Mentre gli episodi di violenza fascista mista a razzismo ed ignoranza si moltiplicano in tutta Italia, e a Roma in particolare, il giovane Alenano non trova altro rimedio che proporre di intitolare una via al repubblichino teorico ed entusiasta promotore del razzismo e delle leggi razziali.
Intitoliamola, una via, ma non a Giorgio Almirante. Intitoliamola ad Alemanno:
. VIA ALEMANNO da ROMA
CHI E' STATO ALMIRANTE: Giorgio Almirante fu il più importante esponente del Movimento Sociale Italiano, partito nel 1946 insieme ad altri reduci della Repubblica Sociale Italiana, come Pino Romualdi, ed ex esponenti del regime fascista, come Augusto De Marsanich). Iniziò la sua carriera come cronista presso il quotidiano fascista Il Tevere dove lavorò fino al 1943. Firmatario nel 1938 del Manifesto della razza, dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista La difesa della razza come segretario di redazione.
Su questa rivista si occupò di far penetrare in Italia le tesi razziste provenienti dalla Germania nazista, che già avevano portato all'approvazione nel 1938 delle leggi razziali fasciste, e che faticavano ad imporsi nella società italiana, dov'erano percepite come un elemento estraneo alla cultura nazionale. All'accusa che il regime si stesse appiattendo sempre più sulle posizioni naziste, Almirante, nell'ottobre del 1938, rispondeva che:
«il razzismo è il più vasto e coraggioso riconoscimento di sé che l'Italia abbia mai tentato. Chi teme ancor oggi che si tratti di un'imitazione straniera non si accorge di ragionare per assurdo: perché è veramente assurdo sospettare che il movimento inteso a dare agli italiani una coscienza di razza possa servire ad un asservimento ad una potenza straniera» (Giorgio Almirante,1938)
Ancora nel maggio del 1942 Almirante, nell'articolo "Contro le pecorelle dello pseudo-razzismo antibiologico", ribadiva l'adesione del regime alle tesi razziste rispondendo alle accuse che le indicavano come un corpus estraneo alla cultura cattolica e nazionale:
«Noi vogliamo essere, e ci vantiamo di essere, cattolici e buoni cattolici. Ma la nostra intransigenza non tollera confusioni di sorta […] Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti – nel nostro credere, obbedire, combattere – noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti. Esclusivamente e gelosamente fascisti noi siamo nella teoria e nella pratica del razzismo» (Giorgio Almirante,1942)
IL REPUBBLICHINO: Dopo aver partecipato alla campagna d'Africa, con l'armistizio dell'8 settembre e la successiva creazione della Repubblica Sociale Italiana, Almirante passò a Salò arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Successivamente, dopo aver ricoperto il ruolo di capo di gabinetto del Ministro della Cultura Popolare di Mussolini, passò al ruolo di tenente della brigata nera dipendente dal Minculpop, come veniva chiamato il Ministero della cultura popolare della RSI. In questa veste, al pari delle altre camicie nere, si impegnò nella lotta ai partigiani in particolare in Val d'Ossola e nel grossetano. Qui, il 10 aprile 1944, apparve un manifesto:
« tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuorilegge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena.I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell'intero gruppo e per la consegna delle armi.»
Fu eletto in Parlamento fin dalla prima legislatura (1948) e sempre rieletto alla Camera. Dopo la morte del segretario Arturo Michelini, tornò dal 29 giugno 1969 fino al dicembre 1987 al vertice del partito. Criticò la legge Scelba che vietava la ricostituzione del Partito Fascista. Agli inizi degli anni Sessanta si batté contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica; agli inizi degli anni Settanta, per disciplina di partito, contro l'introduzione del divorzio. Egli stesso si era avvalso delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti e risposarsi con Assunta Stramandinoli, meglio nota come Donna Assunta.
Successivamente avversò la legalizzazione dell'aborto, e sostenne i provvedimenti del Governo Craxi per l'attuazione del decreto legge per la liberalizzazione del mercato televisivo. Le sue condizioni di salute lo obbligarono nel 1987 ad abbandonare la segreteria del partito, a favore del suo delfino Gianfranco Fini, già segretario del Fronte della Gioventù. Una scelta che aveva il significato di tagliare i ponti col passato, perché «Nessuno potrà dare del fascista a chi è nato nel dopoguerra».
Il 24 gennaio 1988 fu eletto presidente del partito dalla maggioranza del comitato centrale. Morì a Roma il 22 maggio dello stesso anno, dopo un intervento eseguito a Parigi. La sua morte cadde il giorno successivo a quella di Pino Romualdi. (...Dio Esiste!...)
Il successore di Almirante Gianfranco Fini, da lui stesso designato, onorò il suo predecessore e maestro definendolo "un grande italiano" e "il leader della generazione che non si è arresa".
Ebbe molta risonanza l'episodio avvenuto all'Autogrill di Cantagallo (BO) dove il personale si rifiutò di servire il pasto ad Almirante in quanto "fascista".
(Wikipedia)
...finalmente ho capito da chi sia stata a lezione di tagliano la Carlucci: da Donna Assunta, è evidente! Riporto questo brano di donna Assunta, che ormai sembra la caricatura di se stessa, tratta da un sito al di sopra di ogni sospetto: il sito di Giorgio Almirante.
LA DIETROLOGIA DI DONNA ASSUNTA
...scrive donna Assunta, Almirante che ricostruisce gli ultimi giorni del segretario del Msi, ricoverato in una clinica parigina: nel libro-intervista di Domenico Calabrò «Giorgio, la mia fiamma», pubblicato da Koine con prefazione di Giuliano Ferrara. Eccone alcuni stralci.
«Il suo amico medico gli continuava a ripetere (sta per "continuava a ripetergli") di ricoverarsi, e torturava anche me perché non mi sapevo imporre per farlo operare. Continuando a rimandare, la malattia ha progredito finché ha avuto il primo crollo».(il soggetto "Almirante è scomparso. E' la malattia che continua a rimandare, è la malattia che ha il primo crollo. Carlucciese puro). «È stato – prosegue Donna Assunta – proprio l'anno precedente al matrimonio di Giuliana (la figlia, ndr) ad Amalfi, dove poi siamo rimasti tredici giorni per fargli fare un po' di convalescenza, con la promessa che subito dopo si sarebbe fatto operare ("è stato" che cosa? chi?). [...]
Decise anche il ricovero a Parigi, dove purtroppo incappammo in un pessimo soggetto». «Un'esperienza allucinante... di quindici giorni infernali, che si sono conclusi con la morte di Giorgio che secondo me è stata provocata (da chi? perchè? non è dato sapere). Venne a visitarlo un cardiologo. Disse: “Non posso operare perché” ha il cuore in subbuglio». Non sapeva che Giorgio aveva un difetto cardiaco congenito. Pensava che questa complicazione si era creata con l'andare del tempo, perché Giorgio aveva 72 anni. Invece no, era un difetto di nascita.(...e a Donna Assunta non viene in mente di informare questo cardiologo?) Ci disse: “Io non lo opero se prima non fate (chi?) altri accertamenti”». «Proprio quel medico prescrisse il trasferimento in un altro ospedale». Così «finiamo in un altro ospedale e qui si è deciso l'intervento da parte di un professore famoso per la bravura della sua manualità (?), indispensabile a risolvere il caso in breve tempo, senza lasciare “isolato” il cervello». Ed ecco il «giallo». Dice la vedova: «Dalla sala operatoria non abbiamo più visto uscire la barella con Giorgio. Sta di fatto che è letteralmente sparito per 24 ore senza che io e il professore Tallarico sapessimo in quale centro di rianimazione fosse stato nel frattempo portato.
Dopo un interminabile giorno è stato ricondotto nella sua stanza». Donna Assunta ripercorre il pessimismo di quei giorni, quando rimase lì per «quindici giorni infernali e un pensiero fisso, di quelle 24 ore in cui Giorgio è sparito, senza che si sapesse dove fosse». Un vuoto che ancora la tormenta è che le insinua qualche dubbio: «Sì il dubbio è forte. M'è rimasto il fondato sospetto che l'abbiano fatto morire. Una notte ho sentito conversare alcuni medici mentre fuori dalla camera di Giorgio stavo fumando: l'uno comunicava agli altri che “(in) quell'ultima stanza c'è il capo dei fascisti italiani”. Si trattava di un medico italiano. Lì, in quell'ospedale, i sanitari italiani erano tanti». La rievocazione così prosegue: «Ma c'è anche un altro episodio inquietante: poco prima di mezzanotte del giorno dell'intervento gli hanno fatto la preanestesia. Strano. Poi è venuto un medico (o un infermiere) con la barella (un medico con la barella? ma dove cazzo lo hanno portato??) dicendo che doveva portare Giorgio a fare l'esame dei polmoni. Io ribatto che le radiografie erano già state effettuate, ma lui insisteva. L'ho letteralmente scaraventato fuori dalla stanza... Quel tipo non mi piaceva... ma che altro potevo fare? Mi chiedo: è normale tutto ciò»?
No, donna Assunta, non è normale tutto ciò. E non è credibile. E non ha un senso compiuto.
(dal sito di Giorgio Almirante) - 3 giugno 2005
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