Nella riunione di ieri, organizzata a Milano dall'ANED (Ass. Naz. Ex Diportati), è stato letto da Gherardo Colombo, che si sta spendendo con molta generosità nell'educazione dei giovani, il bellissimo discorso di Piero Calamandrei ai giovani sulla Costituzione Italiana. E' del 1955. Sembra scritto ieri. Nel 60° anno dal varo della Costituzione Italiana, e mentre potrebbero tornare al governo coloro che vorrebbero stravolgerla, riteniamo di fare cosa utile riproponendo per intero questa lezione. Una lezione da non dimenticare. Tafanus
L'articolo 34 della nostra Costituzione dice: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più importante, il più importante di tutta la Costituzione, il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti. Dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, questa formula corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e studiare e trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa eguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una eguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale. Non è una democrazia in cui tutti i cittadini siano veramente messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro migliore contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società; e allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà; in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinnanzi!...
Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. L’indifferentismo che è, non qui per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani: l’indifferentismo. “La politica è una brutta cosa. Che me ne importa della politica?”
Ed io, quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: - Ma siamo in pericolo?- E questo dice: se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice: "Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda". Quello dice: "...che me n’importa? unn’è mica mio!...". Questo è l’indifferentismo alla politica.
E’ così bello, è così comodo, è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi di politica! Eh, lo so anche io, ci sono…Il mondo è così bello vero? Ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica!
E la politica non è una piacevole cosa: Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…
Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra, metteteci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo, che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora, vedete, io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, tutte le nostre sciagure, le nostre glorie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane… E quando io leggo nell’art. 2 “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; o quando leggo nell’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle altre patrie…ma questo è Mazzini! Questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8: “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: “la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo!; o quando nell’art. 53 io leggo a proposito delle forze armate: “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, esercito di popolo; ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccarla! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…
Ma ci sono anche umili voci, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione!Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta, Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.
(da Piero Calamandrei, Discorso sulla Costituzione, Milano, 1955, disco Cetra CL 0449/33 giri)
Facciamo un regalo ai nostri figli: stampiamo questo discorso di Calamandrei, facciamogliene dono. Fra di loro, 99 su cento lo butteranno nel cesso, ma se UNO SOLO non lo farà; se UNO SOLO lo leggerà e ci rifletterà su, il nostro sforzo non sarà stato vano. Tafanus
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