“…nel giugno 1988 Natta viene colpito da infarto. E' Bettino Craxi a dire che sarebbe ingiusto scaricare sulle spalle di Natta l'ultima disavventura elettorale del Pci. Forse pensano la stessa cosa anche molti dirigenti comunisti, forse le dimissioni di Natta sono dovute più all'infarto che lo ha colpito che a valutazioni politiche. Ma la sensazione che si ricava da questa vicenda (per la prima volta un segretario del Pci se ne va o viene in qualche modo rimosso dalla carica, pur essendo vivo e vegeto) è che il leader sia stato frettolosamente abbandonato da tutti, come se si trattasse di una dannosa figura di secondo piano, responsabile egli solo dell'assenza di una linea chiara e convincente. E' certamente troppo presto per riuscire a dare una valutazione politica obiettiva di questo segretario che se ne va in punta di piedi (e forse malvolentieri) così come in punta di piedi (e malvolentieri) aveva accettato di assumere l'incarico. Ma nello stesso tempo sarebbe oltremodo sbagliato farne il capro espiatorio del grigiore e del fallimento, che è semmai responsabilità antica di tutto un gruppo dirigente a lui molto simile…”
Si, Natta aveva assunto un compito non facile: quello di sostituire un mito come Berlinguer, senza che ci fosse stato tempo e modo di preparare una successione. Non credo che nessuno avrebbe potuto reggere ad un compito così difficile. Purtroppo il mondo funziona così: i successi hanno sempre molti padri, le sconfitte spesso sono orfane. Natta non è stato un grandissimo segretario, ma è stato un gentiluomo che ha fatto, nelle condizioni date, ciò che era possibile fare. Credo che l’infarto sia stata per lui una liberazione.
L’arrivo al comando di Achille Occhetto è quasi scontata. E’ il vice di Natta, ed appare naturale la sua nomina a Segretario. Nel novembre ’89, alla Bolognina, annuncia la svolta che porterà, nel Febbraio del ’91, alla sepoltura del PCI ed alla nascita del PDS. Il novembre ’89 è anche il mese del crollo del muro di Berlino: avvenimento storico, che forse detta i tempi politici per l’abbattimento di un nome che sembra ormai trasmettere dei segnali anacronistici. Il Comunismo è morto, viva il Comunismo. Ma il comunismo non muore per tutti: un terzo del vecchio PCI, guidato da Cossutta, non accetta la sepoltura del PCI. La scissione è inevitabile e dolorosa, sia in termini numerici che ideologici. Nasce Rifondazione Comunista, alla cui segreteria viene “battezzato”, dallo stesso Cossutta, Fausto Bertinotti.
Occhetto ha fatto bene o ha fatto male a fare “la svolta”? Difficile dire… Certo il partito ha perso, di colpo, un terzo del suo potenziale. Ma nessuno al mondo può giurare che, non abbandonando una denominazione che ormai a molti appariva antistorica, non si sarebbe verificata, magari in maniera più dolce e graduale, una erosione persino più importante. Il PCI ha pagato un alto prezzo. Al confronto, il lavaggio dei post-fascisti del MSI a Fiuggi, che si è risolto con la “scissione”… del solo Pino Rauti, è poco più che una operazione di candeggio.
Occhetto, che dopo il ’94 e la sconfitta elettorale imbocca strade politiche confuse e schizofreniche, è stato, a mio avviso, un segretario onesto, coraggioso, innovativo. E’ stato anche un segretario sfortunato. Molti non gli hanno perdonato, inconsciamente, di essere arrivato alla segreteria del PCI quasi sotto la spinta di eventi esterni ed improvvisi (l’infarto di Natta, la voglia di Natta di ritirarsi – per cui l’infarto diventa quasi una liberazione). La svolta della Bolognina, della cui opportunità utilitaristica forse discuteremo per anni, è stato un atto di estremo coraggio politico. Occhetto, nel corso della sua segreteria, si è trovato a fronteggiare (a volte bene, a volte male), eventi di grande portata storica: il crollo del muro di Berlino, le dolorose scelte sulla partecipazione o meno alla prima Guerra del Golfo. L’apertura della stagione di Mani Pulite, con la sua dirompente carica di antipolitica. L’azzeramento di partiti storici come la DC ed il PSI.
Ecco, “l’azzeramento”… quando nel ’94 irrompe nel mercato della politica Berlusconi ed il suo “partito di plastica”, molti abbiamo fatto l’errore di sottovalutarlo, e persino di irriderlo. Abbiamo colto gli aspetti folcloristici (il nome “Forza Italia”, gli “Azzurri”, l’inno, lo spot “Questo è il paese che amo”, con calza sull’obiettivo; le continue autoincensazioni; il fard; i posters 6x3, e si potrebbe continuare per una pagina), e ci siamo lasciati sfuggire alcuni elementi essenziali.
-1) DC e PSI non erano stati “azzerati” da Mani Pulite; semplicemente avevano traslocato, armi e bagagli, dentro Forza Italia. Personale politico avvezzo ai giochi della politica (e spesso di quella sporca), che insieme avevano rappresentato, all’apice del successo, circa il 45% dell’elettorato e delle clientele italiane);
-2) La forza dirompente del possesso del 50% dell’etere, e del 50% dell’editoria nazional-popolare, in un paese di semianalfabeti, nel quale un solo TG di una sola rete faceva più ascolti di tutti i quotidiani italiani messi assieme (5 milioni, inclusa la Gazzetta dello Sport e il Giornale di Vimercate).
-3) La “spregiudicatezza del personaggio, ed il suo stato di disperazione economica. Quando il Cavaliere scende in campo per salvare l’Italia, il suo gruppo, ormai orfano dei favori di Bettino, naviga verso i 5.000 miliardi di lire di debiti. E’ un gruppo tecnicamente fallito. Un uomo che assomma disperazione economica e spregiudicatezza morale può fare di tutto: comprare giudici, uomini, partiti all’ingrosso e al minuto, giornalisti. E’ quello che fa. Non si contano i giornalisti ed i politici fulminati, negli anni, sulla via di Arcore: da Adornato, a Ferrara, a Pera, a Guzzanti, a Pansa, a Telese, a Cicchetto, a Bondi…)
Si, diciamolo, sia noi comuni mortali che Occhetto, quando abbiamo parlato di “partito di plastica” da un lato, e di “gioiosa macchina da guerra” dall’altra, abbiamo superficialmente e colpevolmente sottovalutato il nano, e sopravvalutato il buonsenso, la cultura, l’etica degli italiani. Abbiamo consegnato il paese ad uno che dal momento della conquista del palazzo d’inverno, ha avuto e gestito solo obiettivi personali:
Salvare le sue aziende dal fallimento: Fatto
Impadronirsi delle TV che non erano sue per diritto proprietario: Fatto
Cambiare le leggi per salvarsi le chiappe dai problemi con le procure di mezza Europa: Fatto
Mettersi nelle condizioni di avere sempre la legge elettorale più adatta al momento specifico: Fatto
Ora si tratta di trovare il modo di venirne fuori, ad iniziare dal ristabilimento di un minimo di civiltà giuridica, per cui chi vuole fare politica deve farlo ad armi pari con gli altri concorrenti: senza avere il monopolio della comunicazione televisiva, in una nazione in cui il 95% della comunicazione è televisiva. Non abbiamo mai provato seriamente a farlo, neanche quando avremmo avuto i numeri per provarci. Forse ci sembrava troppo provinciale ammettere che la TV sposta panze, anime e cervelli. Quando abbiamo iniziato a capirlo, era troppo tardi per provvedere. No, la Mediaset, caro Max, non è mai stata “una risorsa del Paese”. E’ stata una testa d’ariete, un “piede di porco”, un grimaldello.
Ma sarebbe riduttivo pensare che il lasciar fare politica al tycoon della TV senza prima disarmarlo sia stato il nostro unico errore. Ne abbiamo fatti tanti. Ne abbiamo fatti molti. Nelle prossime puntate li analizzeremo, non per masochismo, ma perché la terapia passa per una buona anamnesi e per una buona diagnosi: cose che spero di poter fare col contributo di tutti.
"Berlusconi "scende in campo": per il nostro bene. 1994"
(Continua)
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