Quando i giornali diventano giocatori
Caro direttore,
una pagina intera del Corriere della Sera, firmata da Ernesto Galli della Loggia, per replicare a una mia citazione di Luigi Einaudi è forse troppo. Soprattutto perché l'autore si profonde nella difesa d'ufficio di una libertà di pensiero del Corriere che io non ho mai messo in discussione. E mi è altrettanto noto quanto il Corriere della Sera di Luigi Albertini sia stato uno straordinario esempio di giornalismo ispirato da etica civile e senso dello Stato. Nel citare Einaudi — e, si rassicuri Galli della Loggia, la citazione non mi è stata suggerita, ma l'ho tratta personalmente dalla lettura dell'intero carteggio Albertini - Einaudi — io non ho affatto auspicato il silenzio dei giornali.
Al contrario, se anche «difendere la verità e il buon senso espone a farsi gridare addosso » — come scriveva lo statista piemontese — io penso che il silenzio non sia mai la scelta giusta. Vale per i giornali; vale anche per gli uomini politici. È proprio per questo che in queste settimane ho reagito ad un modo di rappresentare la vicenda Unipol-BNL che travalica abbondantemente il diritto di cronaca e il dovere di informazione, assecondando invece e talora sollecitando una pulsione distruttiva largamente diffusa nell'opinione pubblica, quasi un desiderio vendicativo di travolgere la politica, liquidare una classe dirigente, demolire la credibilità politica e morale delle persone. E per farlo, non solo si reiterano all'infinito le stesse notizie, ogni volta presentate con il clamore di una inesistente novità, ma si accreditano anche tesi a dir poco ardite e in ogni caso false, come ad esempio un parallelismo tra la stagione di tangentopoli e le vicende di oggi.
Quando il semplice esame dei fatti indica che nella vicenda Unipol-BNL, nessun politico è chiamato in causa per tangenti, o per corruzione, o per concussione, o per un solo reato analogo a quelli di tangentopoli. Ci sono conversazioni telefoniche che si possono giudicare opportune o no, ma non giustificano la canea che da due anni avvelena la vita politica del Paese. Né, mi consentirà l'amico Panebianco, è accettabile la tesi (il Corriere venerdì 27 luglio) secondo cui poiché nell'inchiesta su tangentopoli vi furono anche asprezze giustizialiste e ingiustizie su alcuni politici indagati, è bene che di ciò, a prescindere da qualsiasi accertamento di effettiva responsabilità, soffrano anche i politici di oggi, in una sorta di pena del taglione tanto barbara quanto cinica. Sappiamo bene come nella società di oggi i giornali non esauriscano la loro funzione solo nell'informare e nel commentare i fatti, ma siano organica parte del sistema politico istituzionale: promuovono campagne, orientano la formazione delle leadership, influiscono sulle priorità dell'agenda politica, condizionano i comportamenti delle forze politiche.
Insomma, i giornali sono un «competitore» nel sistema politico. Non so fino a che punto ciò sia veramente compatibile con la missione di una stampa libera e indipendente. Ma a maggior ragione si richiede a ciascuno di esercitare la propria incomprimibile libertà nella responsabilità, con la consapevolezza che un'azione di delegittimazione della politica non rende affatto più forte la democrazia. Apre le porte a derive populistiche e plebiscitarie e — come scriveva appunto Einaudi in quella lettera — «alla demagogia degli adulatori delle masse, del popolo e via dicendo». Mi auguro che il Corriere della Sera di oggi, proprio memore della lezione di Albertini e Einaudi, veda questi pericoli e non li voglia assecondare.
Piero Fassino
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Ci fa naturalmente piacere che l'onorevole Fassino non auspichi il «silenzio dei giornali», secondo quanto, invece, tutti gli osservatori avevano creduto di capire dalle sue parole a proposito dello scambio epistolare Albertini-Einaudi. Confessiamo però che ci lascia alquanto perplessi — per le molte e gravi conseguenze che potrebbero derivarne — la sua idea che i giornali siano «organica parte del sistema politico-istituzionale», e addirittura «un competitore nel sistema politico». Non è questa l'idea che ne abbiamo noi, per cui i giornali sono in primo luogo organi d'informazione e poi portavoce di questo o quel settore dell'opinione pubblica, dei suoi punti di vista e delle sue domande. I quali vengono ogni mattina confermati o smentiti, premiati o puniti, dai loro veri padroni che sono i lettori.
(Risposta non firmata, attribuibile al Direttore Paolo Mieli)
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Caro Mieli,
lei NON PUO' scrivere "tutti gli osservatori" eccetera. TUTTI è parola impegnativa. Per esempio noi, pur nelle nostre miscroscopiche dimensioni, non ci riconosciamo in quel TUTTI (quindi non parli anche a nome nostro). Ma potrei farle un lungo elenco di media molto più importanti del nostro, che non sono inquadrabili, come fa lei arbitrariamente, fra quelli che "avevano creduto di capire". E' invece fuor di discussione che:
-a) il suo giornale ha contribuito a far sembrare sempre nuova la stessa aria fritta che circola da mesi. Sempre quella, come il "ricircolo di aria interna" dei condizionatori auto.
-b) noi non ci sentiamo di appoggiare il suo implicito peana alla imparzialità del Corrierone, per dei FATTI che lei, pur nel nobile tentativo di difendere un giornalista del Corsera, a tutti noto come il principe dei cerchiobottisti, non può aver dimenticato. In particolare:
-1) Lei non ignora che il Corriere ha conosciuto MOLTE epoche buie e prive delle necessarie premesse di indipendenza. Non era indipendente il Corriere degli Agnelli, come tutti sanno, e meno ancora quello dei Romiti. Non lo è stato quello dei piduisti Rizzoli, Tassan Din, Piero Ostellino (tuttora in "forze" al suo giornale).
-2) Non lo è stato neanche quello che si è schierato, nel 2006, per il Centro-Sinistra (può darsi che sia uno modo di schierarsi che ci ha fatto piacere, ma sempre di "schierarsi" si è trattato).
-3) Infine, non ci piace (non ci abbiamo mai creduto, mai ci crederemo, e la troviamo alquanto truffaldina) questa storia di un grande medium non schierato, i cui padroni sono solo i lettori. Come lei sa meglio di me, i lettori non contano una mazza; quando il Corriere si è "schierato col centro-sinistra" ha perso lettori di destra, e ne ha guadagnati altrettanti dal centro-sinistra. Nessuno è eroe, è tutti "teniamo famiglia". Al Corriere, alcuni storici cerchiobottisti "tengono famiglie", sembrerebbe, ancor più numerose ed esigenti che altrove.
Cogliamo l'occasione per inviare i nostri più cordiali saluti a Ostellino, a Galli della Loggia, a Panebianco, a Magdi Allan, a Sergio Romano, e a tutti quei giornalisti del Corrierone che non fanno politica.
Tafanus
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