Piazze, adunate e cortei: il piacere di marciare su Roma
(Filippo Ceccarelli - Repubblica.it) (28 gennaio 2008)
"Se non ottenessimo presto di andare al voto, milioni di italiani si riverserebbero a Roma...". Toh, eccone un altro. Stavolta è Silvio Berlusconi l'aspirante marciatore su Roma, l'ultimissimo a coltivare questa secolare suggestione della domenica.
Milioni e milioni: il linguaggio dell'audience contro quello della realtà. Così, tanto per distendere il clima.
Basta saperlo, comunque. Il penultimo a minacciare la marcia su Roma fu il suo alleato Umbertone Bossi. Cominciò nel 1992 e anche per lui l'enfasi numerica opportunamente sfondò il buonsenso e la legge sull'impenetrabilità dei corpi: "Non basteranno tutti i vagoni delle ferrovie". Così quando qualche anno dopo, per andare finalmente a "bruciare il Colosseo" fu sufficiente un solo treno, con qualche ironia ribattezzato "Nerone Express", il temerario proposito si risolse in una specie di surreale scampagnata.
In questo, e tanto più nel pieno di una crisi di governo, Roma funziona come magnifico fondale. Checché se ne possa pensare, i suoi abitanti hanno sempre un mucchio di cose dietro le quali correre e più di qualsiasi milionario riversamento di folle, i romani temono il traffico. Se questo si mantiene entro certi limiti, pur restando del tutto indifferenti ai contenuti delle periodiche invasioni, possono apparire perfino amichevoli. Con il che, dopo aver il senatùr Bossi annunciato che rispetto alla sua quella di Mussolini sarebbe apparsa "una cagatina", il futuro ministro Castelli si potè fare una foto ricordo al Pincio, sulla statua dell'Alberto da Giussano, quello con lo spadone che Bossi aveva scelto come stemma della Lega, pare ispirato dal marchio delle bici Legnano.
Il punto è che Roma non solo si lascia felicemente minacciare, ma sembra nata per infuocare la fantasia di generazioni e generazioni di marciatori, pronti a essere a loro volta paralizzati, previo opportuno e sollazzevole sfiancamento, dalla Città Eterna. Da questo punto di vista, l'insofferenza elettoralistica di Berlusconi va commisurata alla tipica frenesia con cui di recente si è sforzato di sistemare attrici e attricette alla Rai, per giunta; come pure si accompagna all'ormai cieca inquietudine che porta il leader lombardo del centrodestra ad acquistare a prezzi pazzeschi curiosi cimeli da un congruo numero di astuti antiquari capitolini. Tipico, questo, di conquistatori compulsivi e replicanti. Ma la tentazione di arrivare qui alla guida delle masse, come si diceva, è quella.
E' storia antica assai, uno sfolgorio di archetipi storiografici: ambiziosi generali imperiali, re gotici coperti di pelli, papi assennati o di provata malvagità, lanzichenecchi luterani ben disposti allo scontro di civiltà. "Cingimi o sole, d'azzurro, di sole m'illumina, o Roma". Comunque qui tutti vogliono arrivare, compresi quelli che come il Cavaliere ci stanno già da un bel pezzo. A' Cavalié! E arrivarono i frati zoccolanti, menacciutissimi peraltro, e un po' zozzoni. I bersaglieri di La Marmora. I burocrati piemontesi. Le speranze laiche di Quintino Sella sulla erigenda capitale della Scienza, te la saluto.
E tuttavia per comodità di memoria "la marcia su Roma" resta quella di Mussolini, che infatti non vi partecipò, arrivando il giorno dopo in vagone letto. Era il 1922. Una mitragliatrice sulla torre di Ponte Milvio, sopra gli attuali lucchetti dell'amore. Fili spinati sulla via Flaminia. Sole che sorgi. Passa un lustro e gli impiegati dei ministeri rivendicano il diritto alla pennichella. Ne passano due e Leo Longanesi una domenica mattina intravede un conoscente in alta uniforme, camicia nera, fez, mostrine col teschio, pugnale, stivaloni e un vassoio di pastarelle, con frivolo nastrino ciondolante sul dito mignolo. (...quanta gente, in Italia, rovinata da cannoli alla ricotta pastarelle alla crema!...)
Sono immagini perfino note. Una ispirazione. Un'attitudine. Un andazzo. Figurarsi una richiesta di elezioni. Al principio degli anni novanta, giusto il giorno dell'anniversario della presa di potere del futuro Duce, il giovane Fini si trovò pure lui a guidare qualche migliaia di scalmanati e nostalgici convenuti da tutta Italia sotto lo storico balcone. Saluti romani. Pioveva e questo non aiutava la viabilità, che in questi casi diventa il problema dei problemi.
"Se non otteniamo il voto - insiste Berlusconi - credo che milioni di persone andranno a Roma". Mai una volta che si resista alle sirene della dismisura, sempre ci si abbandona alla sindrome del numero che si moltiplica. Eppure non erano tantissimi i soldati americani che arrivarono a liberare l'Urbe sui loro giganteschi tanks, gettando pane, carne in scatola, caramelle e sigarette. Né mai furono milionarie le folle che nel corso del tempo si sono via via rovesciate per le vie della capitale per le loro indispensabili "marcette" provvisorie e tematiche: i Col diretti dopo le manifestazioni, con i loro cestini, i loro "fagotti", sui prati davanti al Colosseo; i metalmeccanici con i fischietti e i tamburi che negli anni settanta diedero la sveglia a Enrico Berlinguer (Forattini lo raffigurò in vestaglia, i capelli imbrillantinati, una tazza di tè in mano: vignetta che fece scandalo nel mondo comunista, cui diede voce lo storico Paolo Spriano).
E poi i vari movimenti giovanili, i pensionati, i pacifisti arcobaleno, gli alpini, i fedeli di Padre Pio e quelli del Beato Escrivà, i pellegrini dell'Anno Santo e quelli del Papa morente, i gay del Pride, i Family Day.
Tutti sempre a marciare su Roma, città fatta per essere attraversata. In lungo e in largo il popolo berlusconiano l'ha percorsa già due o tre volte, le telecamere sugli elicotteri, le polemiche sulla diretta. La crisi di governo e il richiamo preventivo alla piazza televisiva. La crisi di sistema e la fatica di ritrovarsi ogni volta al punto di partenza.
...le squadre sarebbero confluite a Foligno, Tivoli, Monterotondo e Santa Marinella per poi entrare nella capitale. Si raccolsero - si stima - circa 25-30.000 fascisti, a fronte dei 28.400 soldati a difesa della capitale...
...il Cavaliere (anche lui!) Benito Mussolini, che non amava mischiarsi con la marmaglia, giunse prudentemente il giorno dopo, in vagone letto. Il Cav. Silvio Berlusconi arriverà da Arcore, dal Cielo, a bordo della sua "macchina volante", e scenderà fra i suoi 10.000.000 di Marciatori su Roma, che grideranno "al miracolo!"...
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