Di Pietro e Fini "tagliano" insieme i costi della politica - La proposta stima un risparmio di circa 600 milioni di euro. Previsti al massimo 17 ministri - Fini: "Rischiamo il funerale della democrazia". Di Pietro: "Prodi ristrutturi la squadra"
DI CLAUDIA FUSANI - Repubblica.it
ROMA - Un governo con diciassette ministri e un massimo di 62 persone tra sottosegretari e viceministri. Riduzione dei rimborsi elettorali, snellimento della Presidenza del Consiglio "ridotta" a staff di supporto, blocco degli automatismi negli stipendi dei parlamentari e taglio del 30 per cento degli stipendi dei ministri. E così via per 32 articoli suddivisi in due grandi capitoli, il primo riduce la spesa degli organi istituzionali e dei rimborsi elettorali; il secondo interviene sulla trasparenza delle attività di rappresentanza politica, sindacale e di relazione istituzionale. Il risparmio stimato non è tantissimo - circa 600 milioni di euro - ma è all'incirca un ottavo del costo totale della politica (circa 4 miliardi euro). Soprattutto dietro le norme c'è un'impostazione diversa della cosa pubblica e i partiti tornerebbero ad essere "socialmente utili e non solo privatamente interessati".
Maggioranza ed opposizione insieme per ridurre i costi della politica, il leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro e il presidente di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini, Gianni Alemanno e Antonio Bonfiglio (An) e Silvana Mura (Idv) seduti allo stesso tavolo in una saletta dell'hotel Nazionale in piazza di Montecitorio a spiegare il loro comune disegno di legge. A vederli così potrebbero sembrare le prove generali del dopo crisi di governo. A sentirli parlare, la loro è invece e solo coscienza e responsabilità istituzionale. "Se non facciamo qualcosa di concreto, omogeneo e credibile adesso, il prima possibile, rischiamo di celebrare il funerale della democrazia" dice Fini, e non per andare dietro a un comico (Beppe Grillo, ndr.), "ma perché basta andare in autobus o a fare la spesa per capire che la credibilità della politica non è mai stata così in basso e l'ostilità così in alto". Di Pietro la dice a modo suo: "Siccome stanno spuntando disegni di legge da tutte le parti, ognuno fa la gara a presentare il suo (vedi il battibecco ieri tra palazzo Chigi e Bertinotti ndr) e poi però nessuno decolla veramente, ne facciamo uno tutti insieme, maggioranza ed opposizione, e così vediamo chi ci fa e chi ci marcia". Tradotto: chi fa solo della propaganda e chi invece lo vuole davvero.
Di Pietro e il "coraggio" di Prodi - Si era creata molta attesa per questa iniziativa comune Idv-An. Non che sia la primissima volta - stavano dalla stessa parte della barricata anche per i referendum di modifica della legge elettorale - ma di sicuro oggi fa ancora più effetto con i rumors di crisi e gli occhi puntati proprio sull'agitazione dei centristi, da Di Pietro a Mastella passando per Dini. Di Pietro chiarisce che lui "non farà il cavallo di Troia per l'opposizione" e che finché ci sono i numeri lui è fedele. Certo tra le proposte del disegno di legge c'è la riduzione dei ministri. E allora che fa Di Pietro, si dimette e lascia il suo dicastero per coerenza con la necessità di tagliare i costi? "L'Italia dei valori chiede di ristrutturare, di tagliare 6-7 ministeri e si mette a disposizione. Deve decidere Prodi, se ne ha coraggio. Io avrei già deciso". Per ulteriore chiarezza su chi-sta-con-chi, Fini alla fine saluta così: "Adesso io vado a cercare di far cadere Prodi; Di Pietro va a dargli una mano per stare su" [...]
...una lettrice, in un commento, si chiede cosa stia succedendo... qui siamo alla gara a chi è il più grillo del reame... Di Pietro ottiene il bollino blu dal comico, si allea con quell'altro maestro di Democrazia che è Fini (quello che Mussolini è stato il più grande statista del secolo), ed entrambi fanno a gara di demagogia col Maestro Supremo. Fini fa il suo mestiere, che è quello del suo stile d'opposizione: butta la merda fra le pale del ventilatore, e aspetta per vedere come va a finire. Di Pietro sente l'odore del sangue, e già da un anno abbondante si "riposiziona"; Grillo fa il suo mestiere di comico, ed in cuor suo si starà chiedendo se davvero tutta 'sta gente se la stia facendo addosso per una cosa che è già morta prima di compiere un mese di vita...
In questa allegra brigata mancano Michela Coscialunga Brambilla (ma è da capire, fra tre giorni ha la "convenscion" nazionale dei circoli della libèrta), Gentilini, Borghezio, Tecoppa, O Pazzariello, e Pippo Franco. Poi la squadra sarà al completo.
La demagogia è bella perchè ha qualcosa di misterioso: per esempio, non è chiaro se dopo la riunione Di Pietro correrà a dimettersi da Ministro, per avvicinare coi fatti all'obiettivo il numero dei ministeri; nè quale dei suoi viceministri farà dimettere, sempre per lo stesso obiettivo. Non è neanche chiaro, dovendo ridurre così drasticamente il numero dei ministeri, quali tipi di accorpamenti abbia in mente: sanità con agricoltura e foreste? lavori pubblici con pari opportunità? Ci faccia sapere, così possiamo iniziare a ragionarci su.
Fini non ha paura di Grillo. E' uno statista puro. Questa cosa della riduzione dei membri del governo a "un massimo di 62 persone" gli è venuta in mente adesso, così, per puro caso. Quando lui era in un governo di 98 membri, non ci ha pensato. Se gli fosse venuto in mente allora, sicuramente avrebbe rinunciato, senza pensarci su un solo istante, alla prestigiosa poltrona di Ministro degli Esteri. Quella che gli permetteva di sfilare per Londra sulla carrozza Reale, accompagnato da Lady Daniela Di Sotto (meglio nota come "io pè Storace me so rrotta er culo).
Andiamo a casa, per piacere. Andiamoci da soli, dignitosamente, prima di esserci mandati da Di Pietro, che ha fretta di perdere la poltrona da ministro; o da Fini, che ha fretta di riconquistarla; o da Dini in Zincone che, memore delle esperienze del '93, spera di essere chiamato ancora una volta a fare il burattino di transizione. Andiamo a casa. E l'ultimo che esce, si ricordi di spegnere la luce.
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