Io non credo che sia impossibile in un Paese moderno sradicare le organizzazioni armate che sul suo territorio, o partendo dal suo territorio, uccidono, controllano, estorcono, corrompono.
Dopo la strage di Duisburg scopriamo che sulla ’ndrangheta si sa quasi tutto. Tv e giornali hanno pubblicato l’elenco delle famiglie e i nomi dei principali appartenenti a ciascuna di esse, il numero di affiliati, l’entità del giro di affari e i settori di intervento.
Un quotidiano ha dedicato due pagine a una grande mappa con la geografia degli interessi della organizzazione criminale. In Russia la famiglia Mazzaferro acquista banche e alberghi. In Australia le famiglie Timboli, Sergi e Barbaro si occupano di lavori pubblici e controllano il gioco d’azzardo. In Salvador le famiglie Nirta acquistano cocaina. E così via, girando per il mondo.
Ma se sappiamo così tante cose perché non riusciamo a stroncare l’organizzazione?
Se sinora è mancato il risultato, nonostante lo sforzo che c’è ed è considerevole, è segno che serve una impegno politico nuovo ed una nuova strategia. La presenza di bande armate di questa dimensione sul territorio dello Stato è una questione democratica prima che criminale e come tale va affrontata.
Ciò che rende le diverse mafie pressocchè invulnerabili, nonostante gli arresti e i processi, è la loro non estraneità al contesto economico, sociale e politico, di modo che è difficile un’azione di sradicamento senza toccare corposi interessi dell’economia e della politica, che si ribellano, ribaltano le accuse sui magistrati e sollevano polveroni.
Il carattere democratico della questione mafiosa nasce da questo intreccio. Il terrorismo rosso fu sbaragliato nell’arco di pochi anni non solo per l’impegno ideale, politico e operativo, ma anche perché era un corpo estraneo alla società italiana. La lotta contro le mafie è più difficile proprio per la loro non estraneità alla società del territorio dove sono radicate. Tuttavia non si tratta di una piovra misteriosa e inafferrabile. Si tratta di uomini, danaro e legami. Bisogna arrestare e condannare quegli uomini, sequestrare e confiscare il danaro, tagliare i legami. E agire con continuità, adeguando sempre i mezzi di risposta ai mutamenti dell’avversario.
Occorre una inflessibile determinazione, cominciando dalle cose apparentemente più piccole. A San Luca da dodici anni, ripeto da dodici anni, si tenta invano di costruire una caserma dei carabinieri. Sinora hanno avuto la meglio le minacce di morte e l’incendio di una ruspa. La caserma non c’è, lo Stato non ce la fa, vince la ‘ndrangheta. Nel luogo ove doveva esserci un presidio di legalità restano le fondamenta e i primi pilastri, monumento della forza della ‘ndrangheta e della debolezza dello Stato. Perchè i ragazzi di quel paese, di fronte a questo scandalo, dovrebbero credere alla legalità della Repubblica e non alle sollecitazioni del padrino di turno? La costruzione di quella caserma può diventare la prima pietra di una nuova determinazione democratica. Se non è possibile costruire l’edificio per vie ordinarie, si chiami il genio militare. Si dia il segno che non si è né inerti, né collusi, né arresi [...]
Rispondere alle domande aiuterà a ripartire con autorevolezza, efficacia e rapidità. Esistono poi alcune questioni tecniche. Il processo penale consente una sorta di patteggiamento in grado di appello che, come ha recentemente denunciato il magistrato che si occupa della strage di Duisburg, dottor Gratteri, riesce a ridurre una pena di 24 anni a otto o nove anni. È compatibile questa indulgenza con la “tolleranza zero” contro le mafie? oppure il rigore vale solo per i rom e i marocchini?
L’aggressione alle ricchezze mafiose segna il passo. Dal 1992 al 2006 si è confiscato solo il 15% dei beni sequestrati e quindi se ne è restituito l’85%. Alla ‘ndrangheta, che avrebbe un giro di affari pari a 22 miliardi di euro, sono stati confiscati negli ultimi quindici anni beni per poco più di 44 milioni di euro (dati Dia). Esagero se dico che è vergognoso per tutti noi questo stato di cose?
Ma non è impossibile girare pagina. L’attuale Commissione Antimafia ha avanzato proposte serie e incisive che, messe in atto, ci aiuterebbero a superare le attuali difficoltà.
So bene che esistono anche problemi di carattere politico, economico e sociale. Ma a mio avviso è necessario sfuggire al sociologismo o al politicismo attaccando presto e con durezza. Se l’attacco funziona, l’esperienza dice che il resto seguirà.
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Intanto, per incrementare il già elevato senso civico italiano, tale Massimo Calearo, Presidente della Federmeccanica e degli industriali vicentini (dunque non uno della bocciofila delle "ombre"), sposa le tesi strampalate del Padano dal cervello in fumo, e cioè lo sciopero fiscale. E poco conta che parecchi si siano dssociati, perchè il Massimo (maiuscolo) ricopre una carica elettiva, e quindi il Calearo-Pensiero è ev identemente condiviso da chi a quella carica lo ha eletto:
ROMA - "La logica dello sciopero fiscale ci è estranea, non appartiene alla cultura degli imprenditori". A Viale dell'Astronomia, sede della Confindustria, prendono le distanze dalle parole pronunciate dal presidente della Federmeccanica e degli industriali vicentini, Massimo Calearo, al meeting di Cl a Rimini. Parole imbarazzanti che finiscono per rimettere alcuni settori imprenditoriali tra gli alfieri dell'antipolitica a buon mercato.
"Le stupidaggini bisogna lasciarle dire a Umberto Bossi", spiega Alberto Bombassei, vicepresidente della Confindustria e uomo del nord, nato a Vicenza, come Calearo, ma imprenditore nel bergamasco, comunque terra leghista. "Nessuno di noi - aggiunge - può realisticamente pensare a ipotesi di quel tipo. Nessuno auspica o immagina lo sciopero. Altro discorso è dire che la pressione fiscale è troppo alta, oppure che bisognerebbe andare verso un vero federalismo fiscale".
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Nel frattempo il Cav. viene beccato dal notaio a costituire il nuovo (?) partito, denominato Partito delle Libertà (in contrapposizione agli altri partiti, specie di sinisra, che sono chiaramente Partiti della Schiavitù. La dirigenza è di tutto rispetto: Berlusconi Presidente. Michela Vittoria Coscialunga Brambilla Segretario. Simbolo del partito: una giarrettiera.
Nulla si sa, per il momento, sui vice. Escludendo che i Bondi, i Cicchitto e gli altri del direttorio di Forca Italia vogliano abbandonare il certo per l'incerto, si ipotizza uno staff tutto al femminile: Iva Zanicchi, Mara Carfagna, Flavia Vento, Marcella Bella, Elisabetta Gardini, la Carlucci, Angela del Grande Bordello e, se ci sarà un colpo di fortuna, Rita Pavone.
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