Fratelli di loggia e di mazzette
di Marco Lillo
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Piero Di Francesco, il segretario provinciale dell'Udc di Livorno ce l'ha messa davvero tutta per sminuire. Il 4 giugno scorso i poliziotti mettevano a soqquadro la sede del partito e lui giurava serafico: "Woodcock non ce l'ha con l'Udc. Ha fatto perquisire solo il negozio accanto alla sede del partito". Bum.
Nessuno ha abboccato, ma il vertice del partito ha fatto finta di crederci e da Roma non è arrivata nessuna reazione. A Livorno, una loggia ha scalato il partito. Nella sede dell'Udc si celebravano riti come "la cena del solstizio" e si facilitavano affari in cambio del "pizzo". Il segretario amministrativo, il segretario politico e suo suocero, che per inciso era il segretario storico della Dc locale, sono tutti indagati per costituzione di una loggia massonica occulta e deviata, e i vertici del partito fanno finta di niente. La scelta di Casini e Cesa denuncia un imbarazzo palpabile.
Il problema del rapporto tra massoneria e politica, tra associazioni segrete e apparati istituzionali sta assumendo ormai dimensioni inaspettate. L'inchiesta di Woodcock è solo l'ultima di una lunga serie. La prima Procura a scandagliare questo fenomeno è stata quella di Catanzaro. Il pm Luigi De Magistris avrebbe scoperto un comitato di affari che si muove come una struttura segreta che punta a ottenere contributi da Regione e Stato sovvertendo la legalità dell'amministrazione.
Sono finiti sul registro degli indagati per violazione della legge Anselmi, quella approvata dopo lo scandalo P2, personaggi di primo livello come il coordinatore regionale di Forza Italia in Calabria, Giancarlo Pittelli e come lo stesso segretario dell'Udc Lorenzo Cesa. In quell'inchiesta sono emersi collegamenti inquietanti tra imprenditori, massoni e politici, di destra e di sinistra, con gli apparati dello Stato, in primo luogo la Guardia di finanza. Per esempio Lorenzo Cesa è indagato per una truffa comunitaria che sarebbe stata realizzata con il suo amico e socio in affari Giovambattista Papello (iscritto alla massoneria negli anni Novanta) e legato al generale della Finanza Walter Cretella. In quella indagine sono confluiti anche i verbali di un pentito di mafia, Francesco Campanella (massone) che ha raccontato i suoi rapporti con Giovanni Randazzo, un altro massone che è stato tesoriere elettorale e collaboratore di Cesa nel 2004. Molte pagine del verbale sono dedicate al ruolo dei massoni, vicini all'Udc, e ben radicati nel ministero delle Attività produttive nell'assegnazione dei fondi comunitari. La doppia appartenenza alla massoneria e all'Udc si rivela una garanzia di nomine, carriere e appalti anche in un'altra indagine, sulle presunte mazzette pagate da un consorzio vicino all'Udc per la costruzione dell'ospedale di Vibo Valentia. Un appalto da 26 milioni di euro gestito ancora una volta da soggetti legati al partito e alla massoneria, in questo caso ufficiale [...]
Gli indagati sono 24. Dal generale dei carabinieri Carlo Mori, comandante del nucleo antisofisticazione monetaria, intercettato mentre diceva di volersi iscrivere, all'ex sottosegretario democristiano Emo Danesi. Un prezzemolino degli scandali: già iscritto alla P2, già coinvolto nello scandalo delle mazzette ferroviarie nel 1996, ora nuovamente intercettato mentre cerca appoggi per un affare al ministero tramite i vecchi confratelli.
Nel frullatore di Potenza sono finiti nell'ordine: massoni calabresi che cercano un'alleanza con i toscani; un gran maestro vicino all'Opus Dei e un altro che sostiene di contare su 50 circoli della libertà di Forza Italia a Bologna. Tutti hanno una caratteristica: appartengono alla massoneria segreta e non riconosciuta.
Il baricentro dell'indagine è certamente la Toscana e in particolare Giampiero Del Gamba di Livorno. La presenza di questo ex segretario della Dc livornese, ex piduista di spicco, mostra ancora una volta che il timer della storia italiana ogni tanto si azzera. Nei momenti di crisi, riemergono dal passato i fantasmi dei poteri occulti. Era accaduto al passaggio tra prima e seconda repubblica nel 1993, quando nell'Italia sconvolta da Mani pulite e dalle stragi di mafia comparvero le 'leghe del Sud' sostenute da Licio Gelli. I cappucci sono ricomparsi nel 1996, quando gli amici di Emo Danesi puntavano sul governissimo delle grandi intese. E hanno rialzato il capo dopo la crisi del primo governo Prodi nel 1998. Non sorprende allora che riaccada ora che il centrosinistra scricchiola paurosamente e la politica appare più debole che mai. Sorprende solo la ricomparsa sotto il cappuccio delle stesse facce di sempre.
Prendiamo Giampiero Del Gamba. Questo massone di 73 anni che nelle intercettazioni tira in ballo, magari millantando, Cesa e Casini, Prodi e la famiglia Letta sembrava essere scomparso dalla scena dopo lo scandalo P2. La relazione finale lo aveva bollato come l'uomo che avrebbe minacciato il leader della Dc di allora, Flaminio Piccoli per conto di Licio Gelli, probabilmente per ritorsione contro alcune dichiarazioni bellicose sulla massoneria del segretario Dc. Ed ecco che oggi lo ritroviamo che briga per fare affari in tutta Italia. Il business che più gli sta a cuore è la costruzione di alcuni impianti da parte dell'ex consigliere socialista dell'Enel di fede craxiana, Valerio Bitetto. Un manager passato alla storia per la migliore definizione del craxismo: "Bettino mi disse testualmente: 'Non stare lì a scaldare la sedia'. In altri termini mi disse che con la mia funzione dovevo procurare voti al Psi; procurare denaro al partito". Lo faceva prendendo soldi sulle nuove centrali. Un simile know how non poteva andare disperso e così Bitetto è tornato in pista proprio nel settore energetico in società con Massimo Ciancimino, il vulcanico figlio del sindaco mafioso di Palermo.
Nel 2006, quando è intercettato da Woodcock, Bitetto ha un bisogno disperato di un gancio al ministero dell'Ambiente per ottenere l'approvazione di alcuni progetti per la sua Tecnoplan. I massoni ce l'hanno a morte con i no global che bloccano ogni progetto. La posta in gioco è altissima e Del Gamba mette in pista un uomo che sarebbe'a sua disposizione'. Si tratta di Paolo Togni, già manager di una multinazionale dei rifiuti, capo di gabinetto dell'ex ministro dell'Ambiente Altero Matteoli, ora all'opposizione ma ancora ben ammanigliato tra i burocrati del dicastero. Del Gamba chiede a Togni se può trovare una ragione valida per bocciare la costruzione del gassificatore a Livorno, alternativa a quella di Rosignano che interessava ai suoi amici. L'ex capo di gabinetto si mette a ridere: "Mi risulta un po' difficile perché l'ho fatto approvare io, ma è possibile, non ti preoccupare, è possibile fare tutto".
...si può fare... se lo dice Altero Matteoli, al quale nel '94 i Verdi assegnarono, ironicamente, il "Premio Attila per l'Ambiente", vuol dire che si può fare... Ma questi fasci non riescono proprio a star lontani dalla "monnezza"???...
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