complimenti per la trasmissione! (come ormai è obbligatorio dire). Lei questa sera ha preso una lodevole iniziativa, che è quella di intervistare, senza contraddittorio, il figlio del Commissario Calabresi, ucciso 35 anni fa perchè ritenuto da alcuni corresponsabile del "suicidio" di Pinelli.
Particolarmente lodevole l'iniziativa di ricordare con mezzo minuto di silenzio che non tutte le vittime sono uguali, nel senso che mandanti ed assassini, una volta scontata la pena, hanno il diritto di ritornare ad una vita piena e normale, mentre Calabresi padre non c'è più, e il dolore della moglie e dei figli di Calabresi non si estingueranno mai. Fine pena, mai, come si scrive per gli ergastolani.
Bravo, condivido.
Smetto però di condividere quando lei si è scordato (scordato?) di associare, in questo nobile discorso e nel mezzo minuto di silenzio, altre vittime: la moglie e i figli dell'anarchico Pinelli. Perchè vede, tre cose sono emerse, negli anni, per tabulas, in maniera inequivoca:
-1) Pinelli, con la bomba di piazza Fontana, non c'entrava un cazzo.
-2) Pinelli, che veniva fermato ogni volta che c'era da dare rapidamente in pasto ai giornalisti un nome, è entrato in via Fatebenefratelli vivo, e ne è uscito morto.
-3) Pinelli, morto al terzo giorno di fermo, era nelle mani della questura e di Calabresi ILLEGALMENTE: il fermo di polizia aveva una durata massima, per legge, di 48 ore.
Io, vede, non do la colpa al Commissario Calabresi (rispetto le decisioni della magistratura SEMPRE, quando mi piacciono e quando non mi piacciono). Però è un dato di fatto che Pinelli, da quella stanza al quarto piano, sia uscito solo per sfracellarsi nel cortile della questura. E' un dato di fatto che bisogna mostrare "pietas" per i familiari di Calabresi, ma bisogna mostrarne almeno altrettanta per la moglie di Pinelli, alla quale LE ISTITUZIONI hanno portato via di casa un marito vivo, ed hanno restituito un cadavere, dopo esame autoptico.
Un Commissario di Polizia a Milano negli anni di piombo potrebbe anche aver dovuto mettere in conto (anche se questa cosa è crudele) il "rischio professionale" del mestiere. Un ferroviere no. E' anche per questo, e non solo per questo, che lei dovrebbe vergognarsi per l'incipit della sua trasmissione.
I funerali dell'anarchico Pinelli (di Enrico Baj)
Tafanus
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