Autunno 1945, dal cielo cade su Norimberga la pioggia fredda del Nord. Le armi tacciono da sei mesi e una desolata Germania da anno zero vive la sua discesa all'inferno. La gente è stordita e rassegnata. La vita è un regalo avvelenato. Sui marciapiedi vagano ragazze disperate, la loro compagnia vale un pacchetto di sigarette. Non c'è famiglia che non pianga un morto, non c'è uomo che creda nel domani. Sono passati 62 anni, ma c'è ancora qualcuno pronto a negare che tutto ciò sia realmente avvenuto.
Il Terzo Reich a giudizio
Il primo a entrare nell'aula 600 del Tribunale di Norimberga è Hermann Goering, con una divisa stinta, senza gradi né mostrine. Della pattuglia di gerarchi nazisti che lo seguono silenziosi si sente il capo. Siede in prima fila, si mette la cuffia e si gira a guardare il pubblico con occhi ironici e arroganti. Sono le 10,03 del 20 novembre. «Se vostro onore permette - dice Robert Jackson, l'accusatore americano, rivolgendosi al presidente Sir Geoffrey Lawrence - ho il privilegio di aprire il primo processo della storia per crimini contro la pace».
Il processo del secolo
Gli imputati sono 21, il Gotha superstite del Terzo Reich. Mancano Hitler, Himmler e Goebbels, suicidi. Manca Bormann, sparito. Ci sono Goering, Hess, Frank, Ribbentrop, Speer e gli altri nomi eccellenti del nazismo. Le accuse sono: crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Parte civile: il mondo. I giornali, con scarsa fantasia, lo chiamano già il «processo del secolo», il processo alla lunga notte dei forni crematori.
Le condanne a morte
I lavori durano dieci mesi, 284 giorni, 417 udienze. Il 1° ottobre 1946 la sentenza. Nel silenzio dell'aula la voce di Sir Lawrence non ha vibrazioni: undici condanne a morte per impiccagione e anni di carcere a volontà. Goering dice «me ne frego» e riesce a farsi passare una dose di cianuro. L'esecuzione è nella notte del 16 ottobre. Su Norimberga cade un leggero nevischio e il vento agita le fronde degli alberi. Nella palestra del Tribunale hanno montato tre forche. Il primo a salire sul patibolo è Ribbentrop, l'ultimo Seyss-Inquart. L'inizio all'una e 11 minuti, la fine alle 2,54. I fotografi scaricano i flash sui cadaveri. Il Terzo Reich, nato nelle piazze, muore in palestra. Il generale francese Morel si rivolge ai presenti. «Ora tutto è finito», dice. E sul «processo del secolo» cala il sipario. Poche ore e i cadaveri sono cremati in un forno di Dachau. Le ceneri vengono disperse nell'Isaar, una lieve nuvola di polvere grigia che le acque del fiume portano lontano. «Non basteranno mille anni - aveva detto Frank prima di morire - per cancellare le colpe della Germania».
L'articolo è tratto da Marco Innocenti, inviato del «Sole 24 Ore» e autore di numerosi libri sugli eventi mondiali e sul costume del nostro Paese, racconta i grandi fatti del passato e come l'Italia li visse
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