Il capo della banca svizzera usata da Berlusconi. Il costruttore condannato per mafia. Il grande avvocato d'affari. E un giro milionario di denaro da occultare
(Di Peter Gomez e Vittorio Malagutti)
Era cominciato tutto con una telefonata. Una conversazione breve, quasi in codice. Poche frasi secche pronunciate nel settembre 2005 da un uomo dal forte accento palermitano che si era presentato al banchiere svizzero Nicola Bravetti come "il signor Moro". "Allora ci vediamo da Paolo giovedì", aveva detto l'uomo prima di chiudere la conversazione. E agli investigatori della Guardia di Finanza di Como, che avevano messo sotto controllo i telefoni di Bravetti per sgominare una banda di spalloni specializzata nell'esportazione di valuta, gioielli e lingotti d'oro, era rimasta la curiosità di capire chi mai fossero Paolo e il signor Moro. Nel giro di tre giorni la risposta: Moro era Francesco Zummo, un importante costruttore siciliano legato a Cosa nostra e all'ex sindaco Vito Ciancimino. Un imprenditore a cui quei rapporti pericolosi erano già costati una condanna per favoreggiamento e un processo che di lì a pochi mesi si sarebbe concluso con un verdetto di colpevolezza per il reato di concorso in associazione mafiosa. Paolo, invece, era Paolo Sciumè, uno dei più noti avvocati d'affari milanesi, all'epoca membro del consiglio di amministrazione della Banca Mediolanum, di quello del Teatro alla Scala su nomina della Regione Lombardia guidata da Roberto Formigoni (Sciumè è considerato di area Comunione e liberazione), e per 13 anni amministratore della Parmalat di Calisto Tanzi. Negli uffici ovattati dello studio Sciumè, Bravetti e Zummo s'incontravano di nascosto per parlare di soldi. Tanti soldi. Un tesoro da 13 milioni di euro, frutto di traffici di mafia, che Zummo stava tentando di sottrarre alla confisca [...]
Adesso a Milano e in Svizzera la preoccupazione sale. Nicola Bravetti infatti non è un banchiere qualsiasi. È fondatore, direttore e azionista della Arner Bank (sede a Lugano e filiali in Italia e nel paradiso fiscale delle Bahamas), l'istituto di credito che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, utilizza da quasi vent'anni per gestioni di patrimoni e operazioni finanziarie. Per questo la Arner è stata al centro di tutti i processi per falso in bilancio che hanno fin qui riguardato Fininvest e Mediaset: i soldi in nero che secondo i pm uscivano dalle casse del gruppo di Segrate grazie alle compravendite gonfiate di diritti televisivi, transitavano spesso da lì. E presso la sede milanese della Arner sono depositati in gestione 37 milioni di euro provenienti dalle holding personali di Marina e Piersilvio Berlusconi.
Non basta. Il nome della Arner spunta anche in altri dossier importanti della finanza milanese. Risulta per esempio intestata a un fondo gestito dalla banca svizzera di Bravetti una quota del 20 per cento circa del capitale di MolMed la società di ricerca biomedicale, appena quotata in Borsa e controllata dal San Raffaele in società, tra gli altri, con la Fininvest. Di recente, poi, la Arner è anche inciampata nella storia nera che ha finito per portare in carcere l'immobiliarista (ex rampante) Danilo Coppola, uno dei protagonisti della nuova razza mattona che nel 2005 diede l'assalto ai piani alti della finanza italiana. Ora esplode il caso Cosa nostra [...]
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