Redditi on line, si muove la Procura: "C'è un rischio per i cittadini" - Gli investigatori avvertono: "Chi usa i dati rischia l'arresto" - Il pm Framco Ionta vede "un'esposizione al rischio per le persone" - Lunedì l'Agenzia delle Entrare dovrà dare chiarimenti al garante per la privacy.
ROMA - La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta dopo la pubblicazione su internet degli elenchi delle denunce dei redditi degli italiani. Il reato ipotizzato è la violazione dell'articolo della legge sulla privacy che punisce il trattamento illecito dei dati personali.
Secondo il magistrato Franco Ionta, la divulgazione ha determinato un'esposizione a rischio delle persone. Sotto accusa sono, quindi, le modalità - in maniera indiscriminata - con cui sono state diffuse le informazioni. Sotto accusa, insomma, il modo in cui sono stati pubblicati i dati. E' vero, infatti, che si tratta di dati la cui accessibilità è regolamentata dalle norme, ma la loro pubblicazione in modo indiscriminato non sarebbe consentita e potrebbe causare dei problemi ai titolari dei 730 e dei 740.
Gli accertamenti sono stati affidati alla polizia postale e già nelle prossime ore dovrebbe essere acquisita, presso l'Agenzia delle Entrate, tutta la documentazione relativa alla pubblicazione dei dati. Il procuratore aggiunto Ionta, in particolare, vuole identificare chi abbia disposto la messa in rete dei dati e ricostruire tutti i passaggi della decisione che, a detta del viceministro Vincenzo Visco, è stata presa in applicazione della legge.
Nello stesso tempo gli investigatori avvertono che sarà perseguito penalmente e rischia anche la galera chi userà i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi facendone un uso improprio. Un avvertimento che rischia di avere scarse ricadute pratiche visto l'enorme numero di persone che hanno utilizzato i dati e la facilità di circolazione in Rete.
Nel frattempo il Garante della privacy stringe i tempi e fissa entro lunedì il termine ultimo in cui l'Agenzia delle Entrate dovrà chiarire il senso della decisione. Il giorno dopo, poi, ci sarà la riunione del Garante. Il tutto mentre i dati, immessi in Rete, sono ormai diventati ingovernabili. Ieri il Codacons aveva annunciato l'invio di denunce a 104 Procure italiane affinchè si indagasse sulla vicenda.
'O paese 'e Pulecenella. E chiediamo scusa a Pulcinella, per l'accezione negativa che nei decenni ha assunto questa definizione. Proviamo a riepilogare:
-1) dal 1973 una legge dello Stato, mai abrogata, impone di dare pubblicità ai redditi dichiarati dai cittadini e dalle aziende. Nell'anno di Grazia 2008, l'Agenzia delle Entrate prende atto che esiste uno strumento di comunicazione denominato "Internet", che permette alle persone di scambiarsi informazioni e servizi senza tirar fuori l'auto dal garage. Via Internet ormai si fa tutto: si leggono e si scrivono giornali, si fa la dichiarazione dei redditi, si gioca al lotto, si compra un "last-minute", si trova una puttana, o si cerca l'anima gemella. Si consulta la propria posizione INPS, e si richiedono documenti alla pubblica amministrazione. Quindi l'Agenzia delle Entrate compie, con clpevole ritardo, un atto "tecnico" nel rispetto di una legge esistente. La legge è sbagliata? La si cambi. Finchè le leggi ci sono, si rispttano, e se ne favorisce l'applicazione ed il rispetto, per quanto consentito dallo "stato dell'arte" delle tecnologie.
-2) I dati fiscali degli italiani rimangono in rete solo alcune ore. Giusto il tempo necessario a migliaia di navigatori di scaricarli totalmente o parzialmente, e, aggiungo io, LEGITTIMAMENTE. Non sono dati pedo-pornografici, sono dati pubblici per legge, messi in rete non da un pirata informatico, ma dallo Stato. Come è ormai norma consolidata, i dati finiscono sul "peer-to-peer" ("emule" ed altri), e vengono LEGITTIMAMENTE scaricati da altri utenti.
-3) Ma l'Italia è l'Italia, ragazzi: 'o paese 'e pulecenella. Passano poche ore, e sotto la pressione di alcuni "aventi interesse", a partire da un guru della trasparenza dell'informazione, si scatena una battaglia di inaudita violenza contro la pubblicazione in rete dei dati. Poche oer, e i dati spariscono dal sito dello Stato, ma ormai sono nel web, e si diffondono a mcchia d'olio. Collettore della protesta, amplificatore della stessa, e motore del movimento per l'eliminazione dei dati dalla rete è "l'authority per la privacy" (ma non potremmo chiamarla "Autorità per la Riservatezza"?), del cui vicepresidente, Giuseppe Chiaravalloti, parleremo in calce: merita.
-4) Ora, arrivano le minacce di galera (addirittura!) nei confronti di coloro che hanno legittimamente scaricato dei dati da un sito dello Stato, o da siti-specchio. Correrò il rischio. Io i dati li ho scaricati. Legittimamente. Li conserverò, legittimamente, e li regalerò, legittimamente, privatamente e senza fini di lucro, a chiunque me li chieda. Quando e se ci sarà una legge dello stato che me lo vieterà espressamente, mi adeguerò alle leggi dello stato. Per ora, mi adeguerò alle leggi OGGI vigenti.
-5) Ieri un giovane lettore del blog, spero solo per fare una provocazione, scriveva la seguente frase: "...Meglio chi predica bene e razzola male piuttosto di chi predica male e razzole bene...". Io spero ardentemente, per il futuro di questo paese, che questa frase sia stata dettata solo dalla vis polemica, in difesa disperata del comico di riferimento, e che non rappresenti l'intimo pensiero di chi l'ha scritta. Se questo è il pensiero dominante fra i giovani, questo paese non ha futuro. Se questo paese preferisce chi predica bene e razzola male, il tramonto di questo paese è ineluttabile e meritato. Ecco perchè, pur assumendomi qualche piccolo rischio personale, preferisco "predicare bene e razzolare bene", che non è un comportameto "eroico", è solo il minimo che devo ai nostri padri ed ai nostri figli.
CHI E' IL VICEPRESIDENTE DELLA AUTHORITY PER LA PRIVACY
Spiace per Francesco Pizzetti, silente Presidente dell'Authority, ma come vice meritava, forse, qualcosa di meno "chiacchierato"
Giuseppe Chiaravalloti, di Fi, è oggi vicepresidente dell'Authority per la privacy. Ex presidente regione Calabria, indagato per truffa allo Stato. Contestato anche il reato di disastro ambientale. Le indagini sulla gestione dell'emergenza per l'inquinamento delle coste: funzionari, impiegati e imprenditori iscritti nel registro degli indagati.
Guai giudiziari per Giuseppe Chiaravalloti, 71 anni, ex presidente della Regione Calabria di Forza Italia, accusato di aver intascato fondi statali ed europei che dovevano servire alla depurazione delle acque. La Procura della Repubblica di Catanzaro ha emesso un' informazione di garanzia nei suoi confronti in cui si ipotizza il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.
Chiaravalloti è attualmente vicepresidente dell' Authority per la privacy: oltre alla carica di presidente della Regione, è stato anche commissario straordinario per l' emergenza ambientale, il suo nome è stato fatto proprio nell'inchiesta sulla gestione dei finanziamenti destinati alla depurazione delle acque [...] Oltre che lo Stato, a subire il danno derivante dalla truffa sarebbe stata anche l'Unione europea, erogatrice dei finanziamenti per miliardi di euro per il settore ambientale. L' inchiesta che ha portato all' emissione delle informazioni di garanzia ha preso spunto dalla relazione del 2004 (quando Chiaravalloti e Basile erano ancora in carica) della sezione regionale di controllo della Corte dei conti sull'inquinamento delle coste e sulla gestione degli impianti di depurazione.
Nella relazione venivano denunciate responsabilità degli ex amministratori regionali nella gestione degli impianti di depurazione della fascia tirrenica, compresa nelle province di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza.
Per le persone coinvolte nell'inchiesta, vengono ipotizzati presunti illeciti nella gestione dei contributi per il settore della depurazione delle acque per opere in parte mai ultimate e mai collaudate. In tal modo, sempre secondo l' ipotesi accusatoria, l' Ufficio per l' emergenza ambientale della Regione Calabria avrebbe derogato dalle procedure comunitarie in materia di appalti, con la gestione illecita di contributi per diversi miliardi di euro.
Ne sarebbe derivato un commissariamento strumentale ed elusivo delle competenze regionali, senza ottenere alcun risultato apprezzabile nella gestione del settore della depurazione. Si sarebbero così create strumentali situazioni di emergenza per ottenere e spendere fondi con criteri giudicati irregolari.
Le condotte illecite e le omissioni, inoltre, sarebbero state ripetute al fine di ottenere proroghe del Commissariamento della Regione Calabria nel settore dell' emergenza ambientale. Dalla presunta condotta illecita degli ex amministratori regionali sarebbe derivato anche un ingiusto profitto per le imprese cui era affidata la gestione dei depuratori, per un importo di oltre duecento milioni di euro, provocando un disastro ambientale, con conseguente pericolo per la salute pubblica [...]
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