Sopravvissuto all`influenza presa nonostante la vaccinazione (si vede che era taroccata) a complemento del discorso sui mutui immobiliari, vorrei oggi parlare delle agevolazioni sulle ristrutturazioni di immobili residenziali che credo riguardino moltissimi piccoli proprietari e condomini.
Si tratta della legge 449 del 1997 che pur avendo validità annuale é stata fino ad oggi sempre prorogata ad ogni finanziaria, sia pure con varie modifiche ed aggiustamenti a volte concessivi altre restrittivi. Vanno aggiunte poi le recenti integrazioni volute dal ministro Bersani (& soci) per gli interventi comportanti risparmi energetici, che però meritano una trattazione a parte, poichè l`elemento fiscale si mischia a considerazioni tecniche edilizie.
Per semplicità di esposizione divido il discorso in due parti: la prima concettuale per cercare di spiegarvi la sostanza del provvedimento – nella forma attuale che con ogni probabilità verrà riprorogata per il 2008 – la seconda normativa, per darvi un`idea degli adempimenti cartacei a cui deve sottostare il contribuente per poter fruire poi dell`agevolazione senza successive sorprese da parte del fisco.
Bisogna subito capire che il principio cardine del provvedimento non é tanto l`agevolare il contribuente o salvaguardare la manutenzione del patrimonio immobiliare privato nazionale, quanto cercare di creare un conflitto di interessi tra impresario ed artigiano edile da un lato, e committente dall'altro, al fine di far emergere dell'imponibile altrimenti occultato ed abbastanza difficilmente accertabile dall'Agenzia delle Entrate. Mi spiego: se io devo fare dei lavori di sistemazione all'interno del mio appartamento es. recuperare due locali altrimenti inabitabili, rifacendo intonaci, pavimenti, bagno e riscaldamento, una volta era mia diretta convenienza cercare di occultare quanto possibile I lavori, non tanto per non dichiarare come agibili I nuovi locali (evadendo IRPEF ed ICI), quanto per sfuggire all''VA che a bocce ferme aumentava I miei costi del 20% secco. Oltre a ciò, dichiarandosi disposti a corrispondere in nero il costo delle opere si poteva patteggiare con l`artigiano/ impresario, al fine di partecipare al suo risparmio fiscale. Ovvero data la tassazione globale su un piccolo/medio imprenditore nell'ordine del 45% all included, si poteva dire facciamo a metà o almeno 1/3 e 2/3, riducendo così ulteriormente I costi (ed aumentando l`evasione). Naturalmente questo comportamento è illegale, ma a mio avviso trovava ed ancora trova giustificazione (umana) nell'eccessiva imposizione e nel vergognoso ed abominevole uso che I nostri politici fanno del denaro pubblico, che SIA BEN CHIARO non é né loro, né “dello stato”, ma solo ed unicamente nostro perchè siamo noi a pagare. Con questo non voglio né giustificare, né istigare all'evasione fiscale, solo dire – mi permetta il prof. Padoa Schioppa – che pagare le tasse sarà magari bello per lui, per noi non lo é affatto, ed ancor meno se si vedono poi I nostri soldi buttati nella merda (scusate) o mangiati a man salva da emeriti e dichiarati farabutti. Farabutti che poi non solo rubano ma anche ci pisciano in faccia, vantandosi delle loro ruberie impunite ed ostentando lussi da nababbi. Perdonate la divagazione, tornando al punto, attenti perô che il comportamento elusivo – giustificato o meno – non é privo di rischi per il committente. Difatti escludendo il caso del vicino invidioso che ci denuncia al cugino che lavora all`ufficio imposte, resta il fatto che chi esegue I lavori, soprattutto gli impianti (sanitari elettrici, riscaldamenti ecc.), di fatto non ci può dare nessuna garanzia se lavora senza fatturare. Dunque se va storto qualcosa, diventa molto difficile reclamare dopo aver pagato I lavori. Infine se e quando andremo a vendere immobili che in catasto risultano inagibili, ma che in realtà abitiamo avendoli ristrutturati in nero, avremo poi dei seri problemi per giustificare il loro stato in sede di rogito. Naturalmente in qualche caso potremmo essere soccorsi da condoni ed amnistie pregresse, anche questi però di assai dubbia equità fiscale…
Quindi abbiamo capito che la finalità del legislatore é far cassa con un maggior imponibile emerso. Dunque tutta la normativa che concede le agevolazioni é permeata di prescrizioni, limitazioni, adempimenti rigidamente formali, al fine di assicurare la tracciabilità più facile possibile dell'intervento, per poter non solo recuperare quell'imponibile altrimenti evaso, ma anche al fine di procurarsi facili appigli per poter poi – avendone il tempo, I mezzi e la convenienza – avviare ulteriori accertamenti sui soggetti coinvolti nell'operazione. Vi propongo due frequenti e facili esempi. All'artigiano – sia pure fatturante – potrebbe l`amministrazione finanziaria chiedere poi conto della congruità di quanto fatturato, avanzando il sospetto dell`esistenza di una parte delle opere (oramai note al fisco) non regolarizzate. Invece al committente potrebbe – nel termine di prescrizione fiscale, di fatto nei 10 anni successivi – porre la divertente domanda sul dove il committente stesso abbia trovato I mezzi per pagare le opere appunto eseguite e fatturate, con altrettanto divertenti conseguenze (per il fisco intendo) se il Cipputi inquisito non é in grado di dare una giustificazione che, non solo deve essere sostanzialmente convincente, ma anche esser ben corroborata da inoppugnabili prove documentali. Difatti dovete sapere che nella pratica realtà il fisco italiano – verso il comune contribuente che non disponga degli opportuni agganci, patroni e protezioni, lecite e meno lecite - di fatto perpetua I sani principi a suo tempo introdotti da quel lodevole stabilimento altrimenti noto come Sant`Uffizio. Ovvero indefettibile dogma del Sodalizio era che – essendo ispirato direttamente dal Padreterno – potesse difficilmente sbagliare. Dunque il costituito era sottoposto a tutta una serie di “presunzioni” che di fatto lo dicevano reo, salvo la prova contraria che doveva esser data proprio e solo dall`inquisito stesso.
Esattamente l`opposto del moderno concetto di giustizia, tanto sbandierato (per loro) dai nostri politici. Tradotto in termini dell`agenzia delle entrate, se io contribuente colpito da avviso di accertamento, non sono in grado di documentare – carte alla mano – da dove ho preso I soldi per pagare la fattura di chi mi ha rifatto il tetto che perdeva, sono irrimediabilmente presunto evasore e pertanto sull`importo della fattura stessa devo pagarci le imposte che avrei evaso (senza però dir come) unitamente a tutte le soprattasse, multe, spese e gabelle conseguenti. La logica direbbe che dovrebbe esser il fisco a dar la prova del mio errore ma che volete da noi si usa così. Divertente corollario di cotale principio é che se io son trovato appunto reo devo anche rifondere al fisco le spese processuali, oltre a pagare gli onorari di chi mi ha inutilmente difeso. Se invece (a volte capita anche agli onesti) riesco a dimostrare la mia innocenza, il fisco, o lo stato, mica mi rimborsano un centesimo né per carità pagano danni di sorta. E mica é poca cosa perchè un procedimento di contenzioso fiscale é persino più lento della nostra sciagurata giustizia ordinaria. Ora un meccanismo che con il comune cittadino é di tale esorbitante ed inesorabile durezza, dovrebbe assicurare almeno un`evasione vicina allo zero. Invece tutti sapiamo come nella realtà vadano queste cose. (continua)
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