A scorrere i giornali di oggi, vedo un'Italietta proiettata verso il Centro America o verso il Nord Africa. Con rispetto parlando. Finiremo tutti seduti in strada, con un banchetto, ad intrecciare cestini artigianali di vimini da vendere ai sempre più rari, ricchi turisti portoghesi, turchi e e spagnoli. Su questo mucchio di rovine dell'ex "quinta, ma forse quarta potenza industriale", un nanerottolo, accompagnato da un posteggiatore napoletano armato di chitarra, tesserà le lodi dell'impero. Come Nerone cantava osservando il fuoco che distruggeva Roma, il nano canterà (in francese) incurante dei miasmi prodotti da un paese in disfacimento.
LA GRANDE ALITALIA REGIONALE DI BERLUSCONI E TOTO - Mentre ad oltre 100 giorni dalle elezioni non riusciamo a sapere chi siano i componenti della cordata che si picchiano per entrare in Alitalia, Iberia e British Airways danno luogo ad un merger che crea la terza compagnia mondiale per dimensioni. E non è finita, perchè alle viste c'è un allargamento dell'intesa ad American Airlines. Questo l'impietoso quadro dipinto da Massimo Riva:
"...È di poche settimane fa la notizia della nascita di un nuovo colosso dei cieli Usa con la fusione fra Delta e Northwest. Subito seguita dalla firma di una stretta alleanza commerciale fra altri due giganti americani, Continental e United Airlines, preludio a ulteriori passi che porteranno United a un'integrazione con la rete Lufthansa. Un via libera in tal senso è già stato chiesto all'Antitrust di Washington. In questo scenario internazionale in grande movimento quanto sta accadendo in Italia appare come l'ennesimo segnale di un Paese bloccato da una classe dirigente incapace di guardare aldilà del proprio naso. Altrove in poche settimane si formulano ipotesi strategiche, si fanno conti e piani industriali, si riuniscono i consigli di amministrazione e si prendono le delibere necessarie per organizzare fusioni e alleanze che permettano alle imprese di andare oltre le difficoltà incombenti. Da noi sono passati quattro mesi da quando, irretiti dalle altisonanti promesse di Silvio Berlusconi, i sindacati hanno creduto di fare i furbi facendo scappare il presidente di Air France dal tavolo dell'unica trattativa seria che avrebbe potuto garantire ad Alitalia un futuro di compagnia aperta sul mondo. Quattro mesi assai costosi perché così se ne sono andati in fumo anche i trecento milioni del prestito che il Tesoro - in nome e per conto dei contribuenti - ha versato nelle esauste casse di Alitalia.
E ora, mentre nel resto del pianeta si uniscono o si fondono compagnie di Paesi diversi senza perdite di tempo e denaro in miserevoli "querelles" da campanile, sembra che la luminosa idea dei patriottici salvatori di Alitalia sia quella di unire le magagne della boccheggiante compagnia di bandiera con le debolezze del suo concorrente interno (AirOne) nella brillantissima prospettiva che questo matrimonio di nanerottoli possa reggere economicamente su una rendita di quasi-monopolio nel mercato nazionale. Ma non è nemmeno detto che questa ipotesi di un'Alitalia mignon riesca ad andare in porto [...]
Tuttavia, anche chi è disposto a metterci del suo pone una pregiudiziale. I privati intendono rilevare solo il poco di attivo che c'è nel bilancio Alitalia. Tutte le passività, debiti ed esuberi di personale devono essere isolati in una cosiddetta "bad company" da lasciare alla mano pubblica: ovvero, in forma diretta o indiretta, a carico dei contribuenti. Si capisce bene che a Palazzo Chigi stiano prendendo tempo. Dopo tutto Silvio Berlusconi si è fatto votare proclamando che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche dei cittadini: aggiungere ulteriori esborsi pubblici ai 300 milioni del prestito di primavera sarebbe davvero una diabolica beffa, in primo luogo per i suoi elettori.
Un'altra ragione di grave imbarazzo del presidente del Consiglio riguarda il fronte sindacale. Con le sparate contro Air France Berlusconi ha illuso i lavoratori di Alitalia che la sua cura sarebbe stata meno cruenta di quella dei francesi. Così non è: secondo i progetti dei sedicenti patrioti, gli esuberi potrebbero essere anche quasi il doppio. E ciò spiega perché questo piano di salvataggio potrebbe essere annunciato soltanto a fine agosto: i capitani coraggiosi di Palazzo Chigi non hanno l'ardire di mettere le carte in tavola perché vivono nel ben fondato terrore degli scioperi che paralizzerebbero i cieli italiani nel bel mezzo di Ferragosto. Così, in un misto di grande pavidità e piccole furbizie, l'ultimo atto della tragedia Alitalia, cominciato con l'annuncio che perfino i figli del premier avrebbero messo i soldi di casa a disposizione, si avvia verso l'epilogo più spudorato: il conto delle guasconate del Cavaliere a carico di Pantalone..." [...]
...Berlusconi ha poi ricordato come nella trattativa con Air France fossero state poste "delle condizioni inaccettabili". Ma i contatti con la Francia comunque sono ripresi: "Ho parlato con il ministro dei Trasporti francese. Ci saranno varie sinergie con Parigi" ha annunciato. Il premier non ha indicato quali saranno queste sinergie, ovvero "nessuno accordo organico" ma pur sempre un primo passo. Il Cavaliere si è detto infine assolutamente "ottimista per il salvataggio della compagnia di bandiera. C'è il piano, c'è la soluzione, ci sono i soldi, tanto che ho dovuto dire molti no. Certo - ha ribadito - non si potranno tenere tutti i dipendenti, si cercherà un modo indolore per salvaguardare il maggior numero di persone, ma è chiaro - ha concluso - che questa è l'unica operazione che si può fare... SENZA PAROLE
Nel frattempo sembra che gli stessi sindacalisti (a iniziare da Bonanni, Angeletti e Caronia) che sembravano pronti ad impugnare le armi e ad "andare ai materassi" contro l'ipotesi prodiana di fusione con AirFrance e di 1.650 esuberi assistiti, adesso, di fronte al una ipotesi di 5/6.000 esuberi sono diventati ragionevoli. Si può fare...
MA COI SATELLITI VA ANCORA PEGGIO - L'Italia perde la via dei satelliti - Fuori da un mercato di 8,5 miliardi. Sorpassati anche da Turchia ed Egitto mentre leader sono gli americani.
[...] anche lo spazio ci riserva brutte sorprese. Se si scruta attentamente il cielo la bandiera tricolore è scomparsa: delle 34 compagnie private che gestiscono 261 satelliti commerciali, nemmeno una è a capitale italiano. Attenzione, non parliamo dei satelliti militari e di quelli adatti alla protezione civile che la nostra Agenzia spaziale manda in orbita: apparecchi che volano a 400 chilometri di altezza e servono a fotografare terremoti e a tenere sotto controllo gli tsunami. In questo campo ci salviamo. Ma dal mega business dei satelliti geostazionari che orbitano tra la terra e la luna a 36 mila chilometri di altezza, che sono in grado di trasferire miliardi i segnali televisivi e che si stanno attrezzando anche per trasmettere dati Internet, siamo fuori. Un mercato che cresce in modo esponenziale, che già presenta un giro d'affari di 8,5 miliardi di dollari e che interessa 75 milioni di consumatori.
Qui i grandi sono grandi sul serio: la maggiore compagnia del mondo, americana in origine, la Ses Global oggi è controllata da una finanziaria a capitale lussemburghese, spagnolo e belga: ha nel cielo 30 satelliti e fa ricavi per 1 miliardo e mezzo di dollari l'anno. Gli americani si sono tenuti la Intelstat, la seconda al mondo con 28 satelliti in orbita e un fatturato di oltre un miliardo di dollari.
Sono big, non c'è che dire. Tuttavia se si scorre la lista del cielo ci si accorge che al satellite non ha rinunciato nessuno, anche i paesi minori. Motivi strategici o altro. Così la società turca, Turksat, ha due satelliti geostazionari in orbita, la Spagna ha la sua Hispasat con sei satelliti, la Svezia, la Norvegia, l'Olanda e l'Egitto non sono da meno. Senza contare arabi, cinesi e brasiliani. Tutti hanno il proprio satellite.
E l'Italia? Un po' come accade per il Moplen di Giulio Natta, gli esordi del nucleare e i prototipi dei computer, anche con il satellite fummo i primi in Europa: era il 1964 e il gruppo creato all'Università di Roma da Luigi Broglio sparò nello spazio il San Marco 1, prima c'erano riusciti solo russi e americani. Ma poi le cose andarono diversamente: la Stet, attraverso Telespazio, insieme ad altri gruppi europei, costituì Eutelsat, che oggi è diventato il terzo gigante dei geostazionari al mondo con un fatturato di circa 900 milioni di dollari e con 24 satelliti in orbita. Ma quando la Stet fu trasformata in Telecom e passò nelle mani di Tronchetti Provera la storia dei satelliti italiani arrivò al capolinea: nel 2001 il 20,4 per cento di Eutelsat - attualmente di proprietà franco-iberica - fu venduto alla Lehman Brother. Ed oggi nessun capitale italiano sta nel business di "quota 36 mila". [...]
INTANTO LA STANDARD & POOR'S CI BOCCIA INESORABILMENTE: Per la serie: Il Grande Prestigio Internazionale dell'Italia:
"...il nuovo governo di centro-destra, guidato da Silvio Berlusconi, non propone alcuna riforma di tipo strutturale che affronti seriamente i temi della spesa pubblica..." Lo scrive l'agenzia di rating Standard & Poor's. Secondo l'agenzia di valutazione del debito, la manovra fiscale 2009-2011 «fa sperare in un più pro-attivo consolidamento fiscale sul lato della spesa», ma promette «di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2011 principalmente attraverso tagli discrezionali alla spesa pubblica e incrementi mirati delle tasse». In pratica l'impatto della manovra sarà «lieve». Le previsioni di S&P sono per un disavanzo «vicino al 3% del Pil almeno fino al 2011, mantenendo il livello di debito oltre il 100% del prodotto interno lordo..."
PERO' SIAMO UN PAESE FORTUNATO: Abbiamo La Russa & Maroni
Finalmente si precisano i contorni... 3.000 armati ma non troppo. A piedi, per non dare nell'occhio. E perchè non c'è una lira per la benzina. I Bersaglieri avranno le piume, per mimetizzarsi coi volatili da cortile. Baderanno alla sicurezza dei cittadini, ma anche dei consolati, ma anche dei politici, dei magistrati, dei depositi di carburante, delle ferrovie, degli aeroporti, dei porti degli autoporti, dei porti turistici. E' una cosa tanto utile che durerà non meno di sei mesi.
Intanto, uno spione del Cocer, solitamente ben informato, ci consente, a beneficio di Sergino, di precisare i nostri conti (Sergino, li abbiamo fatti insieme, con Excel, così lei può essere tranquillo). Dunque, un dipendente pubblico (inclusi i militari) fa il dipendente pubblico per non più di 43 settimane all'anno: 52 settimane, meno 4 di ferie, meno 3 di malattia (dati della brunetta, Sergino... li prenda per buoni), meno 2 di festività infrasettimanali, permessi retribuiti e non, gravi motivi familiari... Fatta la sottrazione, Sergino? la aiutiamo noi: restano 43 settimane. A 40 ore a settimana, sono 1.720 ore all'anno. Per 3.000 militari, sono un monte-ore di 5.160.000 ore-anno. Mi segue, Sergino? Si concentri: un pattugliamento di 6 ore, a meno che non si pattugli la propria camerata o la propria casa, richiede due poliziotti per otto ore. Ci sono i tempi di trasferimento, sa... Ora divida 5.160.000 per 16 (può usare excel): otterrà che questa sterminata massa di uomini in armi potrà fare 322.500 turni di pattuglia. Di sei ore. Quindi in un anno, per coprire quattro turni di servizio effettivo, ci saranno non meno di 80.625 pattuglie.
In un anno, Sergino. Un anno è costituito da 365 giorni. Faccia uno sforzo: 80.625 pattuglie, diviso 365 giorni... significa NON MENO DI 220 pattuglie in più sul territorio. Sa cosa significa? in media, una pattuglia ogni 273.000 abitanti. Non è una goduria?
Dunque, 3.000 soldatini sono (è sempre excel che parla), lo 0,005% della popolazione. Per dire: a Roma, che conta circa 2,5 milioni di abitanti (il 4,17% della popolazione italiana), ne spetterebbero 125. Invece, ne andranno 1060, cioè il 35,3% del totale (fonte La Russa - Maroni - Alemanno). Ahi! ahi! Sergino... ho come un'impressione che la casta, più che proteggere lei e me, abbia deciso di proteggere se stessa (Montecitorio, Linate, il Gilda, I "Due Ladroni", Palazzo Grazioli... o no?
Comunque, nulla è perduto: ne restano pur sempre 1.940 a disposizione del resto d'Italia. Ben 142 pattuglie, a disposizione di 57.500.000 cittadini. Una ogni 405.000 abitanti. Pensi, Sergino... a Milano ne avremo ben tre e mezza. A San Luca, Palmi, Gioia Tauro, Corsico, Casal di Principe, Mondragone, Castel Volturno, Racalbuto, Corleone, nessuna...
Finalmente, grazie a La Russa, Maroni e Berlusconi, l'Italia sarà il più sicuro fra i paesi del terzo mondo.
Claudio Scajola ci ricasca e colleziona un'altra pesante gaffe. In occasione dell'inaugurazione della centrale elettrica di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, il ministro dello sviluppo economico ha infatti salutato l'apertura dell'impianto, considerato un modello di sicurezza, con queste parole: "Dopo tanti sacrifici, anni di lavoro e qualche vita umana si è costruito questa modernissima centrale dove tutto è controllato e tutto è sicuro".
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