é il 4,48%) per confronto si guarda anche l’ultimo dividendo pagato che nel ns. caso suppongo il 4,65 %. Notate che alcune azioni hanno rendimenti molto simili a quelle dei titoli a reddito fisso. Però vi é la differenza che mentre le attività monetarie e finanziarie hanno un tasso di rendimento contrattuale che é fisso o fluttua in base a certi parametri, l’azionario ovviamente non ha dividendo garantito e l’ammontare dello stesso può variare anche sensibilmente di anno in anno a seconda dell’andamento della gestione e delle decisioni degli amministratori. Difatti occorre guardare il payout cioè la % degli utili distribuiti rispetto a quelli conseguiti a bilancio. Ovvero se una società dichiara un utile netto di 100 non é detto che fatti gli accantonamenti previsti dalla legge e dallo statuto sociale debba per forza distribuirlo tutto ai soci. Normalmente viene distribuita una parte consistente ma non é sempre vero. La mancata distribuzione degli utili però non é un danno assoluto per il risparmiatore, poiché aumenta il valore del patrimonio sociale e quindi almeno in teoria il valore delle azioni da lui detenute. Per contro un’eccessiva distribuzione di utili (Telecom per non far nomi) può portare carenza di mezzi all’azienda che a sua volta può incidere sul suo sviluppo e quindi sulle quotazioni del titolo. Gli amministratori di ogni società seguono dunque una loro politica di bilancio che é sempre un compromesso tra una adeguata remunerazione agli azionisti e la salvaguardia del patrimonio sociale esistente, con possibilità di incremento e nuovi investimenti. Naturalmente parlo di amministratori onesti…
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La seconda cosa che guarda il cassettista é appunto l’incremento del corso del titolo nel tempo, di solito nel medio termine 3-5 anni. Naturalmente il corso non si apprezza solo in causa della mancata distribuzione di utili conseguiti (risparmio d’impresa), ma principalmente per ragioni di carattere patrimoniale, di gestione aziendale, e di andamenti dei mercati mobiliari. Il patrimonio d’impresa si valuta per I suoi fondamentali. Qui io mi limito ai principali, meno sofisticati e più intuitivi. Primo tra tutti il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi. Se io ho attività per 100 (es. in merci), qualcuno mi deve aver dato le risorse per acquistarle e detenerle. Se il 100 é tutto mio avrò 100 attivo = 100 capitale proprio. Se invece il cugino furbo mi ha prestato 20 avrò: 100 attivo = 20 debiti + 80 capitale proprio. Vediamo che il capitale proprio é l`80% dell’attivo e quello di terzi il 20%. Chiaro che a parità di attivo più ho debiti più é ridotto il mio capitale. Ma poichè nessuno regala nulla é chiaro che I debiti avranno un costo (interessi passivi reali e virtuali, es quelli dei fornitori), costo che inciderà sui miei guadagni netti. Ovvio se le mie merci che ho pagato 100, le vendo a 130 e non ho debiti, il 30 di utile lordo é tutto mio. Se invece mio é solo 80 ed il cugino furbo mi ha prestato 20 oltre che rendere il capitale dovrò pagargli es. 2 di interessi. Quindi il mio utile lordo si riduce a 28. Ho detto che il rapporto tra mezzi propri e di terzi é fondamentale perché I debiti creano un’illusione reddituale detta “effetto di leva”. Cosa pericolosissima che ha fregato tanti onesti padri di famiglia. Mi spiego. Torniamo al 100 di attivo con 20 debiti e 80 capitale proprio, con utile lordo 30. Il mio capitale 80 ha reso 30 quindi il 37,5 di utile lordo (poi dovrò dedurre gli altri miei costi, come magazzino, dipendenti, spese generali..). Ma se agli stessi dati sostituisco 70 di debiti anziché 20, il mio capitale diventa 30 ed essendo il mio utile sempre 30 avrei guadagnato il 100%!!!. Attenti questa favolosa miglioria é un’illusione contabile per le semplici ragioni dei costi sempre più alti - essendo un debitore a rischio - e per il fatto che se I miei creditori mi chiedessero la restituzione anche parziale del loro avere io dovrei liquidare l’azienda.
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Naturalmente questa severa limitazione non vale se il debito contratto é “politico”, ovvero in forza di amici ed amici degli amici ben posizionati io formalmente contabilizzo il mio debito e formalmente pago lautissimi interessi (che pure deduco dalle tasse), ma in realtà non caccio una lira, pardon un euro, dalle mie tasche, perché gli interessi vanno ad aumentare il debito, ed il debito stesso resta sempre sulla carta scordandosi il creditore di esigerlo e prorogandolo sine die, in forza dei summentovati amici ed amici degli amici.
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Mi viene in mente quel signore di Arcore che essendo amico del ras di Hammamet benché agli inizi della sua sciagurata carriera (sciagurata per noi poveracci ovviamente) acquistava a prezzo fallimentare televisioni private (che erano piene di debiti che LORO dovevano pagare e non potevano), acquistava dicevo con il denaro di compiacenti banchieri pubblici, che naturalmente non solo si scordavano del credito elargito, ma pure consolidavano I debiti delle televisioni acquistate, trasformandole in attività perfettamente pulite. I banchieri ovviamente mica elargivano il loro denaro, ma quello nostro. Ciliegina sulla torta: prima le televisioni private agonizzavano perché oscurate dalla RAI a livello nazionale, poi di colpo in forza di un certo decreto per tacitare un pretore impiccione (certo antesignano delle toghe rosse) diventano come la RAI (ma con un solo padrone), oltre che - come ho detto pulite dai debiti - divenuti senza scadenza.
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Non a caso l’autore di detta magia é stato definito da Turani sul Corriere della Sera “IL PROFETA DEI DEBITI” Oggi il profeta é uno dei più ricchi del mondo, ci ha incul… pardon governato per 5 anni ed é ricevuto come un re dai potenti della terra. Noi invece tiriamo il fine mese, vediamo le sue televisioni. tifiamo Milan ed investiamo Mediolanum…
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Mi sono permesso questa piccola digressione non tanto per ribadire il mio giudizio cloacale sul feudatario di Arcore, bensì per far notare che noi comuni mortali, che non solo non siamo amici degli amici, ma anzi quella gente ci fa spesso vedere I soliti sorci verdi, ebbene dicevo, noi Cipputi se facciamo I debiti LI DOBBIAMO PAGARE, capitale interessi e spese. Come pure tutte le imprese sane, che operano su mercati sani, PAGANO I DEBITI CHE CONTRAGGONO, puntualmente alla scadenza. Quindi capite come il rapporto tra mezzi propri e mezzi di terzi ci dia la misura non solo della solidità dell’impresa di cui vogliamo acquistare le azioni, ma anche della serietà dei suoi amministratori e delle sue possibilità di sviluppo. Prova del nove: anche prendendo per buoni I bilanci della Parmalat del Tanzi (che invece erano strataroccati) il comune risparmiatore poteva facilmente accorgersi GIÂ CINQUE ANNI PRIMA DEL DISSESTO che il rapporto mezzi propri/mezzi di terzi era spaventoso rispetto a quello di altre imprese similari e valutate assai meno di Parmalat.
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Grazie per l`attenzione, continuiamo la prossima volta.
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