Sono passati circa due anni. Dico circa perchè la tragedia di New Orleans non ha un giorno ed un'ora precisa. Tutto è accaduto a cavallo fra fine agosto 2005 ed inizio di settembre. Una tragedia largamente prevedibile, perchè da giorni Katrina passava da categoria due a tre, quattro, poi cinque, la più devastante. Si sapeva che sarebbe arrivato a New Orleans con la massima intensità. Si sapeva che gli argini del "Grande Fiume" non avrebbero retto. Si sapeva che nel momento in cui gli argini avessero ceduto, l'80% della città sarebbe finita sott'acqua.
Azioni preventive? L'invio di acqua, bare, cibo. E l'invito ossessivamente ripetuto da radio e TV ad evacuare la città, rivolto ad una popolazione di cui il 90% non aveva alcun posto in cui andare, e comunque non aveva alcun mezzo economico per andarci. Quando Katrina è arrivato, e gli argini si sono sbriciolati, la maggior parte della popolazione ha iniziato a vivere un incubo senza fine. Giorni e giorni sui tetti, ad aspettare che la Guardia Nazionale, la Polizia di Stato, i Federali, si mettessero a fare qualcosa.
Il Superdome trasformato in un incubo nel quale alla fine 60.000 affamati, assetati, sporchi, potevano vivere solo sdraiati sulle proprie feci. Quando l'acqua ha iniziato a ritirarsi, è stato persino peggio. Carogne di animali e di uomini (scusate per la crudezza del linguaggio, ma di questo si è trattato), sono rimasti per giorni a imputridire per le strade, senza che nessuno li portasse via. I saccheggi (per necessità e per rabbia) hanno dominato la scena. L'unica attività nella quale le istituzioni americane hanno dato il meglio di se è stata la pronta organizzazione di squadre armate antisaccheggio.
Bush si è commosso dall'alto, sorvolando New Orleans da 8000 metri, a bordo dell'aereo presidenziale. Due giorni dopo l'inizio del dramma, Rumsfield era irreperibile; Condoleeza Rice è stata fotografata e fischiata da una folla inferocita mentre faceva shopping da Ferragamo. Bisogna capirla, il giorno dopo non avrebbe potuto, perchè aveva già preso un impegno per palleggiare con Monica Seles al Tennis Club. Tutto vero, tutto documentato.
Nei primi momenti si discuteva se i morti fossero 45 o 53: oggi si sa che quelli accertati sono stati, nella sola New Orleans, 1250, e ci sono ancora 2500 "dispersi". Peggio delle Due Torri. Solo che questi morti di New Orleans erano molto più prevedibili, e quindi evitabili. Morti annunciati, ma non erano tycoons della borsa o della finanza. I morti, nella quasi totalità, sono stati neri, ispanici, poveri cristi che il Grande Fiume ha portato via, perchè coi loro mezzi non sono stati in grado di obbedire in tempo all'invito delle "autorità" di evacuare la città.
Per la cronaca, i primi autobus sono arrivati al Superdome 5 (cinque) giorni dopo l'arrivo di Katrina. Grande America! ha impiegato due giorni per portare aiuto ai popoli colpiti dallo tsunami nel Pacifico, e 5 giorni per andare dagli USA agli USA.
Gli "evacuati" sono stati prima divisi per sesso, età ed altri criteri (escluso il criterio del nucleo familiare). Tutto nel caos più totale. Alcuni nuclei familiari hanno impiegato mesi solo per ristabilire i contatti, ritrovarsi... Dicevi "mandatemi ad Atlanta, ho un fratello..." ma eri già sul bus per Huston, e Huston sarebbe stato...
Tafanus
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L'articolo riportato sotto è tratto dall'Espresso del 15 settembre, due settimane dopo l'arrivo di Katrina. Ancora il 15 settembre, la portata della tragedia non era chiara nelle sue dimensioni reali.
L'uragano Katrina, con la sua scia di morte e devastazione, ha scoperto anche l'altra faccia degli Usa. Popolata da masse di neri poveri, abbandonati per giorni a se stessi. Prima che si mettesse in moto la macchina dei soccorsi
di Enrico Pedemonte
Quando arriviamo davanti alla Michel Seventh Grade School, nel quartiere storico di Biloxi, in Mississippi, stanno giungendo i pullman per l'evacuazione. Le 400 persone che per una settimana hanno dormito in questo centro allestito dalla Croce rossa, su brandine accatastate una accanto all'altra nelle aule, si stanno mettendo in coda. La scuola è stata dichiarata inagibile, dopo cinque giorni di servizi igienici guasti, quando i casi di dissenteria sono saliti a 20. Sparsi sul piazzale, gli ospiti del centro sono quasi tutti neri. I pochi bianchi, forse una ventina, sono tutti anziani.
Pat Rooney, una nera sessantenne, dice che i pullman sono diretti in Georgia. Lei ha perduto tutto, racconta mostrando i palmi delle mani. La sua casa è stata distrutta, ridotta dall'uragano Katrina a un cumulo di assi di legno. Quello che le resta è dentro una grande borsa di tela jeans nelle mani del marito che le sta accanto. Persino la maglietta bianca che indossa, con la scritta "Don't mess with Texas" (non scherzare con il Texas), le è stata regalata da un volontario della Croce rossa, texano, perché lei non aveva più niente da indossare. Il marito lavorava in un cantiere di barche, anch'esso ridotto in macerie: "Vada a vedere che cosa è accaduto sul litorale.".
Non è facile arrivare al mare. Le strade sono ingombre di detriti: travi, rami, pezzi di automobili, cartelloni stradali divelti, animali morti. Qua e là ronde di poliziotti armati controllano i documenti, cercando di prevenire i saccheggi. La sagoma di uno dei casinò di Biloxi e una gigantesca insegna che ha miracolosamente resistito alla furia di Katrina ci guidano alla spiaggia. La casa da gioco è in piedi, ma tutto intorno è un campo di battaglia, con decine di case in briciole, ridotte a cataste di legno informi.
Molti pescatori sono probabilmente morti, la maggioranza delle barche è andata perduta. Torniamo a nord, verso la Junior High School, dove è stato allestito uno dei ricoveri più importanti della città. Un paio di giorni fa una giornalista dell'Associated Press ha scritto di aver visto un folto gruppo di militari che giocavano a basket e facevano aerobica proprio accanto alla scuola, dall'altra parte della Irish Hill Road. La notizia ha creato scalpore, in un paese dove l'inefficienza degli aiuti in Mississippi e Louisiana sta scatenando polemiche politiche e razziali. Possibile che centinaia di giovani militari passassero il tempo a divertirsi mentre a due passi da loro migliaia di persone, in larga misura neri, erano a corto di cibo e di assistenza medica? E mentre a New Orleans, a 70 miglia da qui, decine di migliaia di senza casa - anche in questo caso quasi tutti neri - morivano per i mancati soccorsi?
Qualcuno si è chiesto se i militari della base sarebbero stati mobilitati se in pericolo fossero state migliaia di bianchi. Anche qui, alla Junior High School, gli ospiti sono soprattutto di colore. Sam Gordon, un ragazzo nero con un figlio piccolo in braccio, faceva lo sguattero in un ristorante nei pressi del casinò. Il locale non esiste più, e neppure la casa di Sam. Gli chiediamo perché non sia scappato prima, quando l'allarme è stato lanciato, invece di restare e rischiare la vita con un figlio piccolo. Sam risponde secco con una domanda: "Per andare dove?". Poniamo lo stesso interrogativo a un'altra decina di persone, mentre cominciano le operazioni di carico sui pullman. Tutte ci rispondono con freddezza, scuotendo la testa: "Per andare dove?". Questo interrogativo risuona in tutto il paese, sulle televisioni, sui giornali, nelle dichiarazioni dei leader politici, persino di quelli conservatori. L'allarme lanciato prima dell'uragano è stato raccolto solo da chi aveva un'auto a disposizione e una carta di credito per pagare un albergo a tutta la famiglia. Gli altri, in assenza di soccorsi da parte dello Stato o del governo federale, sono rimasti qui.
Negli Stati del Sud, durante le esercitazioni scolastiche per fronteggiare i disastri naturali, insegnano che in caso di uragano l'unica risorsa è attaccarsi forte ai tubi del cesso, gli unici ben ancorati al terreno all'interno di case di legno senza fondamenta. Ma in questo caso quel consiglio è servito a poco. E così la tragedia ha sbattuto in faccia agli americani una realtà di cui si preferisce non parlare: quella della povertà delle minoranze di colore e della loro segregazione sociale. Improvvisamente i piccoli schermi si sono riempiti di immagini di neri.
Erano nere le migliaia di persone stipate al Superdome di New Orleans che hanno agonizzato cinque giorni prima di essere messe in salvo. Erano neri i morti ai bordi delle strade e quelli che emergevano dalle acque limacciose che hanno invaso la città. Neri anche i ragazzi che saccheggiavano i negozi, e neri i cecchini che sparavano impazziti contro i soccorritori. I militanti dei movimenti per i diritti civili hanno tirato fuori dai cassetti ricerche e articoli scritti negli ultimi anni in cui la tragedia era prevista nei dettagli. Secondo un sondaggio condotto nel 2003 dalla Louisiana State University, il 31 per cento degli abitanti di New Orleans prevedeva di restare nella propria casa anche in caso di un uragano di categoria 4. Ma erano i cittadini più poveri, i meno istruiti, i più vecchi, gli handicappati, a rispondere così. Erano quelli che non avevano possibilità di viaggiare, che non conoscevano altro che la loro città, o il loro quartiere, che sono i più poveri e i più neri d'America.
Mississippi e Louisiana condividono questi primati: primo e secondo posto nella classifica dei derelitti, con 21,6 e 19,4 abitanti su cento al di sotto della soglia di povertà; secondo e terzo per la percentuale di neri, il 37 e il 32 per cento del totale. E questa associazione - tanto più alto è il numero dei neri quanto più numerosi sono i poveri - offre un'immagine lampante di come colore della pelle, segregazione e povertà siano legati negli Stati Uniti, e del perché queste aree, che un secolo e mezzo fa videro fiorire il peggiore schiavismo, siano ancora oggi le regioni più misere del paese.
I turisti che frequentano il quartiere francese di New Orleans e passano le serate nei jazz club del Mississippi non si accorgono della miseria degli slums che circonda hotel e ristoranti. Sono protetti da un efficiente sistema di sicurezza che isola la violenza nei quartieri poveri e punisce severamente con il carcere ogni devianza.
Negli ultimi vent'anni di "tolleranza zero" verso ogni tipo di criminalità, negli Stati uniti il numero di carcerati è esploso a 2 milioni 131 mila, 40 volte più che in Italia (che ha una popolazione cinque volte minore). Ma l'aspetto paradossale di questo record mondiale americano è che 940 mila di questi carcerati sono neri: il 13 per cento della popolazione Usa contribuisce per il 44 per cento alla comunità carceraria. L'uragano Katrina ha rimesso questa tragedia sociale, di cui mai si parla nella grande politica americana, al centro dell'attenzione nazionale.
E così le accuse all'amministrazione Bush hanno assunto toni veementi. William Jefferson, rappresentante democratico della Louisiana al Congresso, ha detto in tv che se i senza casa di New Orleans non fossero stati neri e poveri non sarebbero stati lasciati senza aiuti per cinque giorni. John Lewis, un nero della Georgia membro del Black Caucus, ha suggerito che in Louisiana e in Mississippi "tra chi si è salvato e chi è morto c'è stata solo una differenza di povertà, età e colore della pelle". Il reverendo Jesse Jackson ha aggiunto: "Molti neri sentono che la razza, le condizioni economiche e le opinioni politiche sono state un fattore che ha determinato la lentezza degli aiuti".
Lo shock collettivo provocato dall'uragano è destinato a lasciare un segno indelebile. L'umiliazione di aver offerto un'immagine da Terzo mondo a livello internazionale sta provocando reazioni a catena, ed è probabile che condizionerà l'agenda di Bush nei rimanenti tre anni. È assai difficile, a questo punto, che il presidente riesca a privatizzare le pensioni e a tagliare ulteriormente le tasse. Proprio nei giorni dell'uragano, il Census Bureau ha dato una mano agli oppositori di Bush pubblicando gli ultimi dati sulla povertà, segnalando che il numero dei poveri, nel 2004, è cresciuto ulteriormente di 1,1 milioni di persone. L'aumento continua dal 2000, dopo il calo registrato negli anni Novanta. Ormai i poveri sono più numerosi che negli anni Settanta, nonostante l'inarrestabile crescita economica. Ma di tutto questo non si sarebbe accorto nessuno se l'uragano Katrina non avesse obbligato questa gente ad abbandonare le proprie case distrutte e a finire in televisione, facendo vedere agli americani che anche negli Usa esiste un invisibile Terzo mondo [...]
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...forse io e Marisa siamo stati fortunati, perchè siamo riusciti a fare un breve soggiorno a New Orleans prima della sua distruzione. Ne abbiamo un ricordo struggente, e per questo il silenzio che ha avvolto il "dopo-Katrina" ci fa ancora più male. La povertà era appena fuori dal nostro bellissimo albergo, ma era una povertà che non ti feriva, perchè era una povertà dignitosa e allegra. A sera, e fino a tarda notte, in Basin Street era un brulicare di decine di migliaia di neri col sorriso dipinto sulla faccia. Caciaroni, cordiali, coinvolgenti. La loro vera natura di poveri - poveri l'avremmo scoperta solo quando, per la millesima volta, abbiamo sentito qualcuno di loro, nel post-Katrina, rispondere con rassegnazione all'ennesimo giornalista cretino che chiedeva "perchè non siete andati via prima?". La risposta era sempre uguale: andare dove? andare come?
Ecco, abbiamo scoperto solo allora, con raccapriccio, che la New Orleans vera non era quella brulicante di allegria di Basin Street e del quartiere francese, ma quella che, quando la morte ti arriva in casa, largamente annunciata, non può farci niente. Può solo aspettarla, e sperare di farcela...
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