...ma la porcilaia RaiSet non riguarda solo il Cipria e Saccà (anche se questi due ne sono la parte più fetida ed appariscente). E' una metastasi che ha invaso ogni poltrona, sedia, strapuntino di Saxarubra. I due sovraccitati sono i responsaili massimi, ma pochissimi hanno il coraggio di dire: "No, grazie!". E quei pochi sono destinati a fare una brutta fine...
Non pubblicheremo il cinguettante duetto fra Saccà ed il Cipria perchè il nostro PC soffre di nausea. Per chi si fosse perso questo pezzo da basso impero, il link è il seguente:
L'amorevole conversazione fra Agostino e il Presidente
La banda Rai: gli uomini voluti da Silvio Berlusconi. L'ascesa degli ex dc. I progetti degli ulivisti. Gli appalti e le poltrone da assegnare. La mappa del potere nella tv di Stato.
di Emiliano Fittipaldi e Peter Gomez
Le 90 pagine del piano editoriale non ancora approvato dal cda compongono un vero e proprio libro dei sogni. La Rai che verrà dovrà essere "rassicurante" (RaiUno), "giovane e sperimentale" (RaiDue) "sociale e dei territori" (RaiTre). Per raggiungere gli obiettivi d'ascolto, bisognerà recuperare i telespettatori under 50, visto che nel periodo 2000-2006 l'età media del pubblico della tv ...
L'unica a richiederle ufficialmente è stata lei, Deborah Bergamini, la bionda assistente personale di Silvio Berlusconi, planata al marketing di viale Mazzini nel 2002 in accoppiata con Alessio Gorla, storico fondatore di Forza Italia e poi stratega dei palinsesti della tv di Stato negli anni del governo di centrodestra. Gli altri, invece, i teorici danneggiati, quelle intercettazioni che testimoniano la collusione tra televisione pubblica e privata, non le hanno volute vedere. Almeno fino a venerdì 14 dicembre i legali di mamma Rai non hanno domandato ai magistrati di Milano che venissero messi a disposizione dell'azienda non solo i brogliacci (molto riduttivi) delle telefonate della Bergamini, ma anche i nastri.
Così, adesso, dagli schermi della televisione più lottizzata del mondo è in onda il remake di un vecchio horror. S'intitola 'Non aprite quella porta 2'. Nel cast figurano più o meno tutti i protagonisti del grande inciucio televisivo che negli ultimi 15 anni ha, di fatto, annullato la concorrenza tra Rai e Mediaset. Gente che nei corridoi di viale Mazzini si muove spesso per bande, ora in guerra, ora in collaborazione tra loro. E racconta la storia di un'emittente costretta controvoglia a fare ormai i conti con uno scandalo dopo l'altro. Si va dagli 850.000 euro versati estero su estero da un manager Mediaset al direttore generale di Rai Cinema ed ex responsabile degli acquisti, Carlo Macchitella, per questo dimissionario a inizio 2007, per arrivare ai brogliacci della Bergamini e all'affaire Agostino Saccà: il direttore berlusconian-dalemiano di Rai Fiction intercettato dalla procura di Napoli, mentre discuteva con il proprietario di Mediaset di attricette da ingaggiare e di senatori da contattare perché cambiassero casacca. Di tutto, di più, insomma. Senza far mancare la ciliegina sulla torta rappresentata dal ricorso in appello, avallato in gran segreto dalla Rai del centrosinistra, contro la sentenza che aveva risarcito Michele Santoro & C. per i danni causati dall'editto bulgaro del Cavaliere e la conseguente epurazione.
No, la porta di casa Rai non va aperta. Farlo significa capire che il piano, per ridurre i costi e massimizzare gli utili, ideato dal proprietario di Mediaset nel lontano 1993 in una serie di incontri con i propri dirigenti, è giunto da un pezzo a compimento. Il 22 febbraio di quell'anno, come testimoniano i verbali delle riunioni, il Cavaliere diceva che bisognava far sì che alla testa della Rai sedessero "veri manager (con i quali sarebbe più facile raggiungere un buon accordo)", mentre Giuliano Ferrara, spiegava come una Rai libera dai partiti fosse per Mediaset veramente pericolosa. Tredici anni dopo lo scenario non cambia. Con Saccà autosospeso, Deborah Bergamini messa da parte dall'azienda, la Rai resta in mano a un consiglio di amministrazione di pura espressione politica. Un consiglio completamente bloccato dopo che, il 16 novembre, il Tar ha dichiarato illegittima la revoca del consigliere forzista Angelo Maria Petroni dal parte del ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, e, per certi versi, fuori legge. Il 4 comma della legge Gasparri del 2004, prevede infatti che ne facciano parte "persone di notoria indipendenza di comportamenti". Il risultato è che quattro dei nove consiglieri sono ex parlamentari (tra cui un ex ministro, Giuliano Urbani), tre sono ex direttori di giornali di partito, mentre il presidente, Claudio Petruccioli, oltre che essere un ex onorevole ds, è pure ex presidente della Commissione di Vigilanza. A prescindere dalla qualità delle persone, è uno spettacolo mai visto nemmeno negli anni più bui della prima Repubblica.
Ovvio quindi che si faccia oggi spazio un figlio della prima Repubblica. Nel vero senso della parola. L'uomo in ascesa è Giancarlo Leone, il figlio dell'ex capo dello Stato, nominato vice di Claudio Cappon, il direttore generale garantito, più che da Romano Prodi che puntava su Antonello Perricone, da Enrico Micheli, sottosegretario a Palazzo Chigi. Leone capeggia un gruppo di manager e funzionari che ha pazientemente atteso nell'ombra l'occasione per tornare in sella: sono quasi tutti democristiani doc che hanno riacquistato il controllo dei gangli vitali dell'azienda. Attualmente vicedirettore con delega ai palinsesti, Leone è entrato a viale Mazzini nel 1983 dalla porta di servizio del Televideo, ma ha fatto rapidamente carriera [...]
Leone, dopo la fuoriuscita della Bergamini, ha artigliato anche l'interim del marketing. Il fidatissimo Adriano Coni, presidente della 01 venuto dall'Iri, sta poi per diventare ufficialmente suo assistente per la fiction. Leone sa bene che i soldi veri sono nelle serie tv: nel 2007 gli investimenti hanno superato i 280 milioni di euro, e l'obiettivo è quello di mettere le mani sulla torta gestita da Saccà fino a due settimane fa. Amico intimo di Pier Ferdinando Casini, Leone è sodale da oltre un ventennio di Marco Follini, da pochissimo responsabile dell'informazione del Partito democratico. Se i rapporti con Veltroni sono buoni, quelli con Gianni Letta sono eccellenti. Cementificati soprattutto all'epoca di Rai Cinema, quando la concorrenza con la Medusa (in mano al figlio di Letta, Gianpaolo) per l'acquisto dei diritti televisivi si è trasformata in un'amicizia vera, con grande scorno delle major cinematografiche americane e, secondo molti osservatori, del principio di libera concorrenza. Nel 2003 i soliti magistrati sequestrano una serie di e-mail in cui i dirigenti italiani si lamentano perché "il mercato delle trasmissioni Rai" si sta trasformando "in un monopolio". In una di esse, Gianni Pedde, responsabile romano di Paramount, racconta al suo big boss di Los Angeles, quanto ha appreso durante un pranzo con i rappresentanti italiani di Warner e Columbia. Dice che Rai e Mediaset si mettono d'accordo su cosa e a che prezzo comprare. E aggiunge: " In altre parole Guido Barbieri (della divisione diritti di Mediaset, ndr) e Giancarlo Leone prima parlano tra di loro e decidono che cosa prendere da ciascuno Studio".
Leone, comunque, con gli amici si difende sostenendo di aver fatto risparmiare la Rai, tant'è che Berlusconi non lo ama. "Non lo capisco, sguscia troppo, che cosa vuole?", dice di lui il Cavaliere. Nella squadra aziendale di Leone ci sono anche Franco Scaglia e Caterina D'Amico, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Rai Cinema. Persino Guido Paglia, direttore della comunicazione, ma soprattutto uomo di Fini nella Rai, parla bene di lui [...]
La scalata di Leone è strettamente collegata all'implosione della banda avversaria: quella capitanata da Saccà. Un gruppo in cui dal 2001 confluiscono vecchi uomini d'azienda fulminati da Berlusconi e dirigenti fidati inseriti successivamente, che hanno resistito all'avvento dell'Unione senza contraccolpi di rilievo. La ruggine tra Leone e Saccà è antica, e i due gruppi si scontrano da lustri. E oggi, dopo le inchieste, i berlusconiani duri e puri appaiono acciaccati, anche se la direzione di RaiUno resta in mano all'ex deputato di Forza Italia Fabrizio Del Noce e il potentissimo ex capo del personale, Gianfranco Comanducci, siede alla direzione Acquisti e servizi. Legato a Cesare Previti (sono entrambi soci del circolo Canottieri Lazio), Comanducci gestisce la 'cassa' dell'azienda [...]
Rispetto alla posizione di Leone, Cappon, anche lui figlio di papà (il padre Giorgio era direttore dell'Imi) è apparentemente debole: l'azienda di cui è responsabile è in stallo totale, dopo il reintegro di Petroni, il suo sostituto prodiano Fabiano Fabiani dove tornare a casa, il cda non si riunisce, i direttori di rete sono intoccabili almeno fino all'estate, il piano editoriale è in bilico e il personale è sempre più demotivato [...]
Se Cappon ha comunque l'appoggio di Prodi, più traballante sembra essere la posizione di Petruccioli. È stato lui a volere Cappon 'il ragioniere', sperando di diventare il vero padrone della Rai. La cavalcata di Leone lo ha spiazzato, e ora il diessino pare puntare tutte le sue fiches su un patto Berlusconi-Veltroni: se si trovasse un accordo per la nuove legge elettorale, l'avvento per il futuro di un amministratore unico a viale Mazzini non sarebbe più un'utopia. Petruccioli aspira a quel posto: è legatissimo a Fedele Confalonieri, in Mediaset lavora anche il figlio della moglie, mentre i rapporti con il segretario del Pd sono più che buoni [...]
...insomma, un vero verminaio impazzito, dove non si capisce più (o si capisce fin troppo bene) chi lavora per cosa... in questo verminaio, gli unici che non hanno trovato posto sono quei tre o quattro personaggi che hanno fatto la rivoluzione culturale in TV, da Guglielmi in poi...
(Continua)
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