Tralasciamo i commenti dei
giornali comunisti sulla morte di Berlinguer. Ma basti citare alcuni commenti
di giornali della borghesia per capire che per la prima volta nella storia
della Repubblica un uomo politico italiano, per giunta comunista, lasciava un
senso di vuoto incolmabile.
"Vi era qualcosa di eccezionale in Enrico Berlinguer - dice l' editoriale di "Le Monde" - e, confusamente, la maggior parte degli occidentali - non solo degli italiani - lo sentono. Ecco il perchè di questi omaggi pressochè unanimi e senza dubbio più sinceri di tutte le frasi fatte che salutano generalmente l'uscita di scena dei grandi di questo mondo".
"Un timido aristocratico con
una presa d' acciaio sulla macchina del partito", con questo titolo il
"Financial Times" pubblica un profilo sullo scomparso leader del
partito comunista". "Enrico Berlinguer - scrive il "Financial
Times" - è stato uno degli uomini politici che meno assomiglia all'identikit di un leader di un partito italiano, ancor meno di quello comunista.
Nato in una famiglia aristocratica, egli era straordinariamente riservato e
timido. Tuttavia Enrico Berlinguer è riuscito a portare il suo partito così
vicino al potere come mai era avvenuto nell' immediato dopo guerra ed è stato
per un periodo di tempo, probabilmente l' uomo politico più popolare in Italia".
Tra gli altri messaggi giunti ieri alla direzione comunista quello del presidente del comitato centrale della Lega dei comunisti jugoslavi Dragoslav Markovic ("rappresenta una perdita insostituibile per tutte le forze progressiste e democratiche") e del leader palestinese Arafat che ricorda il sostegno del segretario del Pci "alla giusta lotta del popolo palestinese".
L'ERA DI ALESSANDRO NATTA - A Berlinguer segue la segreteria di
Alessandro Natta: compagno di studi di Ciampi alla Normale di Pisa, Natta non
riuscì mai a scaldare gli animi della base. Innanzitutto per una sua mai
accettata parentesi politica coi GUF (Gruppi Universitari Fascisti) di Pisa,
durata fino al '43. Poi perchè tenterà di ammorbidire i toni della polemica
aperta con Mosca da Berlinguer, spingendosi fino alla partecipazione ad un
controverso viaggio a Mosca, organizzato da Cossutta. Questo viaggio segna, in
un certo senso, un rallentamento della marcia di avvicinamento del PCI al riformismo di
stampo europeo.
Si dovrà attendere il 1988, quando
un infarto obbligherà Natta a passare la mano. La segreteria passerà ad
Occhetto. Ma Occhetto non è Berlinguer. Ne riparleremo.
UN PASSO INDIETRO - Cos'era il
resto della sinistra, nel 1984? Era il PSI, diviso dal PCI da una profonda
barriera di insofferenza ricambiata. Il PCI non intendeva "annettere"
il PSI, come sospettava l'ala craxiana, ma ovviamente non intendeva neanche
farsi annettere da un partito che contava esattamente un terzo del PCI. La
sinistra italiana in teoria poteva contare sul 33% di consensi del PCI, più
l'11% del PSI; su frazioni di PSIUP, incompatibile con altri partiti di centro-sinistra; su una buona fetta del PRI; su una piccola fetta del PSDI. In
teoria, la sinistra avrebbe avuto i numeri per tentare di avere una maggioranza
autonoma dalla DC e dai fascisti. In pratica il PSI era già diventato, più che
un partito di sinistra, un comitato d'affari, carico di repulsione per il PCI.
20 Maggio 1984: ecco quanto
scrive Mino Fucillo: ULTIMATUM A BERLINGUER - "IL PSI NON TOLLERA PIU' LA
CAMPAGNA STALINISTA" - ROMA - Ultimatum del Psi a Berlinguer: o cessa
l'attacco a Craxi, o i due partiti non avranno più nulla da dirsi, in nessun
luogo. "Crolleranno inesorabilmente le residue speranze di collaborazione
unitaria": lo scrive Martelli su l'Avanti. Vuol dire pietra tombale
sull' unità interna alla Cgil, vuol dire crisi a cascata nelle giunte, in quel
che resta delle amministrazioni di sinistra. Vuol dire una guerra spietata in
campagna elettorale. L'offerta di disponibilità fatta da Berlinguer alla Camera
per "governi diversi" dall'attuale è stata per i socialisti la goccia
capace di far traboccare il classico vaso. Il Psi ha visto in questa mossa il
massimo attentato alla sua linea e alle sue fortune politiche. L'ipotesi di un
qualche sostegno comunista a maggioranze senza il Psi o con il Psi non più
collocato in posizioni decisive è apparsa ai socialisti tanto più pericolosa
quanto più evidenti sono i segni quotidiani di quella che anche Martelli chiama
"l'erosione" della collaborazione nel pentapartito. Il Psi ha visto i
comunisti pronti a dialogare con tutti pur di scalzare Craxi. Ha visto
riemergere possibilità e fantasmi che riteneva sepolti. Ha reagito con tutta la
sua forza, mettendo sul tavolo tutta la posta. "Berlinguer aggredisce
Craxi - scrive Martelli - lo rappresenta come un mostro, un tiranno, una
minaccia e lo fa per giustificare la più ingiusta, la più insensata, la più
settaria battaglia contro il Psi" [...] Martelli torna a Berlinguer. Dal
Pci viene "odio per chi dice liberamente ciò che pensa, odio per il parlar
chiaro e schietto, persecuzione propagandistica, infamia dopo infamia. Il Psi
non tollererà più un linguaggio che resuscita il peggior stalinismo".
L'ultimatum di Martelli
s'incrocia con l'ultimo attacco de l'Unità. Senza mezzi termini:
"Il governo e la maggioranza sono in disfacimento. La maggioranza non c' è
più. Craxi è solo. Chiede fiducia contro tutti. Mai nella storia un presidente
del Consiglio è stato in così aperto contrasto con il presidente della
Repubblica". La risposta di Craxi ai presidenti delle Camere viene
definita "penosa". "La situazione è ai limiti della
legalità" perchè un partito con l' undici per cento dei voti pone
"veti" ad ogni altra soluzione di governo [...] Il Psdi pensa
soprattutto a quel che accadrà in Parlamento sul caso Longo-P2 [...]
Ecco: questo era lo stato dei rapporti fra partiti della
sinistra poco prima della morte di Berlinguer: frammenti di società italiana
non sommabili e non compatibili. Ex-post, possiamo capire la lungimiranza dei
Berlinguer e dei Moro, che con grande anticipo avevano intravisto nel "compromesso
storico" fra PCI e DC di sinistra l'unica sensata possibilità di sfuggire
alla logica di governi centristi condizionati dal comitato d'affari del PSI.
Nel luglio, queste sono le opinioni di Gavino Angius,
largamente condivisibili, sui rapporti fra PCI e PSI:
"...opinione diffusa è che una ripresa di dialogo col
Psi, in vista di prospettive comuni, deve ora passare anche attraverso un serio
esame di coscienza degli stessi socialisti. Osserva ancora Angius che "la
vera anomalia italiana consiste nel fatto che un partito che ha oltre un terzo
del consenso democraticamente espresso dal Paese sta all'opposizione, mentre
chi ne ha poco più di un decimo addirittura esprime il presidente del
Consiglio. Caso unico in Europa e forse al mondo. Se il Psi avesse messo in
campo tutta la capacità riformista di cui si dice capace avrebbe persino
costretto noi comunisti a misurarci con essa. Così non è stato, e non per
volontà nostra..."
In novembre, scoppiano i primi dissensi fra PSI e DC sul "decreto Berlusconi":
"...la questione delle tv torna a Palazzo Chigi. Spetta di nuovo al presidente del Consiglio Craxi, infatti, accogliere o no le richieste della Dc che ha affidato al ministro delle Poste Gava il compito di farsi portavoce presso la Presidenza del Consiglio della sua richiesta di ridurre a sei mesi, dagli attuali dodici, la durata del decreto sulle tv private. Sulla questione, ieri, democristiani e socialisti si sono duramente scontrati [...] Ma i contrasti più accesi, ancora una volta, sono stati tra democristiani e socialisti, giunti ormai al "braccio di ferro" non solo sul problema della durata del decreto, ma anche sulla modifica che al decreto stesso la Dc vorrebbe apportare per fissare un limite (magari sotto forma di imposta progressiva) alla raccolta della pubblicità da parte delle tv private. A questo emendamento i socialisti si oppongono vivacemente..."
Insomma, fra PCI e PSI proprio non possono esserci, già
nell'84, punti di contatto. Craxi ha già firmato il "decreto Berlusconi;
si oppone a qualsiasi cosa possa danneggiare il nano; non ricordo se la mitica
"Enza", nell'ufficio di Craxi in Piazza Duomo, fosse già all'opera
per raccogliere, ogni luned' mattina, le "buste", che arrivavano in
un flusso ininterrotto. Qualche anno dopo l'emergere di personaggi come Chiesa,
Giallombardo, Larini, e di società come la "All Iberian", e di conti
come il "Conto Protezione" di Martelli, avrebbero chiarito molte
cose. Non c'era, non poteva esserci nulla, in quegli anni, che potesse tenere
insieme il PCI ed il PSI. Il primo ancora saldamente ancorato ad una classe
operaia che continuava ad esistere, ma già, grazie a Berlinguer, diventato
riferimento per molta borghesia colta; il secondo che era diventato punto di
riferimento della "Milano da bere" (ma soprattutto da mangiare), e di
un collettivo di "nani e ballerine" che nulla avrebbero mai potuto
avere da spartire con "Cipputi" e con la intelligentzia di sinistra.
Due sinistre (una di nome, l'altra di fatto) che MAI avrebbero potuto incontrarsi su di un progetto politico comune. Due numeri non sommabili. Con buona pace di coloro che ancora oggi vagheggiano di un'epoca in cui "le sinistre" superavano il 40%. Una cosa successa solo negli anni del Fronte Popolare. Craxi non era "sinistra": era il capo di una banda che metteva insieme palazzinari, piduisti, tangentari, bellegnocche, parvenues della politica e dell'economia, aspiranti boiardi di stato... tutti in fila, al lunedì mattina, nell'ufficio della "Enza", in Piazza Duomo, a "lasciare la busta" per il Presidente. (continua)
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