Ieri il maiale-padrone e il maiale-servo hanno raggiunto vette di finto giornalismo raramente eguagliabili. Mi chiedo se il maiale-servo abbia mandato le domandine concordate a memoria, o abbia avuto addirittura davanti agli occhi il "gobbo", sul quale scorreva lo story-board con le domande da fare, la durata delle pause, i simboli per l'inserimento degli ammiccamenti, e persino i tempi d'inserimento degli stacchi pubblicitari, che ieri sono stati (è una mia impressione, per carità!) particolarmente sobri e brevi.
Apprendiamo che stasera ci sarà Veltroni, senza contraddittorio. Non mi sembra che fino a ieri se ne fosse parlato. Insomma, una scelta editoriale già fatta ed annunciata nei giorni scorsi, e maliziosamente trascurata da noi komunisti trinariciuti, o una sopravvenienza dettata dalla decine o centinaia di emails di insulti ricevute dal maiale-servo?
E buon per noi che questi non abbia pensato di organizzare un dibattito vero (come forse sarebbe avvenuto in Inghilterra, in Francia e persino nello Botswana) fra Confalonieri e Petruccioli. Quest'ultimo sarebbe probabilmente arrivato con un mazzo di rose rosse ed un vassoietto di pasticceria mignon da offrire a Confalonieri ed al maiale-anfitrione. Ci è andata ancora bene...
Rai-Mediaset, per Berlusconi un complotto di «iene e sciacalli» - Ma l'Authority avvia un'indagine
Non ha mai incontrato Veltroni, né ieri né oggi, e l'incontro sarà comunque successivo a quello con Fini già fissato per lunedì prossimo. Ma Silvio Berlusconi molto loquace per tutta la giornata anticipa prima ai cronisti e poi in tv da Ferrara ciò che dirà a Veltroni: che vuole votare subito con questa o con una legge riveduta in senso proporzionale. «La nostra posizione è molto chiara - dice in mattinata - chiediamo che debba cadere prima di tutto questo governo e andare al più presto alle elezioni, con questa legge elettorale oppure con una nuova legge elettorale in senso proporzionale». E a sera aggiunge di essere disponibile «per un bipolarismo fatto di due partiti e non di due coalizioni». Lui aspetta ancora la caduta di Prodi, adesso sul Welfare. E a quel punto «Veltroni sarà costretto a trovare l'accordo con noi per andare al voto con questo sistema o con un sistema in senso proporzionale». Insomma è convinto di essere ancora lui a guidare il gioco.
Contento di stare al centro dell'attenzione, dice qualcosa anche sulla "Cosa bianca", cioè l'invito rivolto da Casini a Fini - e da questo già rifiutato -per una forza comune. «Non commento: io non entro mai in casa degli altri», come a dire che non lo riguarda ciò che si agita nel suo campo, attorno al suo partito nuovo di stampo.
Poi entrando ad un pranzo con l'ambasciatore di Israele prende in esame la diffusione dei verbali su Rai-Mediaset, sostenendo che si deve «fare qualcosa» per difendere la privacy. Il leader di Forza Italia non ha dubbi: le intercettazioni pubblicate sulla stampa relative ai rapporti passati tra dirigenti Rai e Mediaset rappresentano un attacco contro di lui. «Sono abituato», commenta. Ma s'indigna: «Prendere questa situazione e farne uno scandalo è una cosa inaccettabile. Parlo di iene e di sciacalli e sono assolutamente convinto. È una cosa illegittima e bisogna andare fino in fondo».
Comunque a suo giudizio questo nuovo scandalo a proposito del suo strapotere televisivo non dovrebbe pesare nella trattativa sulle riforme. «Non credo», risponde il Cavaliere alla domanda diretta che sa di "moviolone" della Bicamerale.
Per lui il vero scandalo - dirà in serata ospite da Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni a "Otto e mezzo" - sono ancora una volta i giudici. «In Italia i cittadini non possono parlare al telefono tranquillamente» perché «i magistrati si comportano in una maniera contraria alla legge». Per lui «sono andati fuori di testa», «queste telefonate sono la normalità tra chi fa televisione».
Per il resto Berlusconi è convinto che il governo Prodi cadrà in ogni caso, la volta "buona" sarà ora sul pacchetto Welfare da inserire in Finanziaria. Il Cavaliere dice anche di essere stato «moderato» nel fare opposizione e che la maggioranza dell'Unione è comunque «in disfacimento». Anzi dice testualmente: «Ho visto nel disfacimento della maggioranza l'unico sistema possibile per chi fa opposizione. Ho chiesto - spiega - degli incontri ad alcuni senatori e nel linguaggio e nei comportamenti sono stato moderato» pensando che questi senatori «potessero avere anche dei registratori. Ho invitato loro a dirmi come stavano in Senato con i comunisti. Non è che ho fatto shopping».
Non ha tentato di comprare dei senatori, cioè, ma sostiene di essere stato «addirittura messo in croce da alcuni alleati perchè il mio tentativo di mandare a casa la maggioranza è andato in porto a metà». E a quel punto ha deciso di mettersi «in gioco» personalmente. «Io e Forza Italia», dice.
Tornando poi al conflitto d'interesse, risponde: «La legge esiste, e il presidente del Consiglio in 5 anni non è mai incorso in nessuna situazione di approfittare della situazione». Del resto nel salotto del suo ex consigliere Ferrara rivendica anche di aver governato bene per 5 anni e di aver ottemperato «all'85 percento» delle promesse elettorali.
_________________________________________________________________________________________
I tartufi del giornalismo
di FRANCESCO MERLO
Mi rendo conto che è difficile rompere le abitudini mentali, ma questo non è un articolo contro Silvio Berlusconi e la sua parte politica. Si sa che non c'è vera libertà di stampa senza sapienza di lettura, senza la libertà di chi legge. Ebbene, io mi prendo la libertà, scorrendo l'elenco dei giornalisti intercettati o coinvolti nelle intercettazioni Rai-Mediaset, di interessarmi a quelli che non ci sono, molto più che a quelli che ci sono. Vorrei insomma sottolineare non tanto la presenza di Mimun e Rossella, di Del Noce, Pionati e Vespa.
Ma l'assenza di Enrico Mentana, per esempio, che, all'epoca delle prime intercettazioni, era ancora il direttore del Tg5. Né troviamo in quell'elenco Mauro Mazza che era ed è il direttore del Tg2 e che anzi nelle intercettazioni esplicitamente viene bollato come inaffidabile. Sono eroi dell'informazione libera?
Più umilmente è probabile che siano, come la gran parte di noi, dei professionisti che coltivano i propri umori politici, i propri valori e la propria cultura con un rispetto per le notizie e una onestà che non sono oscurate né dalla dipendenza economica (è il caso di Mentana) né dalla militanza nel centro-destra (è il caso di Mazza).
Recentemente l'Ordine nazionale dei giornalisti ha radiato - anzi aveva radiato, visto che la Cassazione l'ha reintegrata - la direttrice di non so quale rivista pornografica, la collega Florence Odette Fabre, che non conosco, ma che, in aperto contrasto con il mio Ordine, non esito a definire collega. E' evidente che per pornografia qui si intende tutto ciò che attiene alla prostituzione, e cioè alla messa in vendita del proprio corpo e più in generale dei propri talenti. In questo senso anche la signora Odette merita, a pieno titolo, un posto nell'Ordine dei giornalisti, perché la pornografia della quale si è macchiata è persino migliore della pornografia praticata da quegli altri giornalisti che hanno venduto intelligenza e competenze, forse non il corpo ma certamente l'anima a un leader politico.
Con questa scettica premessa su una virtù eroica alla quale non credo, invito adesso a valutare sino a dove si sia spinta la pornografia, nel senso sopra indicato, di quei giornalisti della Rai e di Mediaset che concordavano i servizi e i servizietti da offrire a Berlusconi quando era capo del governo, e che si facevano non so se dettare o solo suggerire modi e tempi della propria professione dai migliori funzionari del berlusconismo nel campo delle comunicazioni, - Crippa Querci, la Bergamini - bravissimi nel loro mestiere.
Ho sempre pensato che un giornalista può stare, anche decisamente e faziosamente, con una parte politica, e si può legittimamente schierare, per esempio, con Silvio Berlusconi e il suo partito. Addirittura penso che nell'attuale Italia delle fazioni armate il giornalista più affidabile è quello consapevolmente fazioso, perché la consapevolezza gli detta la deontologia; il sapersi fazioso e il fare sapere che è fazioso lo costringono a non esserlo, e comunque tutta la sua attività professionale è trasparente e leale. Nella sua consapevolezza faziosa c'è infatti la dichiarazione di lealtà rispetto al lettore o al telespettatore.
Tutti conoscono la solare appartenenza di Giuliano Ferrara, ma pure il rispetto, la decenza e la libertà di cui dà prova. Penso che a Ferrara capiti di dare consigli a Berlusconi, ma sono certo che non prende ordini né da lui né tanto meno da Querci, dalla Bergamini o da qualcun altro. E dietro Ferrara, dietro al suo grande talento e alla sua importanza mediatica, ci sono molti giornalisti - e tanti li conosco - dell'impresa Berlusconi, suoi dipendenti o suoi fans politici o suoi elettori, che non gli hanno venduto l'anima.
Al contrario qui, in questo elenco di intercettati, ci sono quelli che da sempre e con forza si dicono al servizio della verità mentre poi trafficano sotto banco con il padrone politico. Fanno come qui preti che in nome della castità sono pedofili e in pubblico si battono pure contro la pedofilia, mostrandosi irreprensibili campioni di etica e di coerenza. In una parola sola: tartufi.
Ecco dunque cosa ci insegna quest'ultima tornata di intercettazioni, che - è vero - di nuovo viola la privacy. Di certo è spazzatura telefonica ma - lo abbiano già detto molte altre volte - in Italia non c'è nulla di più valoroso e di più pulito della spazzatura, visto che si arriva alla verità solo rovistando tra le scorie gergali e i rimasugli verbali. L'Italia, per gli studiosi dei rifiuti, è come la caramella: tra coloranti, dolcificanti, aggreganti chimici, acidi e aromi da laboratorio, la cosa più sana, la più ricca e la più trasparente è la carta che si scarta, è il residuo, è la monnezza. Nella spazzatura abbiamo scoperto la verità, gli umori, le fobie, i fastidi, i traffici, 'l'umano troppo umanò dei finanzieri, dei brasseurs d'affaire, dei palazzinari, dei banchieri, dei politici. Ora tocca alla monnezza dei giornalisti.
Non è infatti il conflitto di interessi, non è la miseria della politica che in queste intercettazioni vengono esposte. Ma è la professione, è il giornalismo. E non sto facendo una tiritera su quel giornalismo presunto anglosassone che non esiste, ma che ossessiona i nostri provincialissimi e insopportabili anglofili. Né è questione di indignazioni pelose, dei moralisti stagionali che condannano nell'altrui campo quel che elogiano nel proprio. Sospettiamo che vituperabili e deplorevoli pratiche siano, con dosaggi diversi, bipartisan. Ma oggi il dato incontrovertibile sono queste intercettazioni che illuminano un male operare avvenuto dentro il centrodestra.
E torno dunque a quell'Ordine dal quale ero partito. Molti in Italia avevamo già il sospetto che si trattasse di una bardatura corporativa, una specie di retaggio medievale nel mondo moderno delle professioni, dalle quali ormai giustamente si entra e si esce con grande libertà. Tutti possono praticare la storiografia, e il giornalista può vendere pizze: c'è una mobilità interprofessionale che è opportunità e ricchezza. Wittgenstein aveva una certa idea dello spazio e senza entrare nell'Ordine degli architetti progettò la casa di sua sorella, dirigendone i lavori.
Comunque sia, la discussione che, come si vede, sarebbe interessante, non può neppure cominciare se prima l'Ordine non chiarisce, senza retorica, quali sono i rapporti tra la nostra professione e la politica. Attenzione. Io non chiedo che Del Noce e Vespa, Rossella e Mimun vengano radiati: per carità!
L'importante è che i lettori e i telespettatori capiscano, abbiano gli strumenti per orientarsi, per distinguere, per riconoscere e, se è il caso, per dileggiare. C'è già in giro una miserabile censura, - e c'è in molti posti, come dimostra il caso dello Iap, per esempio, che è l'organo censorio dei pubblicitari. C'è - dicevamo - una miserabile censura che cerca il capro espiatorio per verginizzarsi, che si erge a campione del buon gusto e dell'etica. L'Ordine dei giornalisti ha radiato, per citarne uno per tutti, Giampiero Mughini perché apertamente aveva fatto pubblicità (ma gli esempi sono tanti, e tutti buoni). Ora Mughini può essere criticato per mille motivi, anche per le giacche se volete, ma non certo perché, come questi intercettati, faceva accordi sottobanco o prendeva ordini per telefono dai luogotenenti di un politico. Di più: sospetto che questi prendano ordini senza che ci sia qualcuno che li comandi. Ancora più zelanti, incarnano una straordinaria maschera italiana: il servo disinteressato.
Capisco infine che tutto venga confuso e che l'inevitabile battaglia delle fazioni possa renda imbarazzante parlare di colleghi che, in questo caso, stanno tutti nel centrodestra. Voglio dire che il silenzio dei giornalisti più autorevoli nasce certamente dall'imbarazzo e magari dall'incredulità e non dalla complicità. Ci manca tuttavia il giudizio di colleghi indipendenti e di grande prestigio liberale come Sergio Romano e Piero Ostellino. Mi spingo più in là e mi chiedo cosa ne pensino Mario Cervi e il più giovane Filippo Facci. Credo davvero che qui l'antiberlusconismo possa non entrarci: o l'Ordine dei giornalisti accerta che non siamo tutti compromessi, oppure si cominci a restituire l'onore a chi, per molto meno, è stato radiato, sanzionato, in un parola sola perseguitato. E subito dopo l'Ordine si autosciolga. Non per avere violato virtù civiche, ma soltanto il senso del ridicolo.
(23 novembre 2007)
SOCIAL
Follow @Tafanus