Dopo la piccola parentesi che mi sono preso riprendiamo
proprio con l`argomento interrotto che pare sia improvvisamente diventato
attualissimo proprio in queste ore. Vi avevo detto che in ogni sistema
economico esiste una relazione più o meno complicata tra la quantità di denaro
(non solo il contante, ma tutti gli strumenti universalmente accettati che
possono essere ad esso assimilati, quali affidamenti bancari da utilizzare,
margine utilizzabile di carte di credito e bancomat, titoli convertibili a vista
e senza costi in contanti ecc.) e quantita di beni reali presenti nel sistema
stesso. Mi spiego: immaginiamo un semplicissimo sistema in cui esistono solo
soldi e panini alla mortadella. Ora se la base monetaria (nome tecnico di
quello che io artigianalmente ho chiamato “denaro in circolazione”) é pari a
100 euri ed esistono 10 panini, si può supporre che ciascuno verrà venduto a 10
euri cad., che verranno incassati dal venditore che produrrà a sua volta altri
10 panini, pagando 100 euri di salario agli operai che a loro volta
ricompreranno I panini così prodotti. Voi capite che a 100 euri corrispondono
10 panini a 10 cad. Ma se io produttore di panini potenzio la mia fabbrica e
produco 12 panini invece di 10 potrebbero succedere due cose: a) la più
naturale, aumentando l`offerta cala il prezzo a 8,33 cad., con vantaggio dei
consumatori, oppure se il produttore vende sempre a 10 e per esempio due
acquirenti trovano un banchiere che fa loro credito di 10 ciascuno abbiamo che
il prezzo dei panini é sempre 10 mentre la base monetaria é aumentata a 120 di
cui cento medio circolante (= valore totale del denaro contante) e 20 in moneta
scritturale (quella creata dal credito bancario a vista).
Terza possibilità: la fabbrica sforna sempre 10 panini ma
arriva Berlusconi che vuole mangiare per tre, avendo a disposizione il Doris di
Mediolanum che gli fa credito per I soliti 20 euri. Allora accade l’opposto del
punto a) ovvero vi é eccesso di domanda a parità d’offerta e quindi il prezzo
di ciascun panino sui dieci esistenti sale da 10 a 12. Altra conseguenza non
trascurabile é che noi abbiamo I panini a 12, gli operai a 10 di salario e
Berlusconi con 10 del suo profitto e 20 di credito amichevole. Morale qualcuno
digiunerà ma non sarà Berlusconi. Questa per capirci non é demagogia spicciola
applicata alla macroeconomia, ma il fondamento della teoria dell’inflazione da
domanda che capite é la tassa più ingiusta perché colpisce il povero e fa più
ricco chi già é ricco. Adesso senza
tanto complicare le cose trasportiamo questo semplice concetto sugli odierni
mercati finanziari ed immobiliari. (difatti si le attività finanziarie quali
titoli, azioni e derivati come gli immobili sono sempre beni come I panini)
Ora nel recente passato abbiamo visto le autorità
monetarie immettere liquidità nel sistema a piene mani per cercare di
ristabilire la fiducia dei mercati la conseguenza pratica di ciò é stato
aumentare la base monetaria. Ma se a tale aumento non viene a corrispondere un
ragionevole aumento (anche non proporzionale) dei beni disponibili sul mercato
avviene inevitabilmente quello a cui stiamo oggi assistendo cioè un crollo dei
prezzi. Difatti per l’immobiliare abbiamo (almeno in USA) un contenuto eccesso
di offerta causa le nuove costruzioni - seppure in calo - e quelle già esistenti
messe sul mercato da chi non può più permettersele, a fronte però di una più
ristretta possibilità di credito (I banchieri ora stanno molto più attenti al
tipo di garanzia proposta ed al reddito del prospettivo cliente), come vi é
liquidità ferma nelle casse di molti. Conseguenza si cerca il buon affare o l’affare
sicuro offrendo prezzi sempre più bassi. Lo stesso sta accadendo sui mercati
finanziari dove vi é moltissima liquidità a causa degli interventi precedenti a
sostegno degli operatori, che ha ridato una certa fiducia, che a sua volta ha
creato domanda sull’esistente permettendo un recupero dei corsi. Ma detto
recupero doveva essere accompagnato da un aumento in termini reali della
produzione di beni e servizi, quindi da un sostegno di crescita, cosa che non
si é per il momento verificata in misura sufficiente, provocando dunque un nuovo repentino crollo dei
prezzi e temo un’altra crisi di fiducia. A complicare le cose si é aggiunta la
speculazione selvaggia sul petrolio che ha spinto al rialzo I prezzi in modo
repentino ed alcuni problemi di politica internazionale come l’allargamento del
conflitto irakeno alla Turchia.
Ora io ho introdotto questi argomenti solo per poter fare
alcuni ragionamenti inerenti al nostro modestissimo futuro di non super
abbienti. Innanzitutto é facile capire che chi ha risparmi investiti in
attività finanziarie dovrà un poco soffrire, ma io (posso sbagliarmi beninteso)
non sarei così pessimista, perchè almeno, per ora l`economia globale (difatti
per le ragioni che vi ho spiegato prima é quella al cui strategicamente
dobbiamo guardare) promette ancora
discreti margini di crescita. Invece é più complicata la situazione di chi ha
investito in mattoni mercé un mutuo. Io vedrei tre elementi di rischio.
Primo I tassi di interesse. Sgombro subito il campo da un’illusione contabile che I buontemponi della finanza allegra chiamano rata personalizzata o elastica, variabile e similia. Attenti che la rinegoziazione di un mutuo é faccenda costosissima per il cliente in termini di interessi. Difatti si allunga la durata senza ridurre il debito residuo e quindi si va a dare un premio favoloso al banchiere, senza poi contare che a volte l’allungamento si traduce pure in un sostanziale ritocco (in alto) al tasso praticato, fisso o variabile che sia. Se uno si diverte a far I conti per esempio con un piano francese a rata costante su un capitale di 100000 al 5% in 20 anni pago una rata annua di 7358,17 per un totale di 147163,4 ovvero un premio del 47,6 % al banchiere sul costo dell’immobile spese escluse. Invece se allungo a 30 anni la rata annua diventa 5783,01 (come é umano lei!), ma che alla fine costa in totale 173490,3, ovvero il 73,4 % di premio. La differenza tra le due cose é pari al 25,6 % del valore del vostro immobile da 100000 euri, ovvero ben un quarto. A questa meraviglia ci dovete poi aggiungere tutti I costi bancari, notarili e burocratici di trasformazione, che la legge Bersani in teoria dovrebbe aver abbattuto, ma che invece il Cipputi finisce sempre per pagare almeno in gran parte, mercé certi artifizi bancario-notaril-catastali di molto dubbia validità e forse anche legalità. Voi capite adesso perché molti banchieri si sbracciano ad offrire mutui e rate variabilissimi. Quindi attenti per dirla chiara cambiar la rata vuol dire veder sorci verdi.
Invece penso di poter darvi buone notizie sul fronte dei
tassi. Difatti le attuali tubolenze sui mercati hanno insegnato al sig. Trichet
e pagatissimi colleghi una certa moderazione. L`euro – anche per fattori
esterni quali la paritetica debolezza del dollaro – sta attraversando un
momento di forza che ci mette per adesso al riparo dall`inflazione da costi
generati dalle obbligatorie importazioni di materie prime e fonti di energia. Naturalmente
con la nostrana moderazione della speculazione giugulatoria dei nostri petrolieri
capitanati dall`ENI che pure é di proprietà nostra, ma che ci sfrutta spietatamente
a vantaggio dei soliti amici ed amici degli amici. Quindi nell’immediato futuro
certamente I tassi sull`euro non cresceranno e forse addirittura avranno dei
moderati ritocchi al ribasso.
(continua)
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