Quale onore! come reazione ai nostri scritti sul nucleare di Scajola, ci scrive nientepopodimeno che il Professor Giovanni Carboni, Docente presso il Dipartimento di Fisica dell'Università "Tor Vergata" di Roma, e con un indirizzo email (e suppongo quindi anche con un incarico) presso il CERN di Ginevra (quel CERN dove il Prof. Carlo Rubbia è stato Direttore, e dove non sappiamo quali mansioni svolga il Professor Carboni).
Con la tipica arroganza dei baroni noti solo ad una ristretta cerchia di amici, ed abituati a trattare prevalentemente con tremebondi ragazzini di 19/20 anni al primo o secondo esame, il Dott. Prof. Carboni ci invia queste poche righe, che trasudano buona educazione e modestia da ogni byte:
"Propaganda e' quello che scrivete voi sul nucleare. E, nel caso non lo sapeste, il metano bruciando produce CO2. Il metano non e' certo la soluzione al problema del gas serra. Che il nucleare non sia conveniente e' un'altra fandonia: un anno fa pagavo l'elettricita' a casa in Francia la meta' che in Italia. Ora il divario e' ancora cresciuto. Saluti"
G. Carboni
Il Dott. Prof. Carboni, insomma, ci ha fatto l'esamino, e ci ha bocciati per corrispondenza, senza pietà, e senza neanche sapere se di mestiere facciamo gli idraulici, i suonatori di sax o gli scienziati. Insomma, uno con l'occhio lungo... Uno che ci spiega, "qualora non lo sapessimo", che il metano, bruciando, produce CO2. Caspita! questa si che è una notizia! Però, a pensarci bene, lo sapevamo dal lontano 1956, quando abbiamo superato con un misero 27/30 il nostro primo esame universitario: Chimica Generale, con una commissione composta dal Prof. Giordani, dalla Professoressa Bakunin (figlia del rivoluzionario russo), e dal Prof. Vitagliano. In particolare, del Prof. Francesco Giordani, Presidente della terna di esaminatori che mi ha affibbiato un misero 27, leggo:
"...Francesco Giordani (1896-1961), si laurea in Chimica generale e inorganica a Napoli dove diventa professore di chimica generale e direttore del laboratorio di elettrochimica della stessa università. Giordani è stato presidente dell' IRI, del CNR e del CNEN. Accademico d'Italia, membro dell'Accademia dei Lincei (di cui fu presidente dal 1956 al 1961), della Pontifica Accademia delle Scienze. Autore di ricerche di elettrochimica, Giordani ideò con Pomicio un metodo adattato in moltissimi paesi del mondo per l'estrazione della cellulosa dalla paglia di cereali..."
Poi è arrivato il turno di "Fisica Sperimentale", superato questa volta con un 30/30, col Prof. Antonio Carelli, ex presidente della RAI, unico professore dell'ateneo napoletano di cui si fidasse il Prof. Majorana (che forse lei, Dott. Prof. Carboni, ha persino sentito nominare). La rinvio a questo articolo:
Articolo su Majorana - Carelli
Quanto ad Analisi Matematica mi sono dovuto accontentare delle lezioni (e degli esami) di tale Prof. Renato Caccioppoli, il matematico che ha ispirato il film "Morte di un matematico napoletano". Un genio. Si fa quel che si può. E' andata peggio con Geofisica: mi è toccato tale Giuseppe Imbò, che era solo Direttore dell'Osservatorio Geofisico del Vesuvio. Mi è andata bene e male (dipende dai punti di vista) con la Geologia Applicata: Prof. Felice Ippolito (se cerca su Wikipedia, può farsi un'idea del personaggio). Benissimo mi è andata invece con Idrogeologia (nel frattempo mi ero trasferito in Belgio), dove ho avuto la fortuna di incontrare ed avere come "tutor" per una mia ricerca il Prof. Paul Fourmariér, dell'Università di Liegi, che ha avuto la bontà di sponsorizzare, insieme al dottor J. Simpson dello US Geological Survey, una mia ricerca sperimentale sui movimenti della falda freatica in funzione delle variazioni della pressione atmosferica. Non era una ricerca fine a se stessa, ma era fatta per studiare possibili soluzioni per il problema, irrisolto, dello stoccaggio e della messa in sicurezza delle scorie radioattive nel sottosuolo. Problema irrisolto, caro Professore! Quanto al prof. Fourmariér, faccia conto, se non ne conosce il nome, che sta alla Idrogeologia come Enrico Fermi sta alla energia nucleare.
E veniamo alla Francia, ed ai costi dell'energia elettrica in Francia. Premetto che qualcosa di Francia so. Dal '60 al '62, mentre lavoravo in Belgio, ci ho trascorso quasi tutti i weekends; dal '65 al '68, sono andato a Parigi due volte al mese, per lavoro. Dal '69 al '75 con frequenza dimezzata (una volta al mese). Dal '75 al 2000 ci ho trascorso tutti i week-ends ed i ponti primaverili ed autunnali, tutte le vacanze estive, e da quando sono andato in pensione, non meno di 120 giorni all'anno. Dimenticavo: ci ho fatto anche un anno all'Unesco. Dal 2000 a tutt'oggi ci vado ogni volta che lo desidero, avendo mio fratello preso una casa a Nizza. Se sommo tutto, forse ci ho trascorso l'equivalente di dieci anni! Quindi non mi dice niente di nuovo. Quello che invece non dice (forse perchè non l'ha capito), è quanto segue:
-1) La Francia opera nel campo del petrolio da ben prima che nascessero l'Agip e l'ENI.
-2) La Francia non ha, nella bolletta, costi impropri come i nostri, dovuti per l'eternità per lo smantellamento di centrali nucleari mai entrate in funzione.
-3) fra costo industriale di un prodotto, e prezzo al consumatore, a volte non c'è una relazione molto logica. Succede, sa? Nei casi di monopolio, nei casi di prezzi politici, e nei casi in cui nella cost-analysis non viene correttamente inserito il costo, dormiente ma non morto, della sistemazione delle scorie, e dello smantellamento delle centrali. Nessuno vieta alla Francia di ignorare questi costi industriali. Però lei, per piacere, eviti di ripetere questo errore. Quei costi, prima o poi, qualcuno dovrà pagarli. Noi, per otto centrali mai entrate davvero in produzione, li paghiamo da trent'anni sulla bolletta dell'Enel. O no?
-4) Che gli elevati costi del nucleare siano una fandonia (anche quando correttamente calcolati, includendo il problema dello smantellamento delle centrali e dello smaltimento delle scorie), lo vada a spiegare a quei paesi che, pur non avendo, come noi, vincoli referendari, è da trent'anni che non mettono in cantiere nuove centrali di terza generazione. Lo spieghi agli USA, non a noi.
-5) Infine, i costi: noi siamo dipendenti dall'importazione di petrolio, è vero. Sarebbe molto meglio essere dipendenti dall'importazione dell'uranio? E perchè? Si da il caso che la mia tesi di laurea si intitoli "Metodi di ricerca e prospezione dei minerali di uranio", relatore il Prof. Antonio Scherillo, Istituto di Mineralogia della Università di Napoli. Se è interessato e fortunato, la trova ancora. Quando l'ho scritta, il petrolio non costava un tubo, e quindi non c'era uno straccio di giacimento italiano di uranio economicamente sfruttabile. Trent'anni fa, la zona più promettente era nelle Alpi Orobie, ad una quota fra i 900 ed i 2000 metri di altitudine, senza vie d'accesso. Il potenziale di quel GRANDE giacimento, a prescindere dagli irragionevoli costi di estrazione e trasporto, avrebbero consentito di mandare avanti la SOLA centrale di Latina, per SOLI 15 anni. E le altre? e poi? Andiamo, prof., anche una matricola di Tor Vergata capirebbe che se facessimo davvero delle centrali vecchie come il cucco, a fissione, diventeremmo dipendenti dai mercati esteri dell'uranio ancor più di quanto non lo siamo oggi per il petrolio. A che pro? per far contenti Berlusconi e Scajola? Lasciamo perdere.
-6) Qualcuno della facoltà di Economia di Tor Vergata le ha spiegato che i prezzi delle materie prime variano in funzione di domanda, offerta e visioni speculative? Vede, Dott. Prof., basterebbe che tre/quattro paesi si rimettessero a correre verso il nucleare vecchio (perchè è quello, che abbiamo) perchè in cinque minuti la grande speculazione sui futures delle materie prime buttasse a mare il prezzo del greggio, e facesse salire alle stelle quelli della pechblenda e di altri minerali uraniferi. Si concentri, non è difficile. Le uniche cose che gli speculatori non possono trattare alla borsa merci di Chicago sono il sole ed il vento, che se ne sbattono dei confini geopolitici, delle sue e delle nostre teorie.
Le nostre teorie possono essere errate, per carità... però qui sembra che siamo tutti vittime di un abbaglio collettivo. Altrimenti non si spiegherebbe come mai solo nel 2007 siano stati messi in opera impianti fotovoltaici pari alla somma di TUTTI quelli messi in opera nei trent'anni precedenti. Tutti pazzi, tranne il Prof. Carboni? Andiamo, professore, sia più modesto. Eserciti di più il suo spirito critico. Quando scrive che "facciamo propaganda", abbia la compiacenza di spiegarci anche contro chi, a favore di chi, e con quale fine recondito.
P.S.: Mi scriva, se vuole, quando sarà inaugurata la prima centrale di "terza generazione avanzata" (???) costruita dal duo Scajola - Berlusconi. La prima delle 10-5-6-8 di cui si è straparlato in questi giorni, sparando ogni giorno una cifra diversa.
Dal dizionario francese "Le monde et la nature":
"Un jour de 1962, des prospecteurs chargés de dresser l'inventaire des ressources de l'Italie en uranium s'arretent pour déjuner à Novazza, près de Bergame, dans le Nord du pays. Tout près du restaurant se trouve une fontain publique. Saudain, un des prospecteurs, qui a gardé son compteur Geiger à portée de la main, entend son appareil crépiter. C'est l'indice que de l'uranium se trouve dans les parages. La radioactivité qui fait crépiter le compteur provient de la fontaine et, en particulier, d'un des grands blocs de pierre dont elle est faite. Renseignement pris, ce bloc provient d'une montagne voisine. Les prospecteurs se rendet à l'endroit où la pierre a été enlevée. Ils découvrent que la montagne recèle des roches dont la teneur en sels d'uranium est suffisante pour justifier la mise en exploitation. Aujurd'hui, près de Novazza, l'unique mine d'uranium d'Italie fournit un kilogramme de ce métal par tonne de roche extrait."
Ora la nostra ex - unica - miniera di minerali uraniferi è tristemente chiusa, e nessuno parla di riaprirla, nonostante che il greggio sia arrivato (ed abbia superato) i 130 $ al barile. Si è chiesto perchè, Professore? Il fatto che noi non abbiamo centrali attive non c'entra nulla. Quello che non si consuma in Italia, si può esportare, o no? Unico vincolo: il minerale estratto deve costare meno di quanto il mercato sia disposto a pagarlo. Elementare, Mr. Watson!
Mi permetta, inoltre, di suggerirle una lettura molto istruttiva:
. Daniele Ravagnani - I Giacimenti uraniferi italiani e i loro minerali
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