Berlusconi è un maghetto. L'Alitalietta è salva. Non l'abbiamo svenduta ai francesi. Nessuno si farà male. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani. Non solo. Di più! di più! A guardare i piani del maghetto, quelli che hanno comprato azioni Alitalia a 6 euro, le hanno vendute a 3, ora che valgono meno di mezzo euro si affrettino a comprarne a camionate. Non si lascino sfuggire la grande occasione. Venghino siori, venghino! si affrettino, perchè non ce n'è per tutti. Chi tardi arriva, male alloggia!
I giornali di ieri ci informavano delle "magnifiche sorti e progressive" dell'Alitalietta. E' vero, i ricavi passano dai 4.800 milioni di € di quest'anno ai 4.300 dell'anno prossimo (-10,4%), ma già nel 2013 saranno di 5.200 milioni: +20,9%. E' vero, non c'è compagnia al mondo che preveda un incremento di ricavi, nel trasporto aereo, di quasi 21 punti in quattro anni. Ma LORO non hanno la fortuna di avere in casa un Berlusconi.
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Avremo la flotta tagliata (nonostante la presa in carico dei catorci di Toto) da 238 a 153 aerei (-36%); le rotte tagliate da 194 a 141 (-27%); il personale passerà da 18.500 a 11.500 persone (-38%); gli aerei intercontinentali ridotti da 27 a 18 (-33%); DICIOTTO AEREI!!! li riconosceremo a vista, uno per uno, quando li vedremo passare, una volta ogni due o tre giorni!. Faremo ciao con la manina. Avremo ben 15 destinazioni intercontinentali, la cessione del settore cargo (finalmente!) e Malpensa ridotta a terminal per i voli charter per le Canarie, ma i ricavi cresceranno del 21%.
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...AZZ...! se non è un mago quest'uomo (anzi, un maghetto, vista la statura), chi lo è mai?
Ma non andate via, non è tutto!!! correte! affrettatevi! di azioni Alitalia non ce ne sono mica per tutti! chi tardi arriva, male alloggia!!! I miracoli non finiscono mica qui!!! Fra il 2008 ed il 2009 i ricavi (parola dei nostri maghetti) si riducono da 4.800 a 4.300 milioni, ma miracolosamente l'utile operativo passa da -805 milioni a -260 milioni. Qualcuno me la spiega? Ma è sul margine operativo lordo che il maghetto compie un autentico miracolo, che riempirà i testi di economia per i prossimi mille anni: attualmente, per ogni milione di euro incassati, l'Alitalia ne perde 53.000; nel 2009, per ogni milione incassato, Alitalietta guadagnerà 36.000 euro. Ma il vero, grande, epocale miracolo sarà nel 2013, quando Alitalietta guadagnerà 153.000 euro ogni milione incassato. Un margine operativo lordo del 15,3%, che non solo non trova riscontro in nessuna azienza di aerotrasporti, ma neanche in qualche cartone animato di Paperon de' Paperoni e del cugino Gastone. Insomma, una minchiata di proporzioni siderali, se si considera che stiamo parlando di un'azienda in via di estinzione, che nell'ultimo quarto di secolo ha presentato un solo bilancio non in perdita.
Ma leggete cosa scrive, sull'argomento, Massimo Giannini di Repubblica (persona solitamente ben informata):
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"...se il sedicente "salvataggio" di Alitalia è davvero il primo esperimento di "economia sociale di mercato" che la premiata ditta Berlusconi-Tremonti azzarda nel nostro Paese, allora c'è davvero da dormire preoccupati. Il Cavaliere non mente, quando dice "abbiamo salvaguardato l'italianità della compagnia aerea". Ma purtroppo, per simulare la strenua difesa di un presunto "interesse nazionale", il governo ha compiuto un vero e proprio "suicidio industriale". Il nuovo piano messo a punto da Banca Intesa e avviato dai provvedimenti varati ieri dal Consiglio dei ministri non serve a salvare il futuro di Alitalia, ma è utile solo a salvare la faccia al leader di Forza Italia. Ancora una volta (e come nella migliore tradizione, dai tempi di Nordio e Andreotti in poi) quello che accade alla nostra compagnia aerea non ha niente a che spartire con la logica economica, ma ha tutto a che vedere con la logica politica. Berlusconi in campagna elettorale aveva giocato tutta la sua credibilità sul caso Alitalia, usando il possibile accordo con Air France come una clava per bastonare Prodi, noto affamatore di popoli e famigerato svenditore di gioielli (dalla Sme alla Stet).
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Dopo aver scientificamente fatto fallire l'operazione con i francesi, con il colpevole contributo di un sindacato miope e irresponsabile, il premier neo-eletto non poteva fallire a sua volta, esponendosi alla gogna popolare. Serviva, anche su Alitalia, un'operazione di facciata, improntata allo stesso decisionismo con il quale è stata "risolta" l'altra tragedia nazionale, quella dei rifiuti di Napoli. Un'operazione di patente torsione giuridica, che realizzasse comunque un'apparente innovazione pratica.
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Sulla monnezza campana, per toglierla dalla strada e nasconderla sotto il tappeto, si trasformano ope legis tutte le discariche in terreni militari, sottraendone la giurisdizione alla magistratura ordinaria. Sulla compagnia aerea, per evitare la bancarotta congiunta di Alitalia e Air One, si alterano ope legis le norme sulla concorrenza, sottraendo la valutazione sulle deroghe temporali dei regimi semi-monopolistici all'autorità Antitrust.
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Poco importa che non si sia affatto risolto il ciclo perverso dei rifiuti. Poco importa che non si sia affatto sciolto il nodo del posizionamento italiano nel grande network del trasporto aereo globale. Quello che importa è che il premier possa accreditarsi ancora una volta, agli occhi dell'opinione pubblica, come il Grande Facilitatore. Quello che, come ha detto il ministro del Tesoro, aveva ereditato due disastri, e in due mesi ha fatto il miracolo di risolverli entrambi. La verità è un'altra, ed è molto più amara. In un Paese normale, un premier così non sarebbe sicuramente acclamato dalle folle come il salvatore della patria, ma probabilmente verrebbe inquisito dalla Corte dei conti per danno erariale.
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Quella scelta su Alitalia non è una soluzione. È solo un imbroglio, come ha scritto Eugenio Scalfari, che finirà per penalizzare tutti: i dipendenti, gli utenti e i risparmiatori. Lo dicono i numeri, nudi e crudi, non la trita demagogia anti-berlusconiana. Secondo il piano Air France, il salvataggio di Alitalia sarebbe passato attraverso la difesa dell'unitarietà del gruppo, del suo marchio e dei suoi assets (a parte il cargo). Gli esuberi diretti sarebbero stati 2.150, la flotta si sarebbe ridotta da 174 a 137 aerei, ma con un evidente rafforzamento delle grandi destinazioni e delle rotte a medio e lungo raggio (24 destinazioni nazionali, 45 internazionali e 14 intercontinentali). Si sarebbe potenziato Fiumicino come grande hub tra Europa e Mediterraneo, e si sarebbe incentivata la "riorganizzazione di Malpensa come importante gateway" del Nord Italia. Air France avrebbe investito 850 milioni di euro entro il 2010, e soprattutto, per comprare Alitalia, avrebbe messo sul piatto 1,7 miliardi di euro, tra la doppia Opa su azioni e obbligazioni (a tutela quindi di tutti i risparmiatori) e il successivo aumento di capitale..."
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Dunque, facciamo un pò di conti sulle cifre di Scalfari e Giannini, che nessuno ha potuto smentire: i "Capitani Coraggiosi" metteranno sul tavolo meno di un miliardo di euro, e riceveranno un'Alitalietta monda da 1,2 miliardi di debiti, da 300 milioni di debito-ponte, e dai debiti di Toto che, si dice, siano molto elevati... La riceveranno pulita da 7.000 "esuberi", e da tutte le attività in perdita. Inoltre, dopo tante grida manzoniane ("O Malpensa o Morte!), non avranno alcun obbligo nei confronti del catorcio formigonian-morattiano.
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La famelica AirFrance, complice l'incapace Prodi, si sarebbe accollata 1,2 miliardi di debiti Alitalia; avrebbe messo sul tavolo: 850 milioni come ticket d'ingresso; ci saremmo risparmiati 300 milioni di prestitio-ponte; fra OPA ed aumenti di capitale, avrebbe apportato ancora 1,7 miliardi. Vogliamo fare qualche somma? Da una parte l'operazione Prodi avrebbe generato un miglioramento finanziario complessivo di 4.050 milioni di euro. Dall'altra, il maghetto incassa meno di un milione di euro, ma mette a carico della collettività 1,2 milioni di debiti Alitalia, 300 milioni del prestito-ponte, più i debiti dell'amico Toto. Diciamo che fra l'operazione del Maghetto e quella criminale tentata dal Mortadella passano, malcontati, non meno di 5.000 milioni di euro, più il costo degli "esuberi" che saranno impiegati in qualche lavoro (pardon in qualche posto) di dubbia utilità.
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Inoltre, una compagnia che sarebbe entrata in un contesto internazionale sano e ampio, viene ridotta al rango di Air Dolomiti o di Alisarda (la "compagnia di bandierina", come l'ha definita Veltroni); Malpensa ripone i sogni nel cassetto, e il maghetto di Arcore completa la distruzione di un marchio che, nel bene e nel male, ha accompagnato l'Italia per mezzo secolo. Nel frattempo, gli esuberi aumentano di 5.000 unità. Ha detto il maghetto che li manderà alle Poste a compilare vaglia e timbrare raccomandate. Nessuno si farò male. Pagherà un comandante di Jumbo 1200 euro al mese? Alle Poste servivano, 5000 assunzioni? se si, perchè non sono state previste e fatte prima? e perchè alle Poste ci sono tuttora 30.000 precari a tempo determinato? Se no, l'operazione è un puro scaricare personale inutile sulle casse dello stato. Stile Efim. Aggiunge Giannini:
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"...le rotte internazionali vengono ridimensionate, e si salvano solo quelle a breve-medio raggio. E soprattutto si eliminano gli "hub", con il seguente, felice paradosso: non si riqualifica Malpensa (tra lo scorno e il disdoro di Formigoni e Moratti) e per di più si squalifica Fiumicino (con l'ira funesta di Alemanno e Zingaretti) [...] E poi il capolavoro finale: i sedici "capitani coraggiosi", tutti "partner naturali" del governo obbligati a versare l'obolo per Berlusconi come l'oro per Mussolini, sganciano due soldi (in qualche caso magari finanziati dallo stesso circuito bancario che ha organizzato il salvataggio) lucrando in cambio prebende di vario genere, legate ai loro core business, dalle concessioni pubbliche autostradali (vedi Benetton e Gavio) alle commesse pubbliche infrastrutturali (vedi Ligresti, Tronchetti, Caltagirone) [...] E gli azionisti, e soprattutto gli obbligazionisti della compagnia? Saranno tutelati, promette Tremonti, perché "il risparmio è sacro". Da profani, vorremmo capire come si articolerà questa tutela. Al momento non se ne sa nulla.
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Cosa resta, alla fine del giro? Una piccola Alitalia, drasticamente ridimensionata nelle ambizioni industriali e nelle relazioni internazionali. È vero, la cloche resta in mano al governo italiano, e i francesi potrebbero rientrare con una quota di minoranza. Ma forse è proprio questo il problema: l'Italietta si tiene la sua Alitalietta. Detto altrimenti: resta la bandiera, ma della compagnia rimane poco. Ora i sindacati hanno poco da protestare: hanno avuto quello che si meritano.
E le opposizioni non hanno granché da criticare: hanno pagato i loro demeriti. E oggi il Pd, nonostante le assennate parole di Veltroni e Bersani, è sostanzialmente privo di voce perché politicamente privo di identità: il suo ministro ombra delle Attività Produttive, il giovane Matteo Colaninno, dovrebbe attaccare il pasticcio Alitalia ma non può farlo perché porta lo stesso cognome del presidente in pectore della "Nuova Alitalia", il padre Roberto Colaninno.
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Chi paga, per questa magnifica "bicamerale dei cieli" (come l'ha definita Europa) tentata grazie alla banca più vicina al centrosinistra e alla nomina di un commissario ex-ulivista? Lo Stato, che non incasserà nulla dall'operazione ma si accollerà gli oneri sociali per la gestione degli esuberi. L'operazione "non pesa sui cittadini", assicura il Cavaliere. Ha ragione, ancora una volta: non pesa, li schianta. Guardavamo a questo centrodestra di "nuovo conio", uscito straordinariamente forte e volitivo dalle urne del 13 aprile, come a una squadra di chiara marca conservatrice e liberista. E invece sembrano usciti dal solito, vecchio album di famiglia delle PpSs della Prima Repubblica. Gli eredi, malriusciti, dell'Efim e della Gepi..."
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Cosa aggiungere, a quanto magistralmente detto da Scalfari, da Giannini e da altri? che oggi siamo contenti, malignamente contenti, che i nostri bravi e strapagati piloti fascisti dell'ANPAC, se non vorranno timbrare conti correnti dalle 8,00 alle 14,00, dovranno affrettarsi a trovare posto in qualche piccola società italiana di aeronoleggio (affrettarsi, i posti sono limitati), o emograre, a stipendio dimezzato, in qualche paese tipo Bahrein o Kuwait. Oppure si facciano assumere come piloti privati dei Falcon del Maghetto di Arcore.
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Infine, alcune piccole ma non marginali considerazioni sui Colaninno: possibile che la destra berlusconiana, così ricca di “uomini del fare”, abbia dovuto far ricorso, come maggior “Capitano Coraggioso” e manager della disperata impresa, ad un comunista come Roberto Colaninno? Niente di meglio e/o di più generoso, in casa loro? Possibile che il giovane rampollo Matteo possa conciliare la sua posizione di ministro-ombra (oltretutto per le attività “produttive) del PD, col ruolo paterno di soccorritore-principe del nano aviatore? Just in case, parlerà male di questa finta cordata di salvatori “a gratis”, o parlerà male di suo padre? Perché, ad occhio, una terza soluzione non esiste. Ci faccia sapere.
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COGLIONI SI NASCE, ED EGLI LO NACQUE...
Questa la esilarante intervista del Mattino a Fabio Berti, presidente del sindacato fascista dei piloti, l'ANPAC, ed uno dei maggiori responsabili, insieme a Bonanni, del fallimento della trattativa con AirFrance:
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"...il piano Berlusconi per Alitalia non va. La bocciatura non può essere più netta: «È un progetto che ha carenze macroscopiche e che ci condanna a diventare una piccola compagnia che nel giro di due anni sarà costretta a chiudere i battenti. Lo contrasteremo in tutti i modi. Non possiamo vedere morire la nostra azienda». Firmato Fabio Berti, Presidente dell’Anpac.
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Poi, come in un raptus, il nostro prosegue:
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"...già oggi il contratto consente all’azienda di far volare i piloti 900 ore al mese. Siamo ai massimi livelli di produttività...."
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Già! e più "massimi" di così, proprio non si può, visto che per volare 900 ore al mese il buon Berti dovrebbe volare 30 ore al giorno, inclusi i sabati, le domeniche, i giorni di ferie, di malattia e di festa comandata. Come esilarante è il fatto che nessun giornalista o Direttore del Mattino abbia colto al volo la "minchiata volante".
Tafanus
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