Così l´azienda finì all´"amico egiziano" Naguib Sawiris
Carlo Bonini - La Repubblica
ROMA - Perché Wind doveva essere consegnata nelle mani di Naguib Sawiris? E perché, dopo neppure due anni dall´acquisizione, Alessandro Benedetti, il facilitatore dell´operazione, decide di trascinare in giudizio Sawiris rivendicando una quota della società? Cosa c´è che non funziona in quell´azienda che cambia amministratori delegati con frequenza da lavoratori interinali?
In un affare che ha al centro un´ipotesi di corruzione e la ricerca di tracce bancarie in grado di documentarla, una tangente di 97 milioni, da sola, non sembra esaurire, né spiegare quale partita si sia giocata su Wind. E quali interessi l´abbiano animata.
E´ un fatto che l´operazione sia benedetta dall´allora governo di centro-destra. Che, in coincidenza della privatizzazione del gestore telefonico, chi era stato sino a quel momento l´amministratore delegato di Enel, Paolo Scaroni, diventi numero uno di Eni, sostituito nell´incarico da chi era stato suo direttore finanziario, Fulvio Conti.
E´ un fatto che almeno due dei facilitatori che si muovono sul proscenio della trattativa Enel-Sawiris tra il 2004 e il 2005, non sembra abbiano una sola carta in regola anche soltanto per muoversi intorno al tavolo di una trattativa in cui ballano oltre 12 miliardi di euro. E che ciò nonostante nessuno, in Enel, ritenga opportuno rilevare l´anomalia. Il primo, si è detto, è Alessandro Benedetti, nato a Sassuolo 47 anni fa, già arrestato nel ´96 per reati finanziari e quindi inseguito da procedimenti per bancarotta. Il secondo è Luigi Bisignani, già iscritto alla loggia P2, già travolto dall´inchiesta sulla maxi-tangente Enimont.
All´Enel allargano le braccia. Osservano che «l´operazione venne sempre condotta direttamente con Sawiris» e che «Benedetti prestò di fatto soltanto il veicolo tecnico-finanziario per il perfezionamento dell´operazione». E´ una spiegazione assai minimale. Che riduce il ruolo di Benedetti a quello di comparsa. Il che non sembra essere stato. L´uomo ha rapporti con il pantheon politico del centro-destra, va dicendo in giro (non è dato sapere se millantando o meno) di essere uomo di Israele. Conosce Bisignani e Bruno Ermolli, il commercialista di Mediaset nella cui casa di Milano, Naguib Sawiris viene presentato a Silvio Berlusconi. E´ così rispettato e accreditato che riesce a mangiarsi l´intera scena della trattativa, allontanandone rapidamente anche un peso massimo come Cesare Romiti, che pure inizialmente vi si era affacciato.
C´è di più. In una trattativa così delicata e di tale importo, in cui la forma non è certo un dettaglio, ottiene che il cosiddetto contratto di brokeraggio (quello cioè che gli riconosce il ruolo di consulenza e ne fissa le provvigioni per oltre 90 milioni di euro) venga siglato nelle stesse ore in cui viene firmato il contratto definitivo con cui Enel cede Wind. «Singolare è dire poco», osserva un investigatore. Nessuno fa domande. Né prima, né durante, né dopo. Nessuno chiede come si faccia a definire un contratto di consulenza quando della consulenza non c´è più formalmente alcuna necessità, né per quale motivo si debba riconoscere una consulenza a un signore che è socio dell´acquirente dell´azienda e presidente della società ("Weather Investment") utilizzata per l´operazione.
La verità è che Benedetti mette solo la faccia e gioca una partita già decisa a Palazzo Chigi a favore di Sawiris. E se ne ha una prova osservando quel che accade tra il 5 e il 9 aprile 2005, quando il cda Enel sceglie definitivamente il finanziere egiziano. Il 5, al ministero del Tesoro si riunisce il Comitato per le privatizzazioni che nulla eccepisce né sulla trattativa in corso, né sul modo in cui viene condotta, raccomandandone una rapida conclusione. Quattro giorni dopo, il 9, il verbale della riunione del cda Enel documenta un passaggio chiave della discussione che chiude la trattativa. Dopo aver ascoltato l´illustrazione delle offerte presentate da Sawiris e dal fondo americano Blackstone, il delegato in consiglio della Corte dei Conti, pur riconoscendo quella egiziana come «più favorevole», suggerisce di mantenere «aperta» la procedura per consentire un eventuale rilancio di Blackstone.
Scaroni, allora amministratore delegato, così risponde: «L´offerta di Blackstone scade a mezzanotte di oggi e risulta essere questa data un termine essenziale, riguardo al quale, a quanto consta, non dovrebbero essere disposte proroghe. Di conseguenza non è intendimento dell´Enel tenere in sospeso l´offerta Blackstone» (Enel rinuncerà in questo modo anche soltanto ad esplorare la possibilità di alzare l´offerta di 12,2 miliardi di euro e dunque a ridurre la perdita di 5 miliardi di euro rispetto all´originario prezzo pagato per acquistarla).
Che Sawiris sia il benvenuto nella telefonia italiana, che non destino alcuna preoccupazione né la sua nazionalità, né la compagine dei suoi azionisti arabi è del resto chiaro qualche mese dopo. Il 17 novembre 2005, il ministro degli esteri Gianfranco Fini battezza "L´Osservatorio del Mediterraneo", associazione per le relazioni con il mondo arabo. La presiede Franco Frattini, vicepresidente della Commissione europea con delega alla questioni per la lotta al terrorismo internazionale, ha quale suo vicepresidente Ubaldo Livolsi, il banchiere della famiglia Berlusconi, e siede nel suo consiglio di amministrazione il nostro Naguib Sawiris.
Per Sawiris garantiscono sia Israele che Washington, che, non a caso, ha affidato alla sua "Iraqna" la rete di telefonia mobile dell´Iraq del dopo Saddam. Sawiris non solo può, ma deve avere Wind perché in quell´asset strategico, come può esserlo un gestore di telefonia mobile, possono felicemente coniugarsi gli interessi di sicurezza nazionale dell´amico americano e quelli del governo di centro-destra nella gestione dei suoi apparati di sicurezza, delle procedure di ascolto.
Tanto che nel marzo del 2006, la nuova Wind "egiziana" torna ad assicurarsi l´appalto per le forniture di telefoni di Stato ai ministeri di Interno e Giustizia, a carabinieri, polizia, Guardia di Finanza e Servizi. Tanto che capo della sicurezza aziendale è quel Salvatore Cirafici, amico e interfaccia di Giuliano Tavaroli, perno dell´affare Telecom e della sua rete di ascolti illegali.
Poi, qualcosa si rompe. Nel 2007, Sawiris non è più l´amico di un tempo. Benedetti lo trascina di fronte all´Alta Corte di giustizia inglese reclamando un 30 per cento della quota di Wind. Tommaso Pompei, che di Sawiris è stato sponsor partecipe e suo primo amministratore delegato, lo accusa di aver giocato con carte truccate. Perché? Una volta avuto in mano il giocattolo, Sawiris non è stato forse ai patti? E se è così, quali erano? C.B.
...alcune cose sono certe: un passaggio di tale importanza avviene nel 2005, a trattativa privata, con la benedizione di Berlusconi e di Tremonti. Nel quadro entra un secondo piduisa e tangentaro come Bisignani, una strana "consulenza" da 97 milioni di euro quando ormai non c'era più nulla su cui fare consulenze. Nel 2005 tutto il management che conta in Enel è di area e nomina italoforzuta. Non restano fuori neanche, per decenza, Ubaldo Livolsi e Bruno Ermolli, due uomini apertamente Fininvest. Livolsi è stato anche un grande manovratore nel rastrellamento di azioni RCS, volte al controllo del Corsera, apparentemente condotto "in nome e per conto proprio" dal capostipite dei "furbetti del quartierino", Ricucci. Quando si dice i casi della vita...
Di Livolsi il Corsera scrive: "...se c'è un uomo a cui Silvio Berlusconi dovrà essere perennemente grato è Ubaldo Livolsi. E' stato lui, infatti, a metà degli anni '90 a «salvare» il Biscione. Oggi, con i forzieri Mediaset strapieni di profitti, può sembrare da archeologia della finanza ricordare come in quegli anni la Fininvest avesse debiti per 4.500 miliardi di lire pari al 43,7% del fatturato consolidato. Livolsi inventò il marchio Mediaset, coinvolse il sistema bancario e quotò la nuova società. Qualche anno dopo scelse di mettersi in proprio e di fondare una sua merchant bank che è, comunque, rimasta sempre nell'orbita berlusconiana. Tanto che, ancora oggi, Livolsi siede nel Cda della Fininvest..."
Bruno Ermolli è il commercialista di casa Berlusconi; è a casa di Ermolli che avviene l'incontro fatale fra Silvio Berlusconi e Sawiris.
Agatha Christie era solita dire che "una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova". Forse dovremmo ricordarlo a Silvio, a Maurizio, a Fabrizio, a Sandro...
Forse dovremmo anche spiegar loro che se un governatore di centro-destra fosse stato rinviato a giudizio a meno di sei settimane dalle elezioni, oggi sarebbero pronti a levare alti lai contro le toghe rosse e la giustizia ad orologeria.
Tutta l'inchiesta nase da un servizio della Gabanelli su Report. Alla Gabanelli andrebbe data, per tutti i puzzolenti merdai che ha scoperchiato, un premio speciale "alla carriera" come Civil Servant.
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