Prima di continuare l`esame degli indici elementari che permettono di valutare un`azione secondo la ns/ ottica di cassettisti devo chiarire che tutti gli indici di cui ho parlato e che vedremo in seguito possono essere liberamente e gratuitamente consultati per I titoli quotati (sicuramente I più importanti) presso I più diffusi siti internet di borsa, presso Ia pagina economica dei siti dei maggiori quotitidiani, presso I motori di ricerca a larga diffusione. Ciò detto, esaurito il fondamentale mezzi propri/ mezzi di terzi, vediamo il P/E. In inglese vuol dire price/earnings ovvero il rapporto tra gli utili netti conseguiti nell`ultimo esercizio, oppure secondo la più recente stima degli analisti (sia quelli distribuiti che quelli accantonati a riserva) ed il corso dell`azione.
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Esempio: Mediobanca quota 17,2730 € ed ha un P/E pari a 15,99. Cio vuol dire che il valore di borsa della società é pari a 15,99 volte il totale degli utili conseguiti nell`ultimo esercizio. Difatti se noi moltiplichiamo il P/E per il EPS (earnings per share = utili per azione) troviamo il prezzo di listino. Difatti 15,99x1,08=17,2692. Colgo l`occasione di farvi notare che per Mediobanca gli utili per azione son 1,08 €, mentre il dividendo per azione é pari solo a 0,58. Come vedete gli amministratori hanno deciso di accontonare circa la metà di quanto guadagnato. Per confronto invece il Tronchetti – uomo che sa vivere (lui) – ha un utile per azione pari a 0,15€ con un dividendo per azione pari a 0,14€, quindi si é preso tutto salvo I minimi accantonamenti di legge. Questo vi segnalo perché come vedete anche il povero Cipputi ha I mezzi per fare certi suoi confronti ed anche sentire odore di quella cosa marrone che però non é cioccolato, prima di farci il bagno dentro, o deverla mangiare dicendo che é buona. Ma divagazioni a parte, mentre il rapporto fondamentale sui mezzi ci da la misura della solidità e serietà aziendale, invece il P/E ci dice in quale fase del ciclo di borsa si trova la quotazione del titolo. Chiarisco. Chi compra una società lo fa per guadagnare. Il prezzo di acquisto é funzione necessaria della redditività media della società, comparato con il rendimento dei capitali di rischio, tenendo conto delle prospettive future prevedibili.
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Ora questo ultimo punto richiede una valutazione complessa che non é solo analitica, ma a volte piuttosto empirica. Invece il rendimento medio del capitale di rischio ce lo dice il mercato. Difatti supponendo che il denaro prestato ad un debitore sicuro renda il 5% netto, pagate le imposte, se io il mio capitale invece lo investo in un`attività imprenditoriale, quindi soggetta al rischio non solo di insolvenza, ma anche industriale e commerciale é chiaro che mi devo aspettare una redditività che sia circa doppia del semplice prestito di denaro a debitore sicuro. Quindi intorno ad un 10% netto. Conseguentemente se la mia azienda guadagna ogni anno in media 10 miliardi rupie (valuta del futuro) il suo valore di mercato se la vendessi oscillerebbe tra il 100 e 150 miliardi di rupie, pari agli utili di circa 10/15 anni. Naturale che questo é un calcolo finanziario che deve essere poi rivisto al caso concreto considerando – come ho detto – la situazione aziendale, la sua posizione sul mercato rispetto ai concorrenti, la facilità di reperire imprese similari, il valore delle risorse umane presenti ed infine le sue capacità di innovazione e di sviluppo futuro. In soldoni quindi si dice che il 100 risultante dal mero calcolo finaziario andrâ a premio se queste circostanze sono favorevoli all`impresa o a sconto in caso contrario.
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Luminari della mia materia hanno elaborato complicatissimi modelli matematici per arrivare a questa stima, vedasi la formula di Miller, degno allievo del nostro Modigliani, che é valsa un premio Nobel all`ideatore. Tranquilli non entro in questo argomento, anche se certi cervelloni che occupano ambitissime e lucrosissime poltrone nell`industria privata e soprattutto nei ministeri regolatori (non regalatori) dell`attività economica dovrebbero averla presente meglio del proprio nome di battesimo. Dunque anche semplificando capite che - supposto un tasso finanziario del 5% - il valore teorico di un`impresa si colloca intorno a 10 – 15 volte l`utile annuo conseguito. Ripeto teorico poi c`é il premio o lo sconto che però si quantificano solo in sede di vendita reale. Quindi se noi diciamo che un P/E é pari a 15,99 vuol dire che che la capitalizzazione di borsa di Mediobanca é 15,99 volte gli utili conseguiti, ovvero il valore di borsa é vicino al valore finanziario teorico massimo della società. Questo ci dice che la quotazione di borsa é in fase di maturità del ciclo, ovvero rispecchia il valore di mercato teorico della società ad un giusto criterio di esame.
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Facciamo qualche piccolo confronto per capirci. Anche il Berlusca sa vivere, Mediaset ha utili per azione pari a 0,44€ con dividendi pari a 0,43€. Quindi distribuisce tutto. Ma sa vivere meglio del Tronchetti, perchè Mediolanum ha un EPS di 0,31€, mentre distribuisce la miseria di 0,085€. Quindi il duo Doris/Berlusca qui capitalizza e risparmia. Per loro ovviamente. Ma se guardiamo il P/E vediamo che Mediolanum é 20,98 e e Mediaset 18,9 (dopo una sensibile correzione e quindi già scontato), quindi piuttosto alti rispetto al mercato. Difatti il P/E bisogna sempre guardarlo sotto l`aspetto specifico, cioé considerando solo la società che si esamina e poi sotto l`aspetto generale, ovvero valutando il P/E singolo in realzione a quello delle altre società di settore (anche estere) e di mercato in generale. Quando I P/E superano il 25 vuol dire che il mercato é dominato dalla speculazione essendo I valori di borsa non più rispondenti ai valori reali delle socità quotate. Va detto anche che quando il P/E è sotto il 5 – salvo il caso di specifiche problematiche particolari all`azienda – essa é certamente sottoquotata e salvo calamità cosmiche dovrà recuperare.
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Vi propongo un altro caso, che però non dovrete considerare una forma di pubblicità, ma solo un mero esempio. Il titolo Generali nell`anno dei massimi prima del crollo valeva 32 € MA con un P/E intorno a 24, alto, ma non stratosferico. (vi era una nota società telefonica – non Telecom – con un P/E pari a 49, avete capito bene capitalizzazione 49 volte gli utili dichiarati). Dopo il crollo Generali quotava 11 €…con un P/E di 4,7 e minimi di 9 e 3,2 cifre fuori dalla logica. Vi parlo di questa situazione perchè voglio evidenziare il comportamento del risparmiatore sensato che avendo in portafoglio titoli Generali, magari acquistati a 25 in media, non si é mica punto spaventato (anche se aveva il proprio capitale ridotto ad un terzo), perchè non poteva non sapere che la società conservava sempre un rapporto mezzi propri/terzi ampiamente soddifacente, con una redditività adeguata al valore reale di detti beni. Quindi possiamo trarre già due considerazioni fondamentali: 1) l`esame degli indici non solo é specifico (cioé si guardano quelli della società) e generale (ovvero si confrontano gli stessi rispetto a quelli di settore e di mercato), MA ANCHE interdipendente: ovvero bisogna considerare il quadro globale di tutti dati della società propri/terzi P/E, uitle e dividendo per azione, rendimento per azione sul prezzo di borsa e rendimento per azione sui mezzi propri. 2) Attenzione che una società con buoni fondamentali difficilmente tradisce il risparmiatore prudente e paziente. Per contro quella con fondamentali fantasistici prima poi produce I soliti sorci verdi.
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A questo posso aggiungere una rilflessione finale: voi vedete qui l`estrema importanza di una corretta e veritiera informazione societaria. Essa é fondamentale tutela del risparmiatore ed anche vitale beneficio per l`impresa perchè il rapporto corretto e trasparente assicura la fedeltà del capitale di rischio. Cosa questa basilare per il progresso industriale economico e sociale di ogni paese.
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Ancora grazie per l`attenzione.
ES
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