Ingrid Betancourt, dopo quasi sette anni di prigionia trascorsi alla macchia, in mano ai Farc colombiani, l’altro ieri è tornata fra noi. Il Tafanus ne ha dato un breve annuncio appena ricevuta l’agenzia sulla avvenuta liberazione. Ora, a freddo, possiamo finalmente riprendere il discorso su Ingrid.
Sgombriamo subito il campo da eventuali, possibili sospetti circa la nostra posizione sulla donna e la politica Betancourt. Noi nutriamo per la Betancourt, per il suo impegno, per il suo coraggio, per le sue sofferenze, per la sua solitudine, una grandissima ammirazione, ed un grandissimo rispetto.
Quando abbiamo appreso della sua liberazione, ci siamo sintonizzati fissi sulla CNN, per vederla fisicamente al suo arrivo a Bogotà. Ci aspettavamo di vedere (anche perché memori della sua ultima foto dalla prigionia), una donna stremata, provata, e molto invecchiata rispetto ai suoi 47 anni. Abbiamo visto una donna che dimostrava la metà dei suoi anni, che sprizzava vitalità e simpatia da tutti i pori. L’incontro e la conferenza stampa coi figli, Lorenzo e Melanie, è stato altamente commovente. In particolare, Melanie ha continuato, per tutto il tempo, a riempire di baci Ingrid, a stringerla a se quasi come se temesse di poterla perdere appena averla ritrovata, a sorriderle, ad accarezzarla… insomma, un rapporto bellissimo.
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Ingrid ha parlato di tutto: della prigionia, delle sofferenze, della liberazione, di politica. Saggiamente, si è riservata la decisione sul “che fare”, e cioè se continuare o meno a fare politica, a più tardi, e cioè a dopo aver discusso con calma l’argomento con la famiglia. Noi, anche se siamo pronti a rispettare qualsiasi decisione, siamo in cuor nostro speranzosi che Ingrid trovi la forza e la voglia di continuare.
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E veniamo alle cose che ci sono piaciute meno
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Le modalità della liberazione: l’assoluta mancanza di trasparenza sul tutto, ci ha ricordato i tempi peggiori dello “scellismo” in Iraq ed Afghanistan. I tempi bui a volte della liberazione, a volte della morte degli ostaggi, quando su ogni singolo evento, nel giro di poche ore, venivano diffuse non meno di 10 versoni dei fatti, ognuna in contrasto con le altre 9, e tutte in contrasto con la plausibilità. Brutti romanzi polizieschi, pubblicati in fretta, senza prendersi neanche il tempo strettamente necessario per la correzione delle bozze. Le due Simone, i tre body-guards dilettanti, Luciana Sgrena, Enzo Baldoni, Ramatullah Hanefi… e quasi sempre, sullo sfondo, LORO: gli immancabili “servizi” più o meno segreti, e lui, Maurizio Scelli, un uomo che ha vissuto i suoi anni di gloria a cavallo fra inutilità e dannosità. Scelli non mancava mai. Non diceva mai “è stato merito mio” (troppo rischioso! Rischio di essere smentito dai fatti; rischio di doversi assumere anche la responsabilità degli insuccessi). Ma era sempre li, con l’aria compìta del fedele, discreto ed efficiente civil servant, che non accampava meriti, ma, insomma, se non fosse stato per lui eccetera. Italia, Centro-America.
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Ora è toccato alla incolpevole Betancourt innescare un’altra compagnia di giro, ben più affollata di quelle che hanno ruotato intorno ai fatti italiani.
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L’elicottero che riportava Ingrid e gli altri prigionieri a Bogotà non aveva ancora fermato i rotori, che già a Parigi il bravo Sarko, in grande e rapida caduta di consensi, era in conferenza stampa, coi figli di Ingrid, a pavoneggiarsi davanti alle telecamere, come se fosse stato lui in persona, accompagnato da Carlà, ad essere andato sulle montagne colombiane dove, dopo aver debellato a pugni e calci una intera compagnia di guerriglieri, aveva liberato 15 ostaggi. Poi si era svegliato. Aveva fatto qualcosa, Sarko? Si, si era interessato, aveva parlato molto col presidente Urime, aveva pressato Chavez, a fare qualsiasi tentativo di “diplomazia sotterranea” coi guerriglieri, però, per carità, nessun blitz. Ora Ingrid era stata liberata. Con quali mezzi non si sa, ma certamente non con quelli propugnati da Sarko. O blitz colombiano (che Sarko ha sempre vivamente raccomandato di non tentare), o soldi. Di chi, si vedrà. Non sembra comunque che si tratti di soldi francesi.
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Nella compagnia di giro francese si è prontamente inserito Bernard Kouchner. Uomo verso il quale nutrivo grandissimo rispetto, se non altro perché è stato il fondatore e animatore di “Medicins sans Frontiéres”. Abbiamo iniziato a nutrire qualche dubbio quando è sceso in politica, chiamato da Jospin. Ci ha profondamente delusi, quando è tornato in politica per la seconda volta, chiamato da Sarkozy. Pensavamo che avrebbe sdegnosamente rifiutato. Invece è corso, felice e giulivo, fulminato sulla via della destra francese, che non è molto migliore di quella italiana. Qualcuno ha avuto il piacere di vedere la conferenza stampa con Kouchner? Una cosa penosa. Anche lui, come Sarko, non aveva meriti precisi da accampare, se non quello si “essersi speso”. Ma la strada dei risultati concreti è passata ben lontana da Bernard, senza neanche sfiorarlo. Ma in conferenza stampa, Bernard ci ha richiamato alla mente una specie di OGM derivante dalla fusione fra Pippo Baudo, Maurizio Scelli e Jacques Tati. Si muoveva come il bravo presentatore, tentava di suggerire per se l’immagine di chi “per carità io non c’entro però”, e, dettaglio trascurabile, ma che colpiva molto, si muoveva a scattini, a mossettine in favor di telecamera, che ricordavano i peggiori epigoni di Jacques Tati. Essere Tati è roba da geni, essere epigoni involontari di Tati è roba da macchietta di Nino Taranto nella parte di Ciccio Formaggio. Francia, Centro-America.
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Nella compagnia di giro colombiana brillava il Presidente Urime (in scadenza, ed in procinto di candidarsi per un terzo mandato, e quindi bisognoso di visibilità, circondato da Rambos in tuta mimetica, tutti pronti ad accreditare una incredibile storia di spie infiltrate da mesi (ma forse da anni) fra i guerriglieri, e così bravi da aver conquistato la fiducia dei guerriglieri così a fondo da riuscire a farsi consegnare un elicottero carico di ostaggi, perché dovevano essere trasportati dal Capo che voleva vederli. L’ordine del Capo era arrivato per telefono, e prodotto grazie ai servizi di un “bravo imitatore” che ne riproduceva perfettamente la voce eccetera. Insomma, un polpettone simil-spionaggistico di quelli che si vergognerebbero a produrre persino a Cologno Monzese o a Bolliwood. Colombia, Centro-America.
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Infine. La compagnia di giro Americana, col capocomico McCain che, dobbiamo ammetterlo, è stato il meno peggio fra i vari capocomici. McCain, candidato repubblicano dato per perdente alle Presidenziali d’autunno, era li per quali scopi? Con quali poteri e con quale mandato? Accompagnato da chi? Oggi molti retroscenisti americani (ma non solo) hanno dato questa versione: McCain era in Colombia col mandato (e con la cassa) dell’attuale Presidente georgedabliu, che tenta di far risalire ai repubblicani il piano inclinato lungo il quale lui stesso li ha fatti precipitare sempre più in basso. Fra gli ostaggi liberati, che non sono né uno, né quattro, ma 15, c’erano anche tre americani, che McCain ha riportato negli USA come trofeo di caccia (nessuno, tranne Urime, si ricorda di menzionare gli 11 colombiani liberati). Sembra che la marchetta sia costata 20 milioni di dollari, ma anche se così fosse, non siamo certo noi italiani, reduci dalle memorabili (e costose) operazioni irachene targate Scelli, a poterci lamentare. Ok, il prezzo è giusto. USA, Centro-America.
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Per quanto ci riguarda, propendiamo per la versione “soldi”. I Farc erano ormai sempre più stretti in un cerchio, senza più il capo ed il vice. Gli ostaggi vivi rappresentano un peso ed un ostacolo alla mobilità. Gli ostaggi morti non valgono un dollaro. Gli ostaggi, venduti, valgono 20 milioni di dollari, cash, e smettono di pesare sulla logistica. Staremo a vedere. Forse un giorno, a giri elettorali finiti, sapremo qualcosa che rassomigli ad una potabile verità. Magari scopriremo, come alcuni sussurrano oggi, che la Betancourt sia viva e libera per caso, parte di una vendita forfettaria, di un saldo di fine stagione. Ne saremmo felicissimi lo stesso, ma si riporterebbero al loro giusto livello alcune esibizioni di vanagloria, di cui almeno due su tre sono obbligatoriamente fuori luogo.
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Le candidature al premio Nobel per la Pace
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Abbiamo, per oltre un anno, sostenuto la candidatura di Gino Strada. Abbiamo fatto del nostro meglio, ma il nostro meglio non è stato sufficiente. In poco più di un anno, abbiamo raccolto oltre 8.600 firma. Poche per essere determinanti, da sole; moltissime per essere il frutto di un blog individuale, privo di supporto dai grandi media. Mai, nella storia del web, un “personal blog” aveva raggiunto questi traguardi. E’ un avvenimento quando un blog supera le 1000 firme in calce a qualcosa. Noi ci siamo avvicinati alle 10.000. In quest’operazione abbiamo ricevuto solo il supporto di isolate personalità, che sentitamente ringraziamo. Vogliamo dire grazie a Fernando Rossi, alla sempre cara Haidi Giuliani, a Furio Colombo, a Luca Telese, alla direzione laziale di Liberazione, ed alle decine di blogs che hanno linkato la nostra iniziativa. E, naturalmente, ringraziamo gli 8.600 firmatari della nostra petizione. Ripeto, per un blog sono un risultato incredibile. Basti pensare che quando il gruppo Repubblica – L’Espresso ha impegnato tutta la sua potenza di fuoco per una raccolta di firme per la liberazione di Ramatullah Hanefi (il responsabile dell’ospedale di Emergency a Kabul), le firme raccolte sono state 32.000.
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A dirci che è ora di suonare la campanella, c’è anche la campagna per la candidatura al Nobel per la Pace per Ingrid Betancourt. E’ una candidatura che ci piace, e che ha molte più chances di riuscita della nostra, non solo perché sponsorizzata da un medium, come l’Unità, molto più potente del nostro blog, ma anche perché la Betancourt ha una immagine positiva, largamente diffusa in tutto il mondo, e senza “nemici americani”, come quelli che invece ha probabilmente Gino Strada, e che, sempre probabilmente, si sarebbero messi di traverso. Non faremo una campagna in competizione con nessuno. Raccoglieremo le nostre firme, e le invieremo all’Unità, affinchè siano sommate a quelle raccolte da loro.
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Le firme da noi raccolte per Gino Strada le invieremo innanzitutto a Gino Strada, ed agli oltre cento delegati di Emergency. Saranno il nostro piccolo segno di riconoscenza a Gino Strada ed all’organizzazione tutta. Le manderemo, inoltre, a tutti coloro che abbiamo menzionato prima. Grazie di cuore, a tutti.
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Tafanus
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