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Scritto il 11 novembre 2007 alle 14:15 | Permalink | Commenti (44)
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Un ricercatore australiano dell’Università di Melbourne è riuscito a trovare il modo per rendere le connessioni ADSL fino a 100 volte più veloci, ed ha già registrato due brevetti per poter sfruttare commercialmente la sua scoperta.
Il nome del ricercatore è John Papandriopoulos, la sua scoperta è un algoritmo in grado di ridurre le interferenze elettromagnetiche che attualmente “rovinano” il segnale ADSL, impedendo alle attuali connessioni di raggiungere velocità superiori ai 20Mbps. Tra l’altro velocità pari a 20Mbps sono raggiunte dalle attuali linee solamente in particolari condizioni (in Italia le linee ADSL sono solitamente da 4Mbps), mentre, grazie all’algoritmo sviluppato dal ricercatore australiano, la velocità delle connessioni potrà raggiungere facilmente i 100Mbps.
John Cioffi, professore di ingegneria alla Stanford University,
considerato anche uno dei “padri dell’ADSL” in quanto creatore del chip
utilizzato all’interno del primo modem ADSL, è stato uno dei consulenti
esterni che hanno valutato in modo positivo la ricerca di
Papandriopoulos.
Il professor Cioffi è rimasto talmente impressionato dal lavoro del
giovane ricercatore ventinovenne da offrirgli un incarico presso
l’azienda ASSIA, con sede nella Silicon Valley, start-up specializzata
proprio nell’ottimizzazione delle performance delle linee DSL.
Un’immagine di John Papandriopoulos tratta dal suo sito personale.
A quanto pare la tecnologia è già stata offerta a molti produttori di dispositivi DSL e di modem, i quali poi dovrebbero rivendere tali supporti agli internet providers di tutto il globo.
Secondo le stime i primi prodotti potrebbero essere disponibili entro 2-3 anni. Altri ricercatori avevano studiato soluzioni simili a quella del ricercatore australiano, che grazie alla sua “scoperta” guadagnerà royalties per ogni dispositivo venduto, ma la soluzione studiata da Papandriopoulos sembra essere molto semplice ed economica da implementare rispetto a quelle immaginate da molti altri suoi colleghi.
Fonte (inglese): Sydney Morning Herald, per ulteriori informazioni e alcune faq visitate il sito di John Papandriopoulos.
Autore: Doxaliber
Scritto il 11 novembre 2007 alle 08:00 | Permalink | Commenti (12) | TrackBack (0)
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Santanchè, la "pasionaria nera" va con Storace - L'ex deputata di An potrebbe essere nominata portavoce del partito - L'annuncio è stato dato alla costituente de La Destra
ROMA - L'onorevole Daniela Santanchè abbandona il partito di Gianfranco Fini per passare a La destra di Francesco Storace. La decisione sarebbe motivata da "ragioni personali".
E la decisione è stata annunciata proprio nel corso dell'Assemblea Costituente, provocando una ovazione a favore della onorevole. La parlamentare di An ha fatto il suo ingresso a sorpresa alle 15:15, facendosi largo tra la folla che l'ha accolta gridando "Benvenuta, finalmente".
Il leader de La Destra, Francesco Storace, l'ha poi presa per mano e accompagnata sul palco, da dove la leader di D-Donna ha salutato la folla della costituente per poi accomodarsi in prima fila davanti al palco: "Questo è il mio annuncio - ha rimarcato la Santanchè - domani vedrete".
Futuro portavoce. L'ex deputata di An potrebbe addirittura essere nominata portavoce del partito. Nessun commento della diretta interessata, mentre Francesco Storace si è limitato a dire: "ne parliamo domani". Dell'esponente di Alleanza nazionale si era a lungo parlato come segretario della nuova forza di Storace, nata dopo la scissione da Alleanza nazionale dell'ex delfino di Fini, seguito da altri esponenti di An. La Santanchè, sempre pronta al dialogo con Storace, sembrava poi aver preferito l'impegno per i suoi Circoli D-donna, sempre rimanendo in An.
La Russa: "Un bene per noi". "Dico che per An è una scelta ottima". Ignazio La Russa, capo gruppo di An alla Camera, giudica così la decisione della pasionaria. "Mi auguro - continua - che abbia fatto la scelta giusta per lei. Dal punto di vista politico è sbagliata. In ogni caso per An è una scelta ottima. Noi non possiamo perdere tempo per fibrillazioni interne. La sua scelta ci crea più serenità e tranquillità".
..."me la vedo nera", disse la Santanchè passeggiando sugli specchi... ormai a destra le donne scosciate stanno diventando legioni. La Santanchè, dopo averci fatto vedere "quasi tutto", minaccia: domani vedrete! Cosa ci toccherà ancora vedere?
Qualche anno fa, chiudendo la campagna per le amministrative a Brescia, dove la CdL aveva candidato la giovane insipiente fascista bellagnocca Beccalossi, il Cipria aveva chiuso con una delle sue "lievi" allusioni": "Daniela, fagliela vedere!". Non sappiamo se la Beccalossi gliela abbia fatta vedere, ai bresciani: se è così, non dev'essere piaciuta granchè, visto che è stata "trombata" (in senso figurato, of course!)...
...Poi abbiamo le altre statiste del Centro-Destra, che ce la "fanno vedere" da mane a sera: la Carfagna, la "nipote", la "Grande Sorella", la Michela Vittoria Brambilla de' Cani... abbiate fede: prima o poi qualcuna di loro ci "farà vedere" persino un po di politica...
...sul passaggio della "santanscè" alla destra-destra, il commento più esilarante viene dal siculo La Russa (ma non era lui il mèntore della scoscia-lunga?): "...per AN è una scelta ottima..."
Contento lui!
(10 novembre 2007)
Scritto il 10 novembre 2007 alle 20:35 nella Satira | Permalink | Commenti (12) | TrackBack (0)
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Cari amici, la poesia mi ha sempre commosso portandomi sovente al collasso. E mi piace condividere con voi questi miei mancamenti lirici. Dal Corriere di giovedì 8 novembre riprendo questi versi che Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, ha dedicato a Fabrizio Cicchetto, suo Vice. La composizione è pubblicata su "Vanity Fair, dove Sandro cura la rubrica settimanale "Versi Diversi"
Sono versi che non possono non soffocare di catarro le anime più morbide. Eccoveli:
Viviamo
insieme / questa irripetibile
esperienza
/ con passione politica /
autentica
/ con animo casto /
e
con la sorpresa / dell’amicizia.
Ci
mancheremo
quando
verrà il tempo nuovo
e
ci rispecchieremo finalmente
l’uno
nell’altro.
E
ci mancherà / anche quello che non /
abbiamo
vissuto assieme /
fra
i banchi della scuola /
nell’adolescenza
inquieta
e
nell’età in cui non si ama.
La
mia fede
è
la tenerezza dei tuoi sguardi.
è
nelle parole che cerco.
Non ho finito.
Mi sono documentato ancora ed ho scovato la poesia dedicata alla mamma di
Berlusconi. Eccovela:
<
Mani dello spirito / Anima trasfusa / Abbraccio d’amore / Madre di Dio
>
Ho poi scovato
i versi dedicati a Stefania Prestigiacmo. Eccoveli:
<
Luna indifferente / Materna sensualità / Velo trasparente / Severo abbandono
>
Ho esplorato
ancora, e mi sono beccato nei denti i fantasmi lirici dedicati a Michela
Vittoria Brambilla. Eccoli:
<
Ignara bellezza / Rubata sensualità / Fiore reclinato / Peccato d’amore
>
Cari amici, sarebbe stato delittuoso privarvi di queste delizie della Dea Poesia.
A me sembra altrettanto
delittuoso che Voi non ne facciate gioire anche i vostri
amici. Girate loro questi doni
preziosi. e saranno imperituramente
grati.
GianPierMariaPhilippo
Scritto il 10 novembre 2007 alle 00:29 | Permalink | Commenti (31) | TrackBack (0)
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Scritto il 09 novembre 2007 alle 17:00 nella Cuore | Permalink | Commenti (6)
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ROMA — «Ora vi racconto cosa succede con il fisco della sinistra. Non vogliono solo sapere come hai fatto i soldi, da dove vengono. Noooo, nemmeno per sogno. Vogliono anche sapere cosa ci fai, dove metti gli utili, tutto. E prendete uno come me, che ha 25 amanti, alle quali dovrò pur fare un pensiero, un regalo, di solito tutte macchine uguali, dello stesso colore, così non sbaglio..». Applausi, risate. «Ma come si fa? Ditemi voi?..». Altri applausi, sorrisi, fotografie.
Berlusconi ride, quasi a crepapelle. Due sere fa. Cinquanta fra giovani manager e imprenditori del Lazio ridono più di lui. Il Cavaliere è in forma. È una conferenza, una sorta di seminario, ma anche un piccolo show. Il Palazzo si interroga sulla crisi tanto strombazzata, nel governo si scommette sul bluff dell'ex premier, lui si gode una serata con professionisti che sembrano adorarlo: «Benvenuti a tutti. Ma che belli che siete, però siete in troppi e quindi stringo la mano solo alle donne. La vedete questa mano, toccatela, perché ha fatto il grano... Lei come sta signorina, tutto bene? Prego, prego, state comodi, comodi. Ma come siete giovani, qualcuno ha anche la barba, una volta si diceva: sotto la barba o c'è un genio o c'è un c...».
REGICIDIO - E' una serata che gli ospiti difficilmente dimenticheranno. Lo ascoltano e sorridono Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, ma anche Renato Massoli Novelli, G&V enterprise (cliniche odontoiatriche); Francesca De Sanctis, (gruppo De Sanctis spa, costruzioni e infrastrutture); Sara Porrari, (manager Air One); Massimiliano Rizzo, Elsag datamat (gruppo Finmeccanica); Alessandro Puccetti, Bit communication. Età media 35 anni, lo ascoltano e si sorprendono: non si aspettavano tanto. Il Cavaliere parla per un'ora: l'amarcord dei meeting internazionali accompagna i giudizi sui possibili passi del Colle in caso di crisi; fa capolino il calcio («mi mancano 35 euro per comprare Ronaldinho. Me li dà lei signorina?») ma anche l'amarezza sugli alleati, su Fini e Casini. Si ride, ma non solo: si parla anche di «regicidio», sulla bocca del Cavaliere è abbinata alla parola «morte», politica s'intende, di se stesso, auspicata da altri: «Dai nemici mi guardo io, ma dagli amici mi guardi Dio».
E' forse il passaggio cruciale, che svela anche le difficoltà del momento al Senato, perché il Cavaliere è ancora convinto di poter vincere la battaglia della crisi, meno di riuscire a parare eventuali colpi bassi di Udc e An. Non dice cosa sa, cosa lo ha messo in guardia nelle ultime ore, ma dice quanto basta per capire il clima: «Hanno entrambi la sindrome del delfino, ritengono di dovermi succedere, mi definiscono ingombrante. E' vero, lo so che sono ingombrante, ma non sono fungibile. Sono l'unico, nonostante l'età, che è in grado di tenere insieme questa coalizione».
«C'È DON BONDI» - Ma è solo un attimo: quando finisce di stringere le mani a donne e uomini (promessa dell'esclusiva al gentil sesso non mantenuta), il Cavaliere si rilassa di nuovo. Vede Bondi seduto fra gli scranni del «parlamentino»: si inginocchia, resta genuflesso per alcuni secondi, lo tocca, «don Bondi, anche lei qua?». Ancora attimi di ilarità. Poi inizia il discorso: «L'Italia è l'unico Paese occidentale che non dispone di una sinistra democratica.., nel Pd ci sono due apparati, due Caste che si sono fuse, e a loro non importa come si definiscono, socialisti, riformisti, comunisti, democratici, ulivisti, sono solo professionisti della politica.., io invece da un anno e mezzo non vado più in tv, sono uno che ha sempre lavorato, credo di non aver fatto male, nè prima nè ora, visto che il mio indice di gradimento oggi è alle stelle..» [...]
[...] poi arriva un'altra barzelletta. E' la prima notte di nozze: «Lui va a fare una doccia dopo l'amore, quando è sotto la doccia si accorge di aver fatto un errore: ha lasciato 100 mila lire sul comodino. Oddio! Torna indietro, spera che la moglie non se ne sia accorta: trova il letto vuoto e il resto, 30 mila lire...». Ma sui soldi si può ridere anche per altri motivi, «vero caro Sandro?», rivolto a Bondi, «quanto ho speso l'anno scorso per la manifestazione del 2 dicembre, quattro milioni di euro? Tanto c'è sempre il signor Pantalone che paga, eh, eh, ovvero il sottoscritto, vero Sandro?» [...]
L'amarcord è a base di memorie dei G8: «Quando mi sedevo io al tavolo dei Grandi si sedeva una persona di peso, che aveva realizzato qualcosa nella vita. Ora via Blair, via Chirac, via Schroeder, con Sarkozy appena all'inizio, l'Europa non conta più nulla nel panorama internazionale». Prima di congedare i giovani il Cavaliere annuncia che attende il premier turco Erdogan: «Viene da Palazzo Chigi, ma lì si mangia appena qualcosina e così a dargli da mangiare come si deve ci penso io. Pennette col pesto? Il menù di questa casa prevede anche questo, ma senza aglio, bisogna sempre non dimenticare una certa attività...».
Marco Galluzzo
Scritto il 09 novembre 2007 alle 11:59 nella Politica | Permalink | Commenti (31)
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Consulenze, voli, contratti, benzina e case. E persino torroncini e panettoni. Pagati dal giornale Udeur e usati da Mastella & C., grazie anche ai fondi pubblici. Una grande nebulosa nella quale spariscono i milioni del finanziamento pubblico e i confini tra gli interessi della famiglia Mastella e quelli del partito. Questo è il quadro che emerge dall'inchiesta de 'L'espresso' sulla gestione del giornale dell'Udeur, 'Il Campanile'.
di marco lillo
Per oltre un mese abbiamo spulciato i conti del quotidiano. Prima che se ne interessasse il pm di Catanzaro Luigi De Magistris, prima che gli fosse scippata l'inchiesta su Mastella, abbiamo intervistato i fornitori e gli amministratori, verificando che una parte delle spese del giornale finiscono nei dintorni di Ceppaloni. All'ombra del 'Campanile' Clemente Mastella, i suoi familiari e le loro società hanno ottenuto soldi e vantaggi grazie a un giornale finanziato con i soldi dei contribuenti. In questa nebulosa sono finiti 40 mila euro pagati a Clemente Mastella per la sua 'collaborazione giornalistica' nel 2004; i 14 mila euro usati per acquistare i celebri torroncini di Benevento che spesso finivano in regalo a politici e giornalisti, magari con il messaggino di auguri di Sandra e Clemente. Più i biglietti aerei per i familiari del segretario e poi ancora i 12 mila euro incassati dallo studio del figlio, Pellegrino Mastella, e i 36 mila euro risucchiati in tre anni dalla sua società di assicurazioni.
La ricostruzione delle spese del quotidiano spiega meglio di un trattato il funzionamento di Mastellopoli, un luogo dove, parafrasando Von Clausewitz, la politica sembra la prosecuzione della famiglia con altri mezzi. Il giornale del partito costa ogni anno 2 milioni e mezzo di euro anche se, nonostante gli sforzi dell'ottimo direttore Paolo Festuccia, non supera le 5 mila copie. Di queste solo 1.500 passano dall'edicola per finire quasi sempre al macero. L'edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal Parlamento, spiega: "Da molti anni ricevo cinque copie ogni mattina. Non ne ho mai venduta una". Questa gigantesca 'ammuina' serve a giustificare il finanziamento pubblico: un milione e 331 mila euro. La presidenza del Consiglio rimborsa le spese 'inerenti alla testata' purché non superino un tetto pari a a circa la metà dei costi. Un sistema che premia chi spende di più e permette di sistemare molti amici e parenti. Così 'Il Campanile', con una redazione di sei giornalisti, ha visto aumentare il suo costo del lavoro in due anni da 345 mila a 834 mila euro. Nel dicembre del 2005 i debiti verso i fornitori ammontavano a 770 mila euro. 'L'espresso' ha visionato i bilanci interni e la lista dei fornitori stilati dal vecchio amministratore Tancredi Cimmino nel marzo del 2006. Ne viene fuori un quadro inquietante.
Prima è d'obbligo una premessa. Queste spese sono state approvate quando ad amministrare 'Il Campanile' c'era Tancredi Cimmino. Dopo una lite furibonda con Mastella, che non lo ha voluto candidare alle politiche, all'ex senatore è subentrato l'avvocato Davide Perrotta. Cimmino era anche segretario amministrativo dell'Udeur. Ad aprile del 2006 gli è subentrato il braccio destro di Mastella, Mauro Fabris, e a giugno il commercialista Pier Paolo Sganga [...]
40 mila euro simbolici
Il primo a dare l'esempio è il leader. Il giornale ha accordato un bel contratto di collaborazione giornalistica a Clemente Mastella: 40 mila euro più i contributi nel 2004. Quell'anno il leader dell'Udeur aveva perso il seggio da europarlamentare e le sue entrate si erano ridotte. 'Il Campanile' pensò bene di aiutarlo con un contratto extra [...]
Indovina chi decolla
Nel 2005 sono stati pagati 98 mila euro per viaggi e trasferte. Tra gli altri, in quegli anni, hanno volato Sandra Lonardo, Pellegrino ed Elio Mastella e pure la moglie di Pellegrino, Alessia Camilleri. L'ultimo decollo della premiata coppia Alessia-Pellegrino risale al marzo scorso quando il Campanile ha pagato ai due i biglietti per raggiungere Sandra e Clemente Mastella alla festa sulla neve dell'Udeur a Cortina. Gli amministratori però giurano: "Dall'aprile del 2006 non esistono altri biglietti aerei autorizzati, se non per ragioni professionali, a persone esterne al giornale. Quello che è successo prima ricade nella responsabilità della precedente gestione. E comunque Pellegrino è un consigliere di amministrazione del giornale". E i voli di Elio? No comment. E Alessia? "Ha rivestito un ruolo, in passato, nel giornale".
Natale d'oro
Nel 2005 Il Campanile' ha pagato 141 mila euro per le spese di rappresentanza e 22 mila euro di liberalità. Tra pacchi, dolciumi e torroni sono spariti 17 mila euro per il Natale 2005. Ben 8 mila e 400 euro partono dalle casse del giornale con destinazione 'Dolciaria Serio' di San Marco dei Cavoti, un paesino a pochi chilometri da Benevento. Altri 6.050 euro sono andati al Torronificio del Casale, una piccola azienda di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta. Che fine fanno tutti questi torroncini? Al 'Campanile' giurano che servono per "i regali del giornale a 200 colleghi e personalità istituzionali. La famiglia Mastella non c'entra". Eppure qualcosa non torna. Per esempio i 2.170 euro pagati alla pasticceria Millefoglie di Ponte, vicino a Benevento dovrebbero riguardare: "Il tradizionale incontro di auguri tra i vertici dell'Udeur campano e quelli del giornale". Il vecchio amministratore Tancredi Cimmino però cade dalle nuvole: "Ma quale tradizione. Io non ho mai fatto nessun incontro".
Il pozzo di San Patrizio
Ogni mese, fino all'inizio del 2006, l'amministratore del giornale pagava conti per spese di benzina per una media di 2 mila euro al mese. Per metà a carico dello Stato. I giornalisti del giornale però non c'entrano nulla. Questa pioggia di carburante sul 'Campanile' si concentrava sulla stazione di servizio della famiglia Parente di San Giovanni di Ceppaloni, la frazione di 600 anime dove si trova la villa dei Mastella, quella con la celebre piscina a forma di cozza. Proprio così: 'Campanile' e Udeur facevano il pieno a 250 chilometri di distanza proprio alla fine del vialetto che porta dalla villa dei Mastella al paese. Fino all'inizio del 2006 pagava il giornale, ora il partito. Ma chi usufruisce di queste tonnellate di benzina made in Ceppaloni?
Il titolare, Massimo Parente, dice a 'L'espresso': "Qualche volta viene il figlio, Pellegrino Mastella, con il suo Porsche Cayenne che ha una cilindrata di 4 mila e 200 e fa cinque chilometri con un litro. Mette in media 90 euro. Poi alla fine del mese viene un ragazzo dalla villa dei Mastella. Si chiama Daniele (Ferraro, un collaboratore di Clemente Mastella e Sandra, ndr), e mi fa timbrare la scheda carburante, non ricordo a chi è intestata". Il padre, Antonio Parente, ha gestito l'impianto fino a febbraio scorso, e ricostruisce: "Qualche volta Daniele, fa il pieno con l'auto di Pellegrino, più spesso con l'automobile usata dalla signora Sandra. Io faccio il buono e poi se la vedono loro. Compilano la scheda e non so se mettono tutto a carico del partito". Sulle schede non sono indicate le targhe ed è difficile distinguere benzina privata e pubblica. Fonti vicine alla famiglia Mastella fanno sapere che Pellegrino avrebbe un'altra scheda carburante intestata alla sua società alla quale imputerebbe la sua benzina privata. Resta il giallo su quei 100 euro di benzina al giorno a carico prima del giornale e ora del partito (finanziati entrambi dallo Stato).
Benvenuti a Casa Nostra
La storia dell'appartamento di largo Arenula che ospita la sede del quotidiano dell'Udeur è un altro monumento al familismo. L'ufficio era dell'Inail che lo aveva affittato al partito. L'Udeur, come abbiamo già raccontato su 'L'espresso' poteva comprarlo nel 2006 a un milione e 450 mila euro, un ottimo prezzo. Invece, dopo un tortuoso giro, l'affare è stato fatto da una società dei figli del segretario. In realtà quella società, secondo Tancredi Cimmino, era un bene dell'Udeur che l'aveva finanziata per ben 450 mila euro e non poteva essere ceduta da Mastella ai figli. Comunque sia, i due giovani immobiliaristi non sono stati molto riconoscenti con il partito. Appena hanno comprato la sede del giornale hanno subito aumentato l'affitto da 3 mila e 500 a 6 mila euro più Iva.
Pellegrino sotto il Campanile
L'ombra del 'Campanile' segna la traiettoria professionale del figlio maggiore. Appena laureato, Pellegrino ottiene un contratto di praticantato giornalistico a 'Il Campanile', come la sua fidanzata Alessia. Presto i due spiccano il balzo verso la professione legale: Alessia va all'Autorità delle Comunicazioni, nella segreteria dell'ex onorevole Udeur Roberto Napoli, mentre lui diventa socio dello studio Criscuolo. Gli associati sono tre: Fabrizio Criscuolo, Mastella junior e il suo coetaneo Davide Perrotta, il presidente del giornale.
Parla l'uomo dei conti
È stato l'uomo dei conti di Clemente Mastella. Nelle sue mani teneva le chiavi della cassa dell'Udeur e del giornale di partito. L'ex senatore Tancredi Cimmino nel 2006 non è stato ricandidato ed è passato con Antonio Di Pietro [...]
Marco Lillo
Scritto il 09 novembre 2007 alle 09:12 | Permalink | Commenti (9)
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Un ordine del vescovo impedisce al deputato del Prc di partecipare alle nozze della cugina - Luxuria: "Un fatto gravissimo, dimostra la lontananza dei vertici dalla comunità cattolica" - In serata la marcia indietro del prelato: "Potrà fare il testimone. Per la legge italiana basta avere compiuto diciotto anni"
ROMA - Altro che matrimoni gay. Se non sei eterosessuale alle nozze non puoi fare neppure da testimone. Questa, almeno, è la denuncia del deputato transgender del Prc, Vladimir Luxuria, che ha raccontato di aver dovuto rinunciare a fare da testimone al matrimonio della cugina, al Santuario dell'Incoronata, a Foggia, in seguito a uno specifico divieto imposto dal vescovo del capoluogo pugliese.
Il vescovo di Foggia, Francesco Pio Tamburrino, in serata avrebbe però cambiato idea, assicurando che Vladimir Luxuria "potrà tranquillamente fare il testimone di nozze avendo compiuto 18 anni, poiché per la legge, per essere testimone, è sufficiente che una persona sia maggiorenne". Ma la polemica è gia innescata e non frenano diffidenze e pregiudizi storici [...]
"Credo che questo divieto - attacca - non sia legittimo in quanto non mi risulta che tra i requisiti per fare il testimone non possa rientrare la mia persona. E' una faccenda che mi rattrista e non certo isolata. Molti, meno in vista di me, ogni giorno, subiscono queste umiliazioni senza poter fare nulla". "Quanto accaduto non cambierà nulla rispetto ai sentimenti che mi legano a mia cugina e al suo compagno ma spero - conclude - che possa contribuire a far calare il velo di ipocrisia che spesso circonda gli 'affari' della Chiesa" [...]
Le reazioni a favore e contro del mondo politico non si sono fatte aspettare. Secondo il presidente del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, Rossana Praitano, si tratta di un atteggiamento "inaccettabile, che rappresenta a pieno quello che la Chiesa cattolica fa da anni pur negandolo, ovvero una continua ed incessante discriminazione delle persone gay, lesbiche e transessuali" [...]
L' episodio,per il deputato socialista Franco Grillini, dimostra che "il Concordato è osservato solo dallo Stato italiano, un pò come le leggi che, come dice un noto politico, 'per i poveri si applicano, per i ricchi si interpretano'".
...ma la reazione più cretina, com'era facilmente pronosticabile, l'ha vomitata l'Onorevole (?) Luca Volonté, quello che raccoglie "giaculatorie" dai preti in genere, ed insulti dai preti perbene:
"...cosa avrebbe dovuto testimoniare Vladimiro? Forse - si chiede invece il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè - avrebbe tentato una conversione degli sposi alle teorie di genere e al 'transumanesimo'?..."
Il cattolicissimo e caritatevole Luca Volonté è riuscito ad essere, con la sua battuta di idiozia assoluta, persino più intollerante del post-fascista Luca Bellotti, che generosamente concede:
"...la collega Luxuria fa di un topolino una montagna. Nessuno le ha negato di dimostrare l'affetto che ha per la cugina facendo da testimone nel rito civile..."
Ora attendiamo con impazienza che l'Onorevole (?) Luca Volonté si converta alle teorie del "transumanesimo", e provi a passare (magari con un aiutino psichiatrico) dalla condizione di antropomorfo a quella di primate. Per il suo passaggio allo stadio di "Homo Sapiens" dovremo attendere dei salti genetici per il momento assai improbabili.
Scritto il 08 novembre 2007 alle 10:58 | Permalink | Commenti (14)
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Il vescovo anti-clan deve lasciare la Locride. Adesso diventerà arcivescovo metropolita di Campobasso - Promosso e rimosso monsignor Bregantini: addio alla Calabria. Gli intellettuali: agghiacciante.
Sono in tanti, in Calabria, a brindare alla «promozione » di Giancarlo Bregantini, tolto alla «sua» Locri per essere destinato come arcivescovo metropolita alla diocesi più importante di Campobasso. Tanti. E levano in alto i calici: «Buon viaggio!» Lui no, però. E intorno a lui cresce l'angoscia di quanti, improvvisamente, si sentono orfani di chi per anni è stato il massimo punto di riferimento morale nella resistenza dei calabresi per bene contro la 'ndrangheta. Ma certo, è probabile che lassù, le gerarchie ecclesiastiche abbiano scelto pensando che fosse arrivato il momento, dopo quasi tre lustri, di premiare quella quotidiana, coraggiosa, incessante opera di battagliero apostolato del monaco stimmatino. Come è probabile abbiano immaginato che il promosso, all'idea di diventare con ogni probabilità, per una questione di alternanza tra le regioni, presidente della conferenza dei vescovi dell'Abruzzo e del Molise, avrebbe accettato con gratitudine. Ed è infine ovvio che lo stesso Bregantini, al di là del dolore all'idea di lasciare il suo tormentato gregge, possa obbedire con sollievo all'ordine di andare a fare il suo mestiere di prete in una terra meno difficile, meno pericolosa, meno lacerante della Locride, dove si è spesso battuto in solitudine come un paladino nella terra degli infedeli.
COLPO DURISSIMO - Però... Però il colpo, per la Calabria, è durissimo. Basti leggere, al di là delle parole forse un po' scontate e rituali di alcuni politici che certo non avrebbero potuto dire il contrario, la presa di posizione di tre intellettuali di spicco come l'economista Domenico Cersosimo, il sociologo Piero Fantozzi e l'antropologo Vito Teti. Che parlano d'«una notizia agghiacciante», denunciano un «provvedimento irresponsabile », contestano la «rimozione» di «un vescovo nella frontiera della Calabria più estrema, malata, degradata » che era diventato il «simbolo nobile della Calabria contemporanea civile, propositiva, fattiva. Un emblema dei brandelli residui di fiducia collettiva. Un'icona dei calabresi che lavorano quotidianamente per il cambiamento, per la risalita, per una società più equa, umana, inclusiva». Frasi che racchiudono lo sgomento collettivo di una comunità ammaccata. Diranno che la Chiesa è una cosa assai più importante del destino di un singolo prete, per quanto carismatico. Che nella regione ci sono altri quattordici vescovi impegnati nella loro missione pastorale. Che qua e là, anche nelle zone più complicate, ci sono sacerdoti (ad esempio il parroco di Polistena, don Pino Demasi, legato a Libera, il cartello di associazioni che fa capo a don Luigi Ciotti, promotore della «Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie») che non arretrano di un millimetro davanti alle prepotenze delle cosche. Tutto vero. Quanto è vero che, come Bertold Brecht fa dire a Galileo Galilei, è «felice il paese che non ha bisogno di eroi».
NON UN VESCOVO COME GLI ALTRI - Però... Però monsignor Bregantini, per quella che oggi è una delle terre più violente, povere e disperate d'Italia, non è stato un vescovo come altri, magari solo un po' meno afono di certi colleghi assai prudenti perfino nel pronunciare la parola «'ndrangheta». In queste terre dove una volta capitava addirittura che qualche sacerdote avesse in dono dai parrocchiani una pistola, fosse presentato all'insediamento da un padrino legato alla mafia o facesse figli su figli con la perpetua, questo monaco trentino sceso dalla valle dei Mocheni per fare l'operaio prima a Marghera e Verona e poi a Crotone, ha marcato fin dall'inizio la sua presenza a Locri come una svolta. Intendiamoci: il suo stesso predecessore nella diocesi della Locride, Antonio Ciliberti, era stato netto nella sua opposizione alle cosche. L'innesto del vescovo trentino, salutato con una falsa bomba di «benvenuto », fu tuttavia clamoroso fin dall'inizio. Per prima cosa fece diffondere in tutte le parrocchie i nomi di tutte le 263 persone che erano state ammazzate negli ultimi dieci anni.
LA SFIDA DELLE PREGHIERE - Poi distribuì un durissimo libro di preghiere di «sfida alla mafia». Poi prese a battere a tappeto tutti paesi e le contrade martellando (soprattutto in luoghi come Motticella: poche centinaia di abitanti e una cinquantina di morti per una faida) contro «l'idea aberrante di un destino ineluttabile per cui in Calabria tutto è sempre stato e tutto sempre sarà così». Quindi, appoggiandosi anche a collaboratori entusiasti quali Piero Schirripa, un medico «profugo del marxismo» che in questi giorni è il più addolorato per l'addio, cercò di spiegare alla gente di Platì, il paese incattivito da troppi tradimenti dello Stato fin dalla feroce conquista dei bersaglieri, il paese dei 68 sequestri in cui la mamma di Cesare Casella si era incatenata in piazza chiedendo la liberazione del figlio rapito, il paese in cui il nuovo parroco don Alessandro Di Tullio aveva trovato «registri parrocchiali dove non venivano annotati i morti da cinque anni e i battesimi da sette», che c'erano alternative ai posti di lavoro offerti dai boss. E aiutò i giovani del posto a fondare la Cooperativa Valle del Buonamico che nel giro di pochi anni, vincendo pure l'ottusità idiota di uffici pubblici capaci di chiedere 24 passaggi burocratici e intralciare la concessione al vescovo del certificato antimafia, fece capire per la prima volta alla gente che si poteva vivere, dignitosamente, anche coltivando fragole, mirtilli e lamponi.
Non c'è stato giorno, per anni, in cui monsignor Bregantini non abbia picchiato duro sulla mafia e la cultura mafiosa. Fino a suggerire «se necessario la militarizzazione della zona» perché «chi fa il male deve essere umiliato nel suo falso "onore" perché ritrovi la forza di cambiare». Ad attaccare frontalmente la politica «incapace di dare risposte adeguate ai problemi della gente». A proibire ai parroci di accettare come padrini ai battesimi uomini vicini alla malavita. A chiedere dopo la strage di Duisburg che il governo stesso elaborasse coi sindaci «una serie di provvedimenti straordinari». Una guerra frontale. Totale. Assoluta. Dichiarata giorno dopo giorno con una voce che pareva ancora più tonante tra i silenzi, le afonie, i sussurri di tanti altri vescovi, parroci, cappellani. Per questo anche la Chiesa oggi, e non solo lo Stato, ha una responsabilità grande. Perché, dopo l'addio di un uomo come Giancarlo Bregantini, i calabresi onesti e pieni di fede rischiano di sentirsi ancora una volta abbandonati dopo troppi abbandoni. E questo sarebbe davvero un delitto.
...sopire... sedare... questa è la chiave. No, proprio non riesco a credere all'ipotesi di scuola che le "Gerarchie" abbiano pensato di "premiare" Mons. Bregantini dopo tre lustri di prima linea. Perchè non hanno pensato di chiederlo a lui, se voleva essere "premiato"? No, crediamo proprio che il miglior "premio", per Bregantini, sarebbe stato quello di essere lasciato fra i ragazzi della Locride, a continuare con loro la sua battaglia. E ora chi andrà al suo posto, a continuare la "guerra"? Vogliamo mandare don Baget Bozzo?...
Scritto il 08 novembre 2007 alle 09:28 | Permalink | Commenti (7)
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Scritto il 08 novembre 2007 alle 06:00 | Permalink | Commenti (21)
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Il leader di Forza Italia torna sulle accuse di aver cacciato Enzo Biagi dalla televisione di Stato quando era al governo: "Soltanto critica alla tv pubblica"
MILANO - "Non c'è mai stato un editto bulgaro, né ho mai detto che questi signori non dovevano fare televisione": con queste parole Silvio Berlusconi, dopo la morte di Enzo Biagi, torna sulle accuse di aver cacciato - quando era la governo - il grande giornalista dalla tv pubblica.
"Tutto e' stato sconvolto - continua l'ex presidente del Consiglio - la verità è che io criticai, e la critica è ancora valida, come veniva usata la tv, soprattutto quella pubblica, pagata con i soldi di tutti e dissi che i dirigenti nuovi che verranno dovranno evitare che ciò si ripeta. Non c'era nessuna intenzione di far uscire dalla televisione e neppure di porre veti alla permanenza in tv di chicchessia. Quindi ancora una volta è stato tutto deformato dalla sinistra.
Berlusconi scatenò la polemica in una conferenza stampa svoltasi in occasione di una visita ufficiale a Sofia il 18 aprile 2002. "L'uso che Biagi, Santoro, ... come si chiama quell'altro ... Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga".
Gentiloni: "L'editto bulgaro una vergogna". "Non so se sia una barzelletta o un'amnesia. So per certo, e in Italia io c'ero, che dopo quanto ha detto Berlusconi in Bulgaria, Enzo Biagi e con lui Santoro e Luttazzi si sono visti sospendere i loro programmi televisivi e sono scomparsi dalla Rai". Così il Ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni risponde ad una domanda dei cronisti sull'editto bulgaro dell'allora premier Silvio Berlusconi. E proprio nei giorni in cui si compiange il cronista, da Bologna Gentiloni ricorda: "E' stata una vergogna, che per fortuna negli ultimi tempi si è almeno in parte riparata".
Giulietti: "I Tg ritrasmettano la dichiarazione di Sofia". Ancora più dure le parole del portavoce di Articolo 21, Beppe Giulietti: "Silvio Berlusconi ha dichiarato che l'editto bulgaro non c'è mai stato. Francamente ci sembra una battuta irrispettosa e offensiva. In ogni caso - aggiunge - ci auguriamo che questa sera Tg pubblici e privati, tra cui quelli di proprietà del Cavaliere, ritrasmettano, per amore della libertà, quel pezzo di storia televisiva. E facciano così sapere agli italiani che, a poche ore da quella dichiarazione in Bulgaria, un gruppo di fedelissimi esecutori, ancora tutti seduti al loro posto, diedero applicazione all'editto".
Travaglio: "Si vergogni chi gli ha rovinato gli aultimi anni di vita". Il giornalista Marco Travaglio è arrivato alla camera ardente del collega nell'ora di chiusura e non ha potuto visitare la salma di Enzo Biagi. Ma non ha comunque esitato a fermarsi per dire che "chi gli ha rovinato la vita negli ultimi anni dovrebbe vergognarsi". Marco Travaglio ha ricordato il suo rapporto con Enzo Biagi, "soprattutto le telefonate". "Ci vedevamo a cena - ha detto - e mi telefonava tutte le volte che lo citavo nei miei articoli. Mi diceva di stare attento e non espormi troppo". "E' brutto morire - ha aggiunto il giornalista - perchè si iniziano a dire cose a cui non si può più rispondere. Biagi è stato trascinato in una polemica politica senza essere stato mai un combattente politico. Ci voleva la stretta autoritaria degli ultimi anni per trasformare Biagi in un comunista". Infine, Marco Travaglio ha spiegato il suo cordoglio: "Dopo Montanelli ho perso l'ultimo nonno". _______________________________________________________________________________________
Per non dimenticare che la cacciata di Biagi ha avuto un protagonista assoluto, ma anche tanti comprimari, che per 5 anni sono stati corresponsabili nel tenere lontani dalla TV i "reietti di Sofia" pubblichiamo la "cronistoria dimenticata" da Berlusconi e dai suoi lacchè.
18 aprile 2002. Silvio Berlusconi, nel corso di una visita in Bulgaria: "Santoro, Biagi e Luttazzi hanno fatto un uso della tv pubblica, pagata con i soldi di tutti, criminoso: credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza Rai di non permettere più che questo avvenga".
24 maggio 2002. Dopo un braccio di ferro con il direttore generale Rai, Agostino Saccà, che boccia l'idea di una doppia conduzione Santoro-Costanzo per una puntata di "Sciuscià - Edizione Straordinaria", il giornalista ospita comunque Costanzo, che nel corso del programma dice che a Mediaset c'è più libertà che in Rai. I vertici aziendali accusano Santoro di non aver impedito che Costanzo pronunciasse parole lesive per Viale Mazzini. La direzione generale apre un'istruttoria interna.
16 luglio 2002. Va in onda Sciuscià dedicato alla crisi idrica in Sicilia. Il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, protesta con la Rai e annuncia che adirà le vie legali contro Santoro.
5 agosto 2002. Saccà invia una lettera di richiamo a Santoro, accusato di "uso personale e privato del mezzo televisivo", "violazione dei doveri di diligenza e fedeltà", dei "criteri di pluralismo, imparzialità, correttezza ed obiettività". Santoro ha cinque giorni di tempo per inviare le sue "controdeduzioni" a Viale Mazzini. Lo fa nei tempi previsti: "Non riteniamo di aver commesso alcuna scorrettezza né di aver fatto niente di male. Le contestazioni mosse sono completamente infondate e abbiamo chiesto ragguagli in più al dg perché molte cose della sua lettera sono talmente generiche che non consentono di difenderci".
23 agosto 2002. Il presidente Rai, Antonio Baldassarre, dice che il caso Santoro troverà una soluzione "nei primi giorni di settembre".
30 agosto 2002. Il cda Rai si spacca su Santoro. Al voto due mozioni: quella approvata dalla maggioranza impegna il dg a trovare nuovi progetti con il giornalista. La seconda, proposta dal consigliere Carmine Donzelli e bocciata con tre voti contrari, prevede invece che Sciuscià torni in onda nel palinesto autunnale di RaiDue.
4 settembre 2002. In un'intervista a Repubblica Saccà afferma: "La verità è che Santoro insiste per riproporre Sciuscià, ma nessun direttore di nessuna rete vuole il suo programma. Potrebbe fare altro". E aggiunge: "Se dovesse restare fermo per una stagione, la libertà in Rai non riceverà alcun colpo".
18 settembre 2002. Il direttore di RaiTre, Paolo Ruffini, si dice disponibile ad accogliere Santoro sulla sua Rete. Ne nasce una discussione tutta economica: Ruffini, a fronte del 'trasloco' di Santoro, chiede un aumento del budget della rete, e Saccà che, impegnato nei tagli, prende tempo.
1 ottobre 2002. Saccà annuncia un'altra lettera disciplinare nei confronti del giornalista: "Malgrado Santoro si sia comportato in maniera riprovevole, lui sta già lavorando. Ieri sera è andato in onda Donne che lui non ha voluto firmare adducendo una motivazione capziosa. Forse perché non vuol far vedere che sta lavorando. E per questo verrà richiamato". Ed aggiunge che il giornalista "era licenziabile". "Non lo abbiamo fatto per rispetto di una parte del Parlamento", conclude.
15 ottobre 2002. Santoro sospeso per quattro giorni dal lavoro e dalla retribuzione. Il provvedimento si riferisce ai richiami rivolti al giornalista per le due puntate di Sciuscià del 24 maggio e del 16 luglio. Santoro replica: provvedimento "tardivo e dunque in contrasto con le norme vigenti che parlano di tempestività", e annuncia ricorso.
2 novembre 2002. La Rai conferma che "sono in corso due tentativi obbligatori di conciliazione presso l'Ufficio provinciale del lavoro di Roma". Il primo "concerne una presunta discriminazione politica verso Santoro e riguarda non solo la Rai ma anche personalmente il presidente Baldassare e i consiglieri Staderini e Albertoni, chiamati a rispondere in proprio per risarcimento di danni e coinvolge anche il presidente del Consiglio Berlusconi come ispiratore e mandante della presunta discriminazione". "Il secondo è mirato ad impugnare la sanzione disciplinare adottata dalla Rai contro il conduttore".
6 novembre 2002. Il presidente Rai, Baldassarre, spiega che la trattativa sui contratti con la Rai di Enzo Biagi e Michele Santoro "è di pertienza del direttore generale Agostino Saccà".
14 novembre 2002. Il cda Rai approva una delibera nella quale invita il dg "a verificare al più presto la possibilità di inserimento nei palinsesti della prossima stagione di programmi di approfondimento giornalistico condotti da Biagi e Santoro". Donzelli vincola all'approvazione della delibera la sua partecipazione futura ai lavori del cda. Albertoni vota contro.
15 novembre 2002. Saccà annuncia che si "metterà a lavorare" su Biagi e Santoro. Rinviato il primo tentativo di conciliazione fra Santoro e la Rai per l'assenza dei legali del cda e di Berlusconi. Santoro chiede di "ripristinare le attività" del suo gruppo di lavoro "prima di discutere di qualunque cosa". E annuncia di aver presentato un provvedimento d'urgenza al Tribunale di Roma per ricominciare a lavorare in Rai con i giornalisti di Sciuscià.
22 novembre 2002. Saccà ribadisce: il problema del ritorno in video di Santoro riguarda il fatto che "non sempre è pluralista" e che rivendica la sua parzialità.
9 dicembre 2002. Prima sentenza: il Tribunale del Lavoro di Roma stabilisce che la Rai deve 'adibire' Santoro "alla realizzazione e alla conduzione di programmi di approfondimento dell'informazione di attualità". Santoro annuncia che porterà i fan dei suoi programmi in piazza. La Rai : "Il giudice non ha imposto alla Rai che Santoro deve rifare il programma e ha anche respinto le altre richieste principali avanzate da Santoro". Il direttore di RaiTre ribadisce di essere pronto a mandarlo in onda anche da subito, con un programma mensile.
21 febbraio 2003. La sezione lavoro del Tribunale di Roma respinge il reclamo della Rai contro il provvedimento con cui il giudice aveva disposto il reintegro di Santoro nell'azienda. Il collegio ha ritenuto che il giornalista sia stato illegittimamente privato delle sue mansioni e che la Rai sia tenuta ad impiegarlo in programmi di approfondimento.
3 giugno 2003. Prima sentenza del Tribunale del Lavoro: "La Rai deve affidare a Santoro la realizzazione e la conduzione di un programma di approfondimento giornalistico sull'informazione di attualita" in prima o seconda serata. Il dg Rai, Flavio Cattaneo, replica: "Appare singolare il fatto che l'ordinanza entri in questioni prettamente editoriali con vincoli e indicazioni che contrastano con i principi della libertà di impresa e con lo statuto legislativo del servizio pubblico". Anche il cda, con il voto contrario del presidente Lucia Annunziata, contesta la sentenza.
24 giugno 2003. Il cda Rai chiede a Santoro di fare tre proposte di programmi che rispondano e rispettino le direttive della commissione di Vigilanza e le leggi in materia. Due giorni dopo, Santoro porta le sue proposte: "Sostituire su RaiUno Bruno Vespa per tutto il periodo estivo con un contenitore simile a Porta a porta; proseguire l'attività ad ottobre per il resto della stagione televisiva con una serie di reportage di durata 50 minuti in seconda serata sulla prima o sulla seconda rete". Oppure "riprendere su RaiDue, in prima serata, la programmazione settimanale di Circus; o realizzare un programma che si alterni a Ballarò. Il consigliere Rai, Marcello Veneziani, commenta: "Sono richieste di chi non vuol tornare".
17 luglio 2003. Nuova vittoria in tribunale per Santoro: "La Rai deve affidargli la realizzazione e conduzione" del programma Circus, in prima serata su RaiDue, secondo quanto afferma l'ordinanza emessa dal giudice. L'azienda presenta un nuovo ricorso".
24 luglio 2003. Il Tribunale di Roma revoca l'ordinanza del giudice. I legali di Santoro sostengono che la decisione non intacca il provvedimento che ha ordinato alla Rai di adibire il giornalista alle mansioni previste dal suo contratto.
26 gennaio 2005. Il giudice della sezione lavoro del Tribunale civile di Roma dispone che Santoro deve essere reintegrato nella sua attività di realizzatore e conduttore di programmi tv di approfondimento dell'informazione di attualità di prima serata, di programmi di reportage di seconda serata. La Rai viene condannata anche al pagamento di una penale di oltre un milione 400 mila euro. L'azienda annuncia che farà ricorso.
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Agostino Saccà è attualmente Direttore di Rai Fiction, una delle societò satelliri della RAI col maggior budget di spesa.
Maurizio Costanzo (quello che si doveva incatenare ai cancelli di Saxa Rubra se avessero cacciato Santoro), non ha trovato um ferramenta dove comprare catena e lucchetto.
Salvatore Cuffaro è sempre "Governatore" della Sicilia, anche se con qualche problemino di processi per mafia (ma ha sempre la piena fiducia di Casini, il devoto della Madonna dal Velo Azzurro.
Antonio Baldassarre: di lui il sito pmli.it scrive: "...Antonio Baldassarre: Da Ingrao, a Cossiga, Craxi e ora a Fini... Il nuovo presidente della Rai Antonio Baldassarre è il prototipo dell'opportunista elevato alla massima potenza, dell'arrivista sempre pronto a salire sul carro del vincitore e disposto a rinnegare la sua passata militanza nel PCI, a prostituire le sue idee e le sue convinzioni politiche, a diventare antiabortista per coltivare le sue frequentazioni in Vaticano e disposto perfino a stringere amicizie poco raccomandabili con il capo dei gladiatori Cossiga, il defunto ladrone del PSI Craxi, il plurinquisito Cesare Previti e il fascista in doppiopetto Fini pur di fare carriera. Appena nominato neo presidente Rai, Baldassarre ha confermato di avere anche una "bella'' faccia di bronzo affermando di essere "un uomo senza partito e imparziale'': proprio lui che, come testimonia la sua storia politica e personale, di partiti ne ha cambiati tanti da "sinistra'' a destra ed è sempre stato al servizio di tanti padroni.
Ettore Albertoni (il leghista che sa leggere e scrivere) è stato premiato con la Presidenza del Consiglio della Regione Lombardia.
Flavio Cattaneo: architetto, già consigliere d'amministrazione dell'Aem di Milano in quota Alleanza nazionale. Il mastino che Berlusconi aveva chiamato alla direzione della Rai, amico di Paolo Berlusconi e di Ignazio La Russa, arrivato a Roma con la sua folta chioma e subito cooptato nel salotto Angelillo, perfido con Lucia Annunziata, sodale di Marzullo, fraterno con Del Noce, un uomo capace di tutto: di dare all'incravattato Masotti il compito di riparare ai servizi-verità sulla mafia, di mettere l'uomo stampa di Berlusconi Riccardo Berti al posto di Enzo Biagi. Nel frattempo Cattameo ha trovato la Ferilli ed il suo porto: la presidenza di Terna, la società di trasporto Energia di Enel
Alfredo Meocci, che nell'antichità conduceva per il Tg1 di mezza sera, è un giornalista Rai in aspettativa dagli anni Ottanta. Fece una campagna elettorale per il Ccd, a Verona, e finì consigliere comunale. Diventò parlamentare, poi andò all'Authority per le telecomunicazioni. E' stato lì che si è conquistato la stima del premier: stima inossidabile. Nelle ultime settimane, in colloqui riservati, Follini ha messo in chiaro che se si fosse arrivati alla sua nomina non sarebbe stata da mettere nel conto Udc: Meocci è uomo di Berlusconi, non suo. Per far passare Meocci, però, ci voleva un presidente di centrosinistra: in caso contrario non avrebbe avuto la maggioranza di voti in consiglio. Serve Petruccioli per far passare Meocci, dunque. Questo l'arcano. Ora Meocci è stato declassato a "capo-redattore. Sempre troppo, per uno così.
Alfredo Meocci - Fonte: Il Manifesto - Chi paga? Da quali tasche usciranno i 14,3 milioni di euro che la Rai deve sborsare per aver nominato un diettore generale (Alfredo Meocci), incompatibile? Ora che anche il Tar del Lazio, respingendo il ricorso della Rai, ha confermato la legittimità della multa comminata dall'Autorità, i vertici di viale Mazzini devono pagare. Logica e buon senso (lasciano stare lo spirito civico) vorrebbero che, così come spetta all'incompatibile Meocci, versare i 370 mila euro (calcolati in base allo stipendio lordo percepito nei nov emesi) richiesti dal provvedimento, altrettanto dovrebbero fare i cinque consiglieri del centrodestra che lo elessero a maggioranza contravvenendo alla legge che ne faceva esplicito divieto. Quei gentiluomini berlusconiani hanno l'occasione di riscattarsi dal malaffare di cui sono stati artefici. A cominciare dal dottor Petroni (nominato dall'allora ministro del Tesoro, Siniscalco), che garantiva, un giorno sì e l'altro pure, cheMeocci era assolutamente compatibile. Poi, a seguire Urbani (Fi), Malgieri (An), Clerici (Lega) e Staderini (Udc).
Marcello Veneziani: (da Libero, su omemoreblog): Da Libero «Non so se oggi (Indro Montanelli) sarebbe tra noi a Libero, come scriveva ieri Feltri, ma vi sono due seri indizi a favore di questa tesi: era il principe dei moderati ma aveva un anima di ribelle autarchico, ed era di destra ma criticava la destra». Montanelli non criticava la destra, criticava Berlusconi, con intransigenza e ottime ragioni, convalidate dalla storia recente. A differenza di Farina, Feltri, Mainiero e tanti altri tra cui questo Marcello Veneziani qui, personaggio tra i più asserviti al dio denaro che mai abbiano calpestato l'italico suolo, disposto a vendere penna e tanto d'altro altro al miglior offerente. Ammettiamolo, "l'intellettuale di destra" non fa neanche rabbia, neppure schifo. Un po' fa pena, un po' fa tenerezza.
Scritto il 07 novembre 2007 alle 20:51 nella Media | Permalink | Commenti (33)
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PERUGIA - Svolta nelle indagini sull'omicidio di Meredith Kercher, la ragazza inglese di 22 anni uccisa con un profondo taglio alla gola nella notte tra giovedì e venerdì scorso a Perugia. La polizia ha fermato tre persone: si tratta della coinquilina americana, del suo fidanzato 24enne e di un cittadino congolese. (Corsera)
Non è fantastico, il Corriere della Serva? ...fermati la coinquilina americana, un cittadino congolese, e il fidanzato 24enne della inglesina. Nazionalità ininfluente. Per la cronaca: è un italiano, ma mi tocca leggerlo sul "Geniale", perchè il Corriere della Serva si astiene pudicamente dallo specificare.
Ora attendiamo con impazienza che Gianfranco Fini chieda l'espulsione non solo di tutti i rumeni, ma anche di tutti i congolesi, gli americani e gli italiani senza lavoro o senza fissa dimora. Par condicio.
Scritto il 06 novembre 2007 alle 11:39 | Permalink | Commenti (30)
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Qualcuno si ricorda ancora del signor Poverini? quel ben pasciuto funzionario del Quirinale (ben dotato, crediamo, di "stipendio d'oro", sicurezza, bella casa e "fringe benefits" a non finire? Quello che scrive ad Augias per dire "temo di essere sul punto di diventare razzista"?
O di quel "donatore di lavoro" italiano che dà fuoco ad un rumeno "in nero" perchè pretende persino di essere pagato alla data pattuita e per l'importo stabilito?
Qualcuno si ricorda ancora (dovrebbe, perchè si tratta di episodi recenti) dei dieci fascisti che hanno massacrato quattro rumeni nel parcheggio di un supermarket? Nessun rom fra di loro: tutti lavoratori con permesso di soggiorno. Usavano incontrarsi in questo squallido parcheggio per i solgi per passare la serata al Gilda con la Santanché proprio non li avevano. Le loro colpe? erano rumeni.
Qualcuno si ricorda dei quattro ragazzini-bene che l'altro giorno hanno massacrato con colpi di catene in testa un ragazzino marocchino? la sua colpa? Gravissima: lo avevao avvertito: doveva stare lontano dalla scuola, pur essendo uno dei migliori e più disciplinati della classe. Non ha voluto sentire ragioni, e ha continuato a frequentare. Così gli hanno dato la lezione che si meritava.
Ora è arrivata la bombetta contro il negozio di una signora rumena a Monterotondo. Le ragioni: le solite. Era rumena, e in più osava vendere prodotti tipici rumeni. Insomma, una vera e propria provocatrice. La signora in questione l'avete vista in TV? una bella faccia pulita, un accento romanesco che manco Gabriella Ferri.
Accanto alla serranda danneggiata, una scritta, tracciata con una bomboletta di vernice nera, con scritto "Ve bucamo la testa", accanto una croce celtica.
Fermiamo i rumeni (ma anche gli svizzeri, i francesi, gli americani, gli inglesi, gli italiani) che delinquono. Ma, innanzitutto, fermiamo il demone del razzismo, prima che i nostri figli ne metabolizzino la logica e la cultura. Perchè a quel punto sarebbe troppo tardi.
P.S.: in questi giorni i fascisti non perdono occasione, a reti unificate, per tuonare contro Veltroni, reo di aver trasformato Roma in una sorta di pericolosissima casbah con obbligo di coprifuoco. Senonchè sono usciti i dati ufficiali sulla criminalità nelle diverse città (la fonte non è l'Unità, giornale fondato da Gramsci, ma il Sole 24Ore, giornale del padronato - che brutta parola), ed è venuto fuori che il numero assoluto dei reati GRAVI è più alto a Milano che non a Roma, pur contando Roma un numero di abitanti molto più alto di Milano. Ora aspettiamo che i fascisti, sempre a reti unificate, innalzino un peana alla Letizia Arnaboldi Brichetto Moratti Viendalmare.
Scritto il 06 novembre 2007 alle 10:49 | Permalink | Commenti (14)
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di Antonello Caporale
"Chi gli comprerà un tutore?", domanda sottovoce al collega Francesco Storace, battutista eccellente che nelle situazioni un po' tristi ritrova la migliore forma. Si dice spallata e si pensa alla povera spalla di Silvio Berlusconi feritasi per l'ottava volta.
Distorsione, slogamento, frattura. Del linguaggio ortopedico i senatori della maggioranza hanno acquisito ogni utile cognizione. Massimo Villone, per esempio: "Un giorno mi sono rotto il menisco e sono stato impedito dal correre qui. Preoccupato, ho atteso lontano l'esito della votazione. Spallata andata a vuoto, spalla slogata di quell'altro e mi sono messo tranquillo".
Antonio Boccia, il segretario d'aula, controlla abitualmente toilette e corridoi, annusa come un cane San Bernando ogni anfratto del Palazzo alla ricerca dei corpi dispersi, momentaneamente evasi dalla noia dell'aula e li riconduce alla ragione e al potere del pulsante, rosso e verde. Avanza stasera con passo certo, testa alta e dichiarazione pronta: "Dobbiamo fare un monumento a Berlusconi, ringraziare la sua spalla e sperare che continui a sospingerla contro il nostro portone. Ha parlato di campagna acquisti appiccando il fuoco al malanimo, al sospetto dell'uno verso l'altro, impegnando ciascuno a difendere l'onore liso, a esibire la propria dignità: 'Mi fa passare per venduto, ma ti sembra possibile che io?'. Ha ragione Casini: per resistere non c'è niente di meglio che Berlusconi".
Anche stasera è stato un corri corri al pulsante: votare rosso per dire no, votare verde per dire sì. "Qui è il frigorifero dei sentimenti. Sei solo un voto, e hai due colori a disposizione. Nemmeno ti salutano, ti guardano, ti chiedono come stai, se sei viva o morta, se hai un'idea o un'altra. L'unica cosa che ti indicano è il pulsante: vota verde se c'è da dire sì, vota rosso se c'è da dire noi. Ma io non sono un numero. Voglio tornare a casa mia, quando scendo in strada la gente mi saluta, mi sorride. Dopo la Finanziaria lascio".
Franca Rame, abituata al palcoscenico, l'unica incupita per la sorte che le è toccata. L'opposto della senatrice Rita Levi Montalcini alla quale la battaglia ha fatto rifiorire il gusto della vita, e la corsa all'ultimo voto la inchioda felice alla poltrona, mai doma, mai sazia. L'altro giorno ha chiesto di assentarsi, per evitare di partecipare al voto dell'articolo che finanzia, tra gli altri, anche il suo istituto di ricerca. "Posso andare?" ha detto come una scolaretta. "Vada", le dissero. Si sono accorti però presto che la sua assenza avrebbe provocato la morte collettiva della maggioranza. Di corsa fuori, l'hanno rincorsa nel corrodoio: "Senatrice, ritorni subito per favore, siamo sotto" [...]
Il passare inutile del tempo, le prove eccitate di spallate annunciate come decisive e alla fine rovinate per un nonnulla, hanno indispettito persino i giornalisti; infatti la loro andatura si è fatta più rilassata e tranquilla, l'attesa più annoiata.
Palazzo Madama sta ritornando lentamente alla sua storia e al torpore dei suoi dibattiti. Ieri Renato Schifani ha cercato di spingere in alto il tono con un discorso grave e ben ritmato, raccogliendo però applausi sparsi e deboli. Persino Roberto Calderoli, che è pur sempre Calderoli, nel suo intervento è parso piuttosto rassegnato. Nessuna accusa grave a Padoa-Schioppa, il ministro che per tutta la giornata ha seguito i lavori, poche le urla, nessuna contestazione di rilievo al presidente d'aula Franco Marini, come invece era prassi.
Tutto più sgonfio, più morbido. L'opposizione meno cruenta ("Non ci ho mai creduto alla spallata", segnala il siciliano Carlo Vizzini), la maggioranza meno impaurita: "Vinci una prova, poi un'altra, poi una terza, una quarta, una quinta. Beh, un po' di coraggio lo ritrovi, un po' di autostima la conquisti. E' la sicurezza dei tuoi passi, il convincimento che puoi andare avanti, che non sei un morto che cammina. Ma con questi numeri è difficile che la tensione si riduca. Ogni volta è un salto nel buio". Giampaolo D'Andrea, il sottosegretario ai rapporti col Parlamento, raccoglie la borsa e saluta. La buvette è di nuovo vuota, i tramezzini finiti, anche le banane e i fichi d'india [...](6 novembre 2007)
Scritto il 06 novembre 2007 alle 10:23 nella Politica | Permalink | Commenti (3)
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QUANDO ALLA FARNESINA COMANDAVANO "LORO"
I fatti fanno riferimento all'inchiesta svolta dal pm di Potenza, Henry John Woodcock. Archiviata per l'ex portavoce di Fini l'accusa di concussione sessuale. A Sottile vengono contestati tre episodi: due volte fece accompagnare la soubrette alla Farnesina e una fece portare a casa la moglie
Roma, 5 novembre 2007 - Il gup del tribunale di Roma, Roberta Palmisano, ha rinviato a giudizio per il reato di peculato Salvatore Sottile, l'ex portavoce del leader di An Gianfranco Fini quando quest'ultimo era ministro degli Esteri. Il giudice ha accolto le richieste del pm Giancarlo Amato. I fatti fanno riferimento all'inchiesta svolta dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, nell'ambito degli accertamenti che portarono in carcere Vittorio Emanuele di Savoia.
In particolare a Sottile vengono contestati tre episodi: in due occasioni avrebbe fatto prelevare la soubrette Elisabetta Gregoraci da via Sistina per farla portare alla Farnesina; e un'altra volta avrebbe disposto che la moglie fosse presa alla stazione e portata a casa.
Le iniziali accuse a Sottile erano relative a una presunta concussione sessuale a danno della Gregoraci e di altre attrici e starlette, al fine di favorirne il successo nel mondo dello spettacolo. Rispetto a questa ipotesi però i pm, Amato e Maria Cristina Palaia, hanno chiesto l'archiviazione ed ottenuto dal gip la chiusura del fascicolo.
Gli incontri tra Sottile e la Gregoraci sono avvenuti alla Farnesina grazie al fatto che una macchina in uso alla presidenza del Consiglio prelevò l'attrice su disposizione dell'ex portavoce di Fini. Questo uso privato di un bene d'uso pubblico ha fatto scattare l'accusa.
Clamoroso!!! Henry John Woodcock non era pazzo!!!
Scritto il 06 novembre 2007 alle 10:01 | Permalink | Commenti (8)
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Come ampiamente pubblicizzato dalla stampa proprio in
questi giorni semifestivi I timori sulla salute del sistema creditizio globale,
che parevano sopiti, sono riemersi in modo abbastanza repentino e violento. Io
non mi sento per ora di cambiare il mio atteggiamento in materia. Difatti sono
convinto che le attuali turbolenze siano in gran parte causate dalla
speculazione e dall’emotività, più che da una netta mancanza di fiducia e
conseguentemente di liquidità sui mercati. Non che ci sia da aspettarsi neppure
un immediato ritorno all’euforia ed al credito facile, ma neppure un crollo
epocale. Semmai a livello del nostro sistema creditizio io vedrei con molto
maggiore preoccupazione I soliti problemi endemici, quali sottocapitalizzazione
(intendo le nostre banche hanno un patrimonio proprio che é ridicolo rispetto
alla massa amministrata, cosa ben diversa da quanto accade all’estero), estrema
arretratezza in materia organizzativa ed operativa, pesantezza di struttura
dovuta a ragioni politiche e di privilegio, nonché pericolosi intrecci e
partecipazioni incrociate tra il mondo industriale e quello bancario. Queste
sono le cose che dovrebbero preoccupare il risparmiatore nostrano in quanto
generano tutto il coacervo di costi e balzelli – in particolare il costo e la
gestione dei mutui – che in altri paesi – non necessariamente più ricchi di noi
– sono stati eliminati da tempo, anche con vantaggio del sistema bancario
stesso.
Per concludere almeno per ora il discorso sui muti
immobiliari vorrei fare con voi un breve e semplice ragionamento su di un tema
che viene da moltissimi considerato ovvio anche se non lo é affatto: l’argomento
principe che spinge il comune risparmiatore – in massima parte lavoratore
dipendente – a stipulare un mutuo immobiliare é la ferma convinzione che pagare
un affitto significhi ingrassare un padrone senza aver nulla in cambio, mentre
pagare le rate di un mutuo vuol dire far sacrifici per avere un premio futuro. Ebbene
io ho forti dubbi su questa credenza, senza per altro esser necessariamente
amico dei locatori. Mi spiego. Se io pago un affitto é vero che corrispondo una
certa somma per avere il diritto ad usare un immobile, senza mai diventarne
proprietario, indipendentemente dalla durata della locazione. Al contrario se
acquisto un immobile, innanzitutto riesco a farlo solo mediante un finanziatore
che mi presta la gran parte del capitale di cui io al momento non dispongo,
mentre io figurando di pagare un affitto in realtà rimborso gradatamente, sia
pure in un tempo lungo, un debito, restando al momento dell’estinzione dello
stesso pieno e libero proprietario dell’immobile.
Se la questione fosse in questi precisi termini in realtà
non potrei che concordare con l’opinione generale, ma non sempre é così. Difatti
se io sono conduttore di un immobile é vero che pagando l’affitto non lo
acquisto, ma é altrettanto certo che posso usarne senza avere tutti gli oneri
tipici del proprietario, ovvero non pago né imposte né tasse su ciò che non é
mio e neppure ho la necessità di dover compiere tutte le opere di manutenzione
necessarie per assicurare il corretto uso dell’immobile stesso. Anzi al
contrario, ricevendo un affitto, il locatore é addirittura obbligato a compiere
tutti I lavori necessari ed a sue proprie spese per assicurare il mio giusto
godimento dell’immobile per il quale pago. Il secondo ordine di considerazioni
riguarda la natura dell’immobile: se esso dopo un certo periodo di tempo
manifesta difetti costruttivi che prima erano occulti tutti gli oneri ricadono
sul proprietario, anzi l’inquilino in caso sia pregiudicato ha pure diritto ad
un bonifico sull’affitto e se il caso, al risarcimento dei danni patiti. Non
ultimo se proprio l’immobile non piace più l’inquilino può andarsene con un
minimo preavviso. Come pure se l’immobile per mutate esigenze famigliari
diviene stretto o largo é molto più facile per un inquilino trovarne un altro
più adatto, che per un proprietario il quale deve prima vendere il vecchio per
acquistarne poi uno nuovo accollandosi come minimo tutti I nuovi costi di
intermediazione ed intestazione.
Infine se proprio le cose vanno male l’inquilino prima di
essere sfrattato ha un lunghissimo tempo a disposizione, invece il proprietario
insolvente viene cacciato da casa ex-sua molto più rapidamente, se non altro
perché ha di fronte una banca che normalmente possiede risorse legali e
coercitive molto ma molto maggiori di quelle a disposizione del comune
locatore. Attenzione non sto facendo come la volpe e l’uva della favoletta, ovvero
evviva gli inquilini perché é troppo difficile e rischioso diventare
proprietari. Voglio solo dire che a mio avviso la giusta soluzione é nel mezzo.
Ed appunto perché sta nel mezzo – non credo alla falsa democrazia – non é
purtroppo alla portata di chiunque. Facciamo un passo indietro. Vi ricordate
che cosa dicevano I nostri nonni o I nostri padri se siamo quasi nonni a nostra
volta: io ho lavorato tutta la vita (stando in affitto) ho risparmiato, e verso
l’età della pensione, un po’ coi risparmi, un po’ con la liquidazione, un po’ con
un prestito (molte volte fatto da amico più facoltoso che sovente non metteva
interessi, ma che era debito d’onore il rimborsare a tempo giusto), si riusciva
a comperare l’appartamentino o a farsi la piccola villetta, come se ne vedono
molte ancora oggi in posti che una volta erano al limite della città, quasi in
campagna, ed oggi sono addirittura chiamati da certi immobiliaristi d’assalto
“semi centro”.
Così il nonno viveva la sua vecchiaia con un tetto
sicuro, che poi serviva ai figli e magari ai nipoti. Inoltre la casetta rappresentava
una riserva di valore per avere credito in caso di disgrazie o malattie. Come
vedete il risultato finale é eguale a quello del nostro giovane mutuatario, che
passa gran parte della sua vita lavorativa a pagare le rate e verso la fine
della stessa si trova proprietario. Ed allora qual’é la differenza? E la
differenza c’é eccome. Difatti il nonno ha speso quello che ha guadagnato, ed
ha comprato sulla base di quanto accumulato. Il giovane mutuatario invece ha
fatto una scommessa sul futuro – suo e della sua famiglia – semplicemente
spendendo subito quello che non possiede, ma forse possiederà. Ancora il nonno
non ha pagato le tasse e la manutenzione straordinaria su quello che di fatto
non era suo e non ha pagato in interessi una somma che nel tempo arriva vicino
al prezzo di acquisto dell’immobile. Osserviamo pure che se é vero che l’ammontare
del debito é stabilito all’inizio del contratto (non sempre gli interessi però)
ed essendo una quantità di moneta tende a svalutarsi nel tempo, a vantaggio del
mutuatario, é parimenti vero che anche l’immobile invecchia e salva una
cospicua e costosa manutenzione, non é detto che in termini reali mantenga il
proprio valore. Quindi come ho già detto la convenienza é nel mezzo: chi non
dispone di un sufficiente capitale e/o di redditi congrui nel tempo per
sostenere l’acquisto, anche ricorrendo ad un mutuo parziale, é molto meglio per
lui ricorrere all’affitto, magari accontentandosi per fare poi come il nonno.
Ma purtroppo ai tempi del nonno non c’erano – mi dite voi
- certi personaggi che con le loro belle trovate erodono il potere di acquisto
della gente che lavora per crearsi e mantenersi privilegi e sfrontate
ricchezze. Avete ragione, ma questa é un’altra storia.
Scritto il 06 novembre 2007 alle 08:00 | Permalink | Commenti (0)
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PROMEMORIA
(da "Carta Canta" di oggi su Repubblica.it)
"La politica del centrodestra si è mostrata del tutto indifferente: a vuoti annunci si sono affiancate misure che contrastano con il rispetto della legalità, l'inerzia rispetto alla criminalità economica, un abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata, l'utilizzo delle forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate; basti pensare ai fatti di Genova, per i quali ancora oggi non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là degli aspetti giudiziari) e sui quali l'Unione propone, per la prossima legislatura, l'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta".
(dalla pagina 77 di "Per il bene dell'Italia", programma
elettorale dell'Unione, aprile 2006).
(5 novembre 2007)
...non è, a dir poco, strano? dopo che per settimane e settimane da alcuni blogs si fa notare il rumoroso silenzio di Travaglio su Di Pietro (che pure ha dato, da due mesi a questa parte, ampi spunti di riflessione a tutti), finalmente Travaglio "rompe il silenzio", e pubblica un attesissimo "Carta Canta". Su Di Pietro? NOOOOOO!!!!!! Sul fatto che nel programma dell'Unione ci fosse la commissione d'inchiesta sul G8!
..."Carta Canta" anomalo, perché mentre in genere la rubrica mette insieme da due a dieci notizie che in contraddizione fra di loro, questa volta è costituita da un solo paragrafo (quello che cita l'impegno dell'Unione per la commissione), ma "dimentica" di dire chi ha provato ad affossare la commissione stessa. No, Caro Marco, non è così che potrai recuperare la tua immagine di giornalista informato, indipendente e fustigatore a destra e a manca. Non è non citando neanche per sbaglio il tuo amico Di Pietro che potrai recuperare la credibilità forse non ancora perduta, ma certamente "lesionata"...
Tafanus
Scritto il 05 novembre 2007 alle 11:00 nella Politica | Permalink | Commenti (33)
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Sono sempre stato un utente Windows, a parte
una piccola sbirciata a Mandrake qualche anno fa, ma allora, siccome
sul mio PC era installato un maledettissimo winmodem, ed essendo quindi
impossibilitato a connettermi a internet, decisi di tornare a Windows.
Qualche mese fa ho deciso di riprovarci, questa volta avevo a
disposizione una scheda di rete e un router, e grazie all’aiuto di un
amico ho installato questo benedetto Linux.
Mi è stata consigliata kubuntu, dicono sia una distribuzione completa e
abbastanza facile da usare, e poi c’è Kde che, per chi proviene da un
ambiente Windows come me, è un ottimo ambiente grafico.
Però, prima di installare Kubuntu sull’hard-disk, sono stato in grado di provare tale distribuzione sul mio computer senza intaccare minimamente il sistema, facendo il boot dal lettore cd-rom! Immaginate se esistesse una simile possibilità anche con Windows Vista, se fosse davvero possibile scaricare legalmente un cd di tale sistema operativo ed avviarlo sul vostro PC direttamente dal lettore cd-rom, senza intaccare il sistema, per poterne valutare le funzionalità prima di sostituire Windows Xp.
Alla fine, dopo aver testato Kubuntu avviando l’intero sistema operativo dal lettore cd-rom, ho deciso che meritava un po’ di spazio sul mio hard-disk. Che dire, mi aspettavo una marea di programmi, come fu a suo tempo con Mandrake, invece i programmi erano di meno ma c’erano tutti quelli essenziali per lavorare, navigare, scaricare file torrent, oltre a qualche giochino. Una buona cosa perché non sono dovuto impazzire con troppi programmi ridondanti, che alla fine confondono l’utente invece di aiutarlo.
Poi ho guardato le impostazioni di sistema, ovvero l’equivalente del
pannello di controllo di Windows, anche qui ho trovato tutto abbastanza
chiaro: c’è il programma per settare l’aspetto del sistema, quello per
gestire la scheda sonora, l’utility per configurare le stampanti. Praticamente ogni aspetto del sistema operativo installato sul disco rigido è uguale alla versione avviata con il live-cd,
una volta installata la distribuzione sull’hard disk non noterete
alcuna differenza, si ha sempre e comunque tutta la comodità dei
programmi già installati e funzionanti,
Ricordo invece che quando ero su win, dopo ogni formattazione e
reinstallazione del sistema operativo, dovevo passare giornate intere
per reinstallare di nuovo tutti i programmi che avevo scaricato da
internet.
Tuttavia, pur nella ricchezza della dotazione offerta, anche su Linux c’è sempre qualche programma che serve e che manca alla dotazione di base, dobbiamo quindi affrontare la procedura di installazione di qualche programma, ed è qui che si cominciano a vedere le prime differenze con Windows. Per rendere facile la vita agli utenti, che altrimenti sarebbero dovuti impazzire tra dipendenze da compilare e linea di comando, le distribuzioni hanno creato degli immensi archivi on line contenenti, sia i pacchetti degli applicativi, sia le varie dipendenze necessarie. Questi enormi archivi sono chiamati repository.
Per accedere a questi repository si utilizza un packet manager, ovvero un programma già installato nella distribuzione che, grazie a un motore di ricerca interno, è in grado di trovare l’applicativo che ci serve: basta inserire il nome del programma o delle parole chiave, come ad esempio “player” se ci interessa trovare dei lettori multimediali, e ci sarà fornito un elenco di programmi tra cui scegliere quello che preferiamo. Logicamente in questi repository non ci sono tutti i programmi, in questo caso si può cercare il programma su internet, per poi installarlo manualmente, esattamente come con windows.
Un’altra differenza è che su Linux, quando si installa un programma o quando si fanno delle modifiche alle impostazioni, compare una finestra che ci chiede di immettere la password di amministrazione.
Per il resto è tutto molto simile a windows, anche se qualche volta si deve usare la linea di comando e si deve fare il callo per capire la gestione dei permessi.
Comunque, quando si inizia ad utilizzare Linux con frequenza quotidiana, e si prende confidenza con il sistema, vi assicuro che sarà difficile tornare a Windows. A me è successo: l’altro giorno sono stato costretto ad utilizzare Windows per poter guardare un cd didattico realizzato esclusivamente per tale sistema operativo; vi garantisco che sono romasto spiazzato ( ), font da ipovedenti, lettere enormi, squadrate, finestre di connessione che comparivano ogni due-tre secondi, mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo.
Io consiglio, a tutti coloro che vogliono entrare nel mondo di
Linux, di trovare qualcuno che sia già esperto del sistema e che sia in
grado di aiutarvi nelle fasi iniziali, avere qualcuno a cui chiedere consiglio in caso di difficoltà è molto tranquillizzante.
Qualcuno si chiederà: ma perché passare a Linux? I motivi sono molteplici, ognuno troverà il suo, magari ci sarà chi, come me. proverà Linux per curiosità, ci sarà chi invece farà questa scelta per motivi di principio legati agli ideali del software libero, chi semplicemente per provare un’alternativa a Windows.
I motivi possono essere infiniti, ma vi assicuro che l’importante è provare, anche solo per scoprire che c’è un mondo diverso oltre Windows, un mondo che, giorno dopo giorno, acquisisce sempre più utenti, e che vale davvero la pena scoprire.
Autore: Nino
Per gentile concessione di Doxaliber
Scritto il 05 novembre 2007 alle 08:00 | Permalink | Commenti (4)
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Nel dibattito odierno, parecchi si sono chiesti quale sia la ragione di tutta questa acredine dei fascisti di vario genere della CdL contro Veltroni. Avevo avanzato l'ipotesi che la parola-chiave fosse il "fattore tempo": un vantaggio della CdL, che era due mesi fa di 12 punti, e che adesso è quasi dimezzato.
Ecco i dati dell'ultimo sondaggio SWG, con "field-work realizzato fra il 20 e il 25 ottobre, e quindi già superato, con molta probabilità, da nuovi dati ancora peggiori, per il Cipria:
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Il vantaggio del CDX già quindici giorni fa era ridotto dai 12 punti di partenza ai 7,5 attuali, con una tendenza del CSX in lieve crescita, ed una tendenza del CDX il lieve diminuzione. Al prossimo check-point della SWG, la differenza sarà inferiore all'errore statistico, che è, in questo sondaggio, di+/- 3 punti.
Le cose sono ancora peggiori se si confronta Berlusconi contro Veltroni, in un ipotetico scenario da sistema (o da comunicazione, aggiungo io) di tipo maggioritario: la tabella sottostante mostra i livelli di fiducia, FRA TUTTO L'ELETTORATO DI CSX E DI CDX: in tal caso, Veltroni batte Berlusconi per 52 a 36; in termini di "Poca o nessuna fiducia", invece, Berlusconi vince nettamente: 62 a 43 !!!
In teoria Fini potrebbe ancora competere con Veltroni, ma voglio proprio vederli, all'atto pratico, leghisti e UDCisti che votano per Fini Premier!
Scritto il 04 novembre 2007 alle 19:36 nella Politica | Permalink | Commenti (5)
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Oggi, che abbiamo la storia completa di due mesi "normali" (Settembre ed Ottobre), possiamo tracciare un primo bilancio dei danni che il colpo di genio estivo di Kataweb ha prodotto al blog. Ricordiamo che in pieno periodo estivo, causa divorzio fra kataweb e typepad, tutti i blogs che si servivano di questa piattaforma (incluso quindi il nostro) si sono ritrovati improvvisamente con indirizzi web non più funzionanti.
Il tutto si è verificato senza che kataweb predisponesse il benchè minimo servizio di reindirizzamento del blog. Improvvisamente, siamo diventati invisibili, introvabili. Dai 1800 accessi al giorno raggiunti prima di questo scherzo, e con trend in crescita, siamo improvvisamente piombati a... 200 accessi. Nonostante il generoso intervento fatto da Sostiene Pereira per salvare il salvabile (in quel periodo io ero assente per un piccolo intervento chirurgico), siamo dovuti ripartire praticamente da zero.
Oggi sono lieto di informare gli amici che, anche se non abbiamo recuperato tutto quanto abbiamo perso, siamo sulla buona strada, e la tendenza, sia in termini di accessi, sia in termini di diffusione geografica, tornano a premiarci, e a ridarci un certo ottimismo. Riporto in calce il grafico degli accessi negli ultimi mesi, il trend, e l'elenco dei paesi visitatori.
Troviamo particolarmente confortante il trend, che mostra una crescita di circa 200 accessi al mese. Possiamo scommettere che qualche amico (ed anche qualche nemico) ironizzerà, in pubblico o in privato, sulla nostra "attenzione" agli accessi. A questi eventuali critici spiegheremo, ancora una volta, che un blog, se vuole avere un minimo di capacità di influenzare opinioni e decisioni, DEVE avere non solo qualità, ma anche quantità. A costo di "irritare" quanti vorrebbero che il blog fosse solo un piacevole salottino di amici, continueremo a gestirlo in modo che anche gli accessi siano, se possibile, premiati, attraverso la qualità dei posts e dei commenti, ed attraverso una rigida applicazione delle regole di comportamento, che devono valere per tutti.
Ed ora diamo l'elenco dei paesi che si sono collegati al blog, dopo il disastro estivo:
Albania, Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Australia, Austria, Belgio, Bolivia, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina, Colombia, Costarica, Corea, Croazia, Danimarca, Ecuador, Egitto, El Salvador, Emirati Arabi, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Guatemala, Honduras, Hong Kong, India, Indonesia, Iran, Irlanda, Israele, Italia, Libia, Lussemburgo, Malta, Marocco, Messico, Norvegia, Olanda, Perù, Polonia, Portogallo, Rep. Ceca, Rep. Dominicana, Romania, Russia, San Marino, Serbia & Montenegro, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Taiwan, Thailandia, Tunisia, Turchia, Ucraina, Ungheria, USA, Uruguay, Venezuela, Vietnam.
Si tratta di 71 paesi. Prima del blackout il blog aveva superato la soglia psicologica dei 100 paesi. La ritroveremo...
Vogliamo ringraziare tutti coloro che, con la qualità dei loro contributi e dei loro commenti, hanno contribuito a farci recuperare, in pochi mesi, gran parte del terreno perduto.
Scritto il 04 novembre 2007 alle 18:43 nella Media | Permalink | Commenti (0)
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Scritto il 04 novembre 2007 alle 16:57 nella Politica | Permalink | Commenti (34)
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Un auto golpe per Musharraf Stato d'assedio in Pakistan. La Bhutto: un giorno nero
Ha fatto quello che tutti si attendevano da settimane: indebolito da una rielezione condizionata, sotto pressione degli integralisti islamici, preso di mira da attentati, il presidente pachistano, generale Pervez Musharraf, ha proclamato sabato lo stato d'emergenza per garantirsi, contro «l'ingerenza paralizzante» dei giudici, il potere necessario per combattere un terrorismo in aumento e «libero di andare dovunque». Di fatto un colpo di stato, il secondo in otto anni realizzato dallo stesso Pervez Musharraf, proprio alla vigilia di una decisione della Corte suprema che avrebbe potuto costringerlo ad abbandonare il posto di presidente del Paese.
La sovranità del Pakistan è in pericolo, ha detto Musharraf in un discorso di 50 minuti di giustificazione della sua azione, registrato per la televisione di Stato, l'unica ancora attiva. «Non agire sarebbe in questo momento un suicidio e io non posso permettere a questo Paese di commettere un suicidio», ha aggiunto Musharraf in inglese, assicurando gli alleati Stati Uniti e l'Occidente che la decisione «molto penosa» è nell'interesse della transizione democratica. Ma «please, give us time (dateci tempo)... non pretendete da noi i vostri standard», ha detto il generale presidente, al potere da otto anni con un colpo di stato militare. E non ha risparmiato neanche una citazione di Abraham Lincoln per dare corpo alle sue ragioni. Senza tuttavia spiegare come mai l'estremismo abbia potuto prendere piede con tanta forza. Un'ondata di attentati suicida - fra cui un ultimo il mese scorso che ha ucciso 140 persone a Karachi - ha colpito negli ultimi mesi il Pakistan, l'unico Paese islamico dotato di bomba atomica.
Musharraf ha assicurato che il governo rimarrà in carica immutato e così pure le assemblee nazionale e provinciali. Ma non ha detto se le elezioni, previste per metà gennaio, si terranno. L'ex primo ministro Benazir Bhutto, rientrata oggi a casa a Karachi da Dubai, ha detto che si tratta di una «mini legge marziale» imposta per rinviare di uno o due anni la consultazione parlamentare. Il sole era appena tramontato a Islamabad, quando il presidente dimezzato da una conferma al potere, sub judice della Corte suprema, ha spento le televisioni private, ha invaso con militari le grandi strade silenziose e alberate della capitale e ha destituito giudici. Punendo così i media responsabili di seminare panico e far fuggire gli investimenti - come ha detto nel suo discorso - e la magistratura colpevole di «paralizzare» l'attività del governo.
Islamabad per ora sta reagendo con calma. D'altronde, la storia del Pakistan è segnata da colpi di stato militari, da omicidi e violenze. Per trenta dei suoi sessanta anni di vita, il Paese è stato dominato da militari. Voci di una possibile proclamazione dello stato d'emergenza correvano da settimane e si sono rafforzate sull'ipotesi che la Corte suprema non avrebbe riconosciuto la legittimità della rielezione il 6 ottobre di Musharraf a capo dello Stato, contestata dall'opposizione per il ruolo di comandante delle forze armate che il generale ancora ricopre. Il suo mandato scade il 15 novembre. La Corte si sarebbe dovuta riunire lunedì e prendere una decisione entro il 12 novembre. Otto giudici della Corte suprema hanno dichiarato illegale la proclamazione dello stato d'emergenza, ma il presidente della stessa Corte Iftikhar Mohammed Chaudry è stato destituito e sostituito con Hamed Dogar, uomo vicino al generale. Chaudry ha sfidato Musharraf, e lo ha battuto facendosi reinsediare dopo una prima destituzione a marzo. Attorno a lui si è formato un movimento di opposizione di avvocati e giudici che ha raccolto un grande sostegno popolare. L'avvocato e leader dell'opposizione Aitzaz Ahsan è stato fermato. E Imran Khan, leader dell'opposizione ed ex capitano di cricket, è agli arresti domiciliari a Lahore.
Gli Stati Uniti e l'Unione Europea nei giorni scorsi hanno cercato di dissuadere Musharraf dal prendere questa misura che rallenterà la transizione democratica auspicata per il Pakistan e rischia di creare ancora maggiore instabilità nel Paese. L'Ammiraglio americano William Fallon, comandante nella regione, era ieri a Islamabad per cercare di convincere il presidente, con la promessa di nuovi aiuti militari, a rinunciare a questa decisione. Senza successo. Washington e il mondo hanno condannato lo stato d'emergenza. Ma sempre da Washington nel pomeriggio è arrivata l'assicurazione che nulla muterà nei rapporti con l'alleato pakistano, troppo importante per la guerra che si confatte nel confinate Afghanistan.
Repubblica.it - 4 Nov. 2007
...e così, ci risiamo; il Pakistan di nuovo in mano ad un dittatorello dotato (unico fra i paesi islamici) di bombetta atomica. E l'amico georgedabliu, accecato dalla sua personale guerra con il fantomatico Bin Laden, non ha niente (di serio) da obiettare: "...nulla muterà nei rapporti con l'alleato pakistano..." Cloppete, cloppete. Applausi. Ed "esportare la democrazia" anche in Pakistan? Non se ne parla neppure... è già così impegnato su altri mercati...
Il mondo in mano ad una banda di coglioni.
Scritto il 04 novembre 2007 alle 12:01 nella Guerra | Permalink | Commenti (4)
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A volte, agli "appassionati incompetenti" di jazz come me, succede di incontrare eventi straordinari. Uno di questi eventi si chiama Toots Thielemans.
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Avevo poco più di 23 anni, e in quel periodo (parlo del '60) lavoravo in Belgio, all'Euratom, in un piccolissimo paesino (Mol) di 5000 abitanti, quasi ai confini con l'Olanda. Si passava tutto l'inverno a 15 gradi sotto zero. Il colpo di vita era quello di andare per qualche giorno a Parigi o ad Amsterdam, quando riuscivamo ad "imbrogliare" i rilevatori di radioattività assorbita in settimana, e farci dare una bella seduta in "decontaminazione", e qualche giorno di "condanna" alla lontananza dal Centro di Ricerca. Se il colpetto non riusciva (ma non potevamo neanche provarci troppo spesso!) allora l'alternativa era qualche balera di Eindhoven o di Lommel, o di Anversa, oppure il colpo di vita a Bruxelles. In questa noiosissima città, che alle otto di sera sembrava una città abbandonata per qualche misteriosa epidemia, il nostro rifugio era una cave in una stradina accanto alla "Grande Place". Jazz moderno tutte le sere. Nome non originalissimo: "The Blue Note" (niente a che fare con la catena odierna). Prezzi "alla portata".
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Una sera siamo entrati senza neanche sapere cosa ci fosse in programma. Luci basse, pareti nere, moquette nere, arredi neri. Ci voleva un tot per abituare l'occhio a questa quasi totale oscurità. In questo stato di quasi totale cecità, sento una cosa che non avevo mai sentito prima nel jazz moderno: una... armonica a bocca. Un trio strano (questo l'ho appreso dopo) perchè c'erano parecchie cose "anomale": l'armonica a bocca, Toots Thielemans che la suonava magistralmente (un belga che suona jazz!!!), un bravissimo pianista, Martial Solal, addirittura algerino! Troppo, per una sera sola. Thielemans aveva 38 anni, Solal 33. Una serata che non avrei mai dimenticato.
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Negli anni, ne ho seguito abbastanza l'evoluzione, che è sempre stata all'insegna del "natura non facit saltus": evoluzione graduale, senza sbalzi, ma che lo ha accompagnato per oltre sessant’anni di carriera, senza mai farlo sembrare obsoleto.
Nel '98, una grande perla: Toots Thielemans, alla tenera età di 76 anni, incide un grandissimo album (Chez Toots), e lo incide con grandi personaggi, di due generazioni più giovani di lui. Uno dei pezzi più belli di questo quasi sconosciuto album ("La vie en rose"), che è il pezzo proposto questa settimana al vostro ascolto), lo incide con una grandissima cantante e pianista, che aveva 34 anni (meno della metà degli anni di Toots), e della quale non vi parlerò perché c'è, sul Tafanus, una "perla" a lei dedicata: Diana Krall.
Nella sua lunga carriera Toots Thielemans ha collaborato con Benny Goodman, Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Oscar Peterson, Quincy Jones, Pat Metheny, e tanti, tanti altri, fra cui il mio caro e vecchio amico Renato Sellani. Godetevelo, questo musicista e questo pezzo, perché difficilmente vi capiterà una seconda occasione di questo livello. Toots ha inciso l’ultimo album a me noto nel 2001, all’età di 79 anni.
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Toots Thielemans & Diana Krall – La vie en rose .
Scritto il 04 novembre 2007 alle 08:00 nella Musica | Permalink | Commenti (2)
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A Roma i funerali della donna uccisa a Tor di Quinto - Le lacrime del marito: "Non è giusto". "Giustizia e non intolleranza" - Il fratello: "I nostri genitori ci hanno insegnato l'amore"
ROMA - Quella rosa rossa l'ha tenuta in mano tutto il tempo. Solo alla fine l'ha lasciata sulla bara. Dolore, lacrime e tanta compostezza. Giovanni Gumiero, capitano di vascello della Marina e marito di Giovanna Reggiani, la donna seviziata e uccisa a Roma, era in prima fila ai funerali della moglie che si sono tenuti stamattina nella chiesa del Cristo Re. Accanto a lui, i genitori di Giovanna, i fratelli, gli amici, tanta gente. E i rappresentanti delle istituzioni: il sindaco di Roma Walter Veltroni, il ministro dell'Interno Giuliano Amato, il leader di An Gianfranco Fini. E i vertici della Marina. Fuori dalla chiesa telecamere e fotografi.
I funerali, cominciati alle 11 e terminati poco dopo mezzogiorno, sono stati celebrati, per volontà della famiglia, con rito valdese a partecipazione ecumenica, per rispettare la fede valdese di Giovanna Reggiani e quella cattolica del marito. Ed è stata la moderatrice della tavola valdese Maria Bonafede a chiedere giustizia e a mettere in guardia dal rischio dell'intolleranza verso gli immigrati. "La giustizia - ha detto Bonafede - deve fare il suo corso. Punire i colpevoli. Va detto no all'intolleranza e al razzismo".
Parole tanto più significative all'indomani della spedizione punitiva contro un gruppo di romeni di Tor Bella Monaca. L'invito è stato poi rilanciato dal cappellano della Marina Fabrizio Benvenuti: "Sento parlare sui giornali di intolleranza, vogliamo giustizia e non intolleranza che è una malaerba".
Quindi è stata la volta del fratello di Giovanna Reggiani, Luca. Parole pacate le sue: "Cara Giovanna, il babbo e la mamma ci hanno insegnato la tolleranza e l'importanza dell'amore. Noi fratelli abbiamo sempre avuto uno spirito libero, grazie ai nostri genitori. Ricordiamoci che il silenzio non è sempre muto. Ciao sorella".
Smisurato il dolore del marito di Giovanna. Spesso con il volto rigato dalla lacrime. Circondato dall'affetto di parenti e amici: "Non è giusto, non è giusto. Perché? Perché?", ha detto più volte fissando la bara. Alla fine della cerimonia il feretro è uscito accompagnato da un lungo applauso. Sporadiche e fuori posto alcune voci che chiedevano "vendetta" e "pena di morte per gli assassini".
"Dalla chiesa del Cristo Re, si sono innalzate parole che hanno chiesto giustizia mai vendetta, fermezza mai intolleranza, rigore mai odio. Quelle parole, tutta la città di Roma, le condivide e le fa proprie" ha poi commentato Veltroni. Alcuni politici di destra lo accusano di essere uscito da una porta secondaria.
Dopo la cerimonia funebre anche Giovanni Gumiero ha voluto lanciare un appello alla tolleranza: "Sappiamo e dobbiamo distinguere le persone, un rom da un rom, un romeno da un romeno, un italiano da un altro italiano".
Questa volta al fascista è andata male. Ci aveva sperato, l'uomo in Facis. Forse era andato al funerale a raccogliere la standing ovation e pregustando i fischi a Veltroni. Non ha avuto nè l'una, nè gli altri. Ha dovuto subire l'interminabile abbraccio fra Veltroni ed il marito della signora Reggiani, Giovanni Gumiero, e la sua lezione di tolleranza. Sarà per la prossima volta.
Scritto il 03 novembre 2007 alle 22:21 | Permalink | Commenti (15)
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Scritto il 03 novembre 2007 alle 07:00 | Permalink | Commenti (11)
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non ti capisco. Lotto con me stesso, e mi sforzo di aprire un varco attraverso il quale cercare un’intesa con molti dei tuoi richiami e dei tuoi appelli e il tentativo mi rimane come strozzato sulla coscienza: impossibile mandarlo giù. Anche il tuo ultimo appello ai farmacisti cattolici perché mettano in atto una forte obiezione di coscienza circa la vendita di “farmaci che abbiano scopi chiaramente immorali” mi trova riluttante. La riserva non riguarda l’oggetto del tuo appello bensì i destinatari. Un papa che fa appello all’obiezione di coscienza non può che far piacere; dopotutto, l’obiezione di coscienza, per quanto mi risulta, è stata inventata dai cristiani come arma di disobbedienza verso un potere invadente e prepotente, espressione di una più radicale obbedienza. I primi martiri cristiani vi hanno fatto ricorso a più non posso. Ciò che suscita perplessità, invece, sono i destinatari della tua denuncia. Perché non ti rivolgi ai semplici fedeli che sono i “consumatori” e che sono coloro che tengono sù quel mercato che tu ritieni immorale piuttosto che ai “gestori” nell’espletamento del loro pubblico esercizio? Questo vizio, tutto clericale, di baypassare la base per raggiungere direttamente i vertici oltre che “antidemocratico” è anche poco “ecclesiale”. E sotto questo aspetto, il tuo magistero non fa eccezione nella storia della chiesa soprattutto italiana. Si cicaleggia con i politici per ottenere privilegi ed esenzioni altrimenti non perseguibili. Si fa appello ai pubblici esercenti per stroncare un commercio non ostracizzabile per altre vie, restando la domanda sempre alta.
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E a tener alta la domanda, a rendere florido il mercato contribuiscono in maniera non indifferente quei cattolici ai quali tu presti la tua voce ma che in se stessi rimangono muti ed inespressivi, integralmente sazi ed omologati in questa società consumistica dell’usa e getta, serbatoio di riserva per i profittatori di turno e per gli alfieri della politica clerico-fascista in auge. Purtroppo nella gestione pastorale delle chiese di questi ultimi venti anni, ci si è rintanati nella difesa miope e grigia di una religione sociologica depotenziata di ogni ardire profetico, trasformando il popolo in una massa di “consumatori acritici” di tutti gli scarti che una società assassina e perbenista come quella occidentale ha saputo produrre in nome della libertà di mercato, sia esso sacro che profano. Si preferisce affidare alla legge ciò che solo alla coscienza può e deve esser consegnato, dimentichi che nessuna legge, su temi esistenziali, può supplire al vuoto delle coscienze. Di qui l’incapacità ad incidere sullo stile di vita dei fedeli. Ben altri e più alti esiti avrebbe il tuo magistero se richiamasse i fedeli all’esercizio dell’obiezione di coscienza nell’acquisto di prodotti offerti da multinazionali e banche coinvolte nel narcotraffico, nella produzione e nel commercio delle armi, nello sfruttamento di uomini e donne del terzo mondo, nell’avvelenamento dell’aria e dell’acqua, nell’uccisione sistematica di contadini e contadine che non accettano di essere cacciati fuori dai loro tenimenti…! Ma su tutto ciò, non so perché, il tuo silenzio regna sovrano. Nei miei studi di teologia ho imparato che i nostri (di noi sacerdoti) interlocutori privilegiati sono i Lazzari della terra. Ho l’impressione che tu preferisca dialogare con gli Epuloni.
Aldo Antonelli – parroco
Antrosano, 1 Novembre 2007 – Festa di tutti i Santi
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Caro Aldo,
le tue lettere sono così intrise di logica cartesiana, di coraggio, di "irriverenza costruttiva", di intelligenza, che anche se in un attacco di grafomania, me ne mandassi cento le pubblicherei tutte, onorato di farlo.
Il tuo amico ateo che cerca di vivere onestamente, a prescindere.
Tafanus
Scritto il 02 novembre 2007 alle 01:45 | Permalink | Commenti (16)
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Oggi mi sono dedicato al solito, antipatico lavoro di tener separato il grano dal loglio (o, in termini più fini, le minchiate dai fatti). Ho compiuto la mia solita, quotidiana, doverosa visita alla rubrica di Marco Travaglio ("Carta Canta"), e al blog del grillo, per verificare se finalmente uno dei due, o entrambi, si fossero accorti delle porcate fatte negli ultimi mesi da Di Pietro.
Niente. I tempi non sono ancora maturi. Marco Travaglio, un tempo fustigatore di costumi a tutto campo, dedica l'ennesimo articolo a Clemente Mastella (tanto così non si scontenta nessuno: è come sparare sulla crocerossa). Ci potrebbe anche stare, il settimo articolo dedicato a Mastella in un mese, ma solo se in parallelo ce ne fosse almeno UNO dedicato a Di Pietro. Niente. Marco attraversa un periodo di spirito critico "selettivo". Le porcate di Di Pietro proprio gli sfuggono, non gli interessano, non ha motivo per parlarne... Fate voi.
Neanche Grillo, sul suo Novella 2000, ha "scovato" e fustigato Di Pietro. Neanche sull'ultimo post. Peccato: ci avevo fatto conto, che prima o poi Grillo si accorgesse di cosa stia facendo Di Pietro in questi ultimi tempi. Sarà per il prossimo post. O per il successivo. O per l'altro ancora. Prima o poi, quando i due non saranno più legati da "amorosi sensi", succederà. Ed allora per Di Pietro saranno guai, perchè su di lui si scaricherà tutto il "pregresso", con relativi interessi composti.
Nell'ultimo suo post Grillo si è dedicato, invece, a scovare le malefatte del CSX (e di chi, altrimenti?) sul "digital divide" e sulle licenze per il Wi-Max, con un post nel solito stile savonarolesco, ma, ahimé, della solita qualità: quella che non prevede alcun parallelismo fra ciò che si scrive e ciò che dicono i fatti, che ostinatamente percorrono un loro cammino, autonomo da Beppe Grillo. Dunque, fra le altre minchiate, Novella 2000 scrive quanto segue (controllare per credere: nessuno ha l'obbligo morale di credermi "sulla parola"):
"...per il WiMax, la tecnologia che trasmette a 50 chilometri con costi di impianto molto bassi che dovrebbe risolvere il problema dell’ultimo miglio, Paolo ha avuto un’intuizione straordinaria: chi meglio dei responsabili del nostro digital divide può risolvere il problema del digital divide? Dopo un rapido consulto con Telecom, Vodafone, H3G e Wind ha deciso di farli partecipare al bando. “Per incrementare la competizione nelle telecomunicazioni” ha spiegato. Le frequenze per il WiMax di proprietà dello Stato saranno consegnate ai responsabili del ritardo dell’Italia che, secondo i dati dell’Unione Europea, è sotto la media dell’Europa allargata dei 27..."
Ma i fatti sono testardi, e per quanto ci riguarda hanno la priorità sulle minchiate. Sull'argomento, dopo alla come al solito brillante descrizione cabarettistica del comico, ci siamo preoccupati di andare a cercare "anche" i fatti, che a volte sono noiosi, scritti in burocratese, ma sono QUELLI che regolano la nostra vita, e non Zelig.
Ecco cosa scrive l'Authority per le TLC, sulla Gazzetta ufficiale del 13 giugno 2007:
[omissis]
3. Il periodo di consultazione si è chiuso il 5 febbraio 2007. Sono pervenuti all’Autorità 68 contributi da parte di 74 soggetti distinti, rappresentativi di tutte le categorie di soggetti direttamente interessati o portatori di interessi qualificati, quali operatori di rete fissa, mobile, satellitare, service provider, fornitori di rete, manifatturieri, associazioni di categoria, associazioni dei consumatori, società di consulenza, società pubbliche di servizi e società di scopo, enti locali.
4. Nel corso della consultazione, su richiesta degli stessi, sono stati sentiti 12 soggetti (inclusi nei 74 citati), precisamente Ericsson Telecomunicazioni s.p.a. e FederUtility il giorno 2 febbraio 2007, RAI Way s.p.a., H3G s.p.a., Poste Italiane s.p.a. il giorno 5 febbraio 2007, l’Associazione @IIP, le società Brennercom s.p.a., A.E.M. Com s.p.a., Teleunit s.p.a., Telecom Italia s.p.a., Infracom s.p.a. il giorno 6 febbraio 2007, Tiscali Italia s.p.a. il giorno 7 febbraio 2007, nel corso delle cui audizioni hanno potuto illustrare il proprio contributo alla consultazione.
[omissis]
Ecco, chiunque abbia ancora voglia di non portare il proprio cervello all'ammasso, e di continuare a pensare con la propria testa, può autonomamente giocare al "cercate le differenze" (fortunatissima rubrica della "Settimana Enigmistica") fra quanto dice il Governo, e quanro Grillo vorrebbe far dire al Governo. In questo caso, il gioco presenta livello di difficoltà 1: "Per principianti".
P.S.: Ho cercato disperatamente un post di Beppe Grillo sul Wi-Max contro il Centro-Destra (si, quello delle tre "I", quello di Lucio Stanca e degli "uomini del fare"). Non l'ho trovato, ma probabilmente ciò dipende dalle mie incapacità nel cercare, o da qualche subconscio ostacolo che la mia psiche oppone alle mie capacità di ricerca, quando si tratta del grillo. Qualcuno mi aiuta?
Scritto il 01 novembre 2007 alle 14:09 | Permalink | Commenti (94)
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