(di luca Piana - l'Espresso)
Una legge speciale per vendere la compagnia senza debiti. Con un costo per i contribuenti di altri 445 milioni. Così si prepara il regalo a Toto e BenettonUn nuovo fallimento, una nuova legge per uscirne. Se l'Italia è il Paese delle troppe leggi, al punto da meritarsi un apposito ministro per sfoltirle, può sembrare incredibile che dopo mesi di tentativi la crisi dell'Alitalia possa richiedere una normativa speciale per trovare una soluzione ad hoc. Eppure il cambiamento della cosiddetta legge Marzano, disegnata solo quattro anni fa per il crack Parmalat, è il rebus attorno al quale nelle ultime settimane si sono interrogati i banchieri di Intesa Sanpaolo, il consulente al quale il governo di Silvio Berlusconi ha rifilato la patata bollente del salvataggio Alitalia.
Lo scorso 9 luglio sembrava fatta. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, era andato in Senato e aveva assicurato: "In Italia ci sono grandi aziende in crisi. Aggiorneremo la legge Marzano per accompagnare queste aziende". La fuga in avanti, però, è stata fermata venerdì 25 luglio, quando una nota del governo ha definito "destituita di fondamento" l'ipotesi di un immediato commissariamento dell'Alitalia, lo snodo necessario per avviare le procedure della Marzano, nella vecchia versione o in una nuova.
Per capire i dubbi che hanno determinato lo stop, che alcuni ritengono temporaneo, occorre ricostruire le difficoltà che la definizione del piano di Intesa ha incontrato. E, in secondo luogo, comprendere gli interessi che gli imprenditori che potrebbero essere coinvolti nel salvataggio sono interessati a difendere, mettendo in secondo piano quelli dei creditori, dai possessori del bond Alitalia ai fornitori di benzina. Creditori che, però, potrebbero rispondere con una valanga di ricorsi.
Stando a fonti de 'L'espresso', i punti fermi del piano Intesa sono i seguenti. Il primo è la nascita di una nuova società, nella quale avrebbe un futuro solo parte dei dipendenti Alitalia (si parla di circa 6 mila tagli). Il secondo è l'integrazione con l'Air One di Carlo Toto. Al suo fianco dovrebbero entrare in gioco alcuni imprenditori, con un ruolo di prima fila per la famiglia Benetton, già socia di Toto in alcune tratte autostradali e disponibile - pare - a investire nell'operazione circa 150 milioni. Sarebbe la fetta più grossa dei 700 milioni che, stando alle indiscrezioni più ottimistiche, potrebbero mettere sul piatto i nuovi azionisti, fra i quali dovrebbero esserci anche i costruttori Marcellino Gavio e Salvatore Ligresti, nonché i gruppi Marcegaglia e Aponte. All'ultimo minuto, poi, c'è chi spera nell'ingresso a sorpresa di Mediobanca, se prevarrà la linea del presidente Cesare Geronzi.
Dal punto di vista industriale, invece, il menu prevede la riorganizzazione delle rotte, con il trasferimento di alcuni voli da Fiumicino a Malpensa, mentre potrebbe essere tentato il colpo del ridimensionamento di Linate, dove si vorrebbe mantenere la sola navetta con la capitale.
Questi sviluppi, tuttavia, avrebbero una chance di concretizzarsi solo se le attività più o meno sane di Alitalia - una parte del personale e della flotta, i diritti di decollo - potessero essere separate dai debiti e dalle attività ormai senza speranza, come quelle ausiliarie di Az Servizi. Una condizione che Intesa ha indicato come essenziale al termine del mandato: così com'è, l'Alitalia non la vuole nessuno.
Qui nasce l'ipotesi della revisione della Marzano caldeggiata da Toto e soci, più cauti sul secondo scenario delineato da Intesa, che prevede un percorso lungo e ricco di incognite che manterrebbe in vita la vecchia Alitalia. La legge Marzano è nata nella versione attuale con il commissariamento della Parmalat e ha come cardine la possibilità di formulare un concordato con le diverse classi di creditori, facendo da scudo ad azioni legali e pignoramenti. Per Parmalat il risanamento è stato possibile perché, nonostante la gestione criminale di Calisto Tanzi, esisteva un'azienda in grado di vivere, una volta depurata dai debiti: ai creditori vennero offerte azioni della Nuova Parmalat, risarcendo in piccola parte i denari sfumati.
Per Alitalia il nodo sta nel fatto che oggi un commissario nominato dal governo avrebbe l'obbligo di formulare un piano di risanamento da sottoporre ai creditori. Ammesso che tutte le altre difficoltà possano essere superate, per separare la nuova Alitalia e avviare il piano Intesa il commissario dovrebbe offrire un rimborso quanto meno parziale. Toto e soci dovrebbero riconoscere un prezzo equo, in quote della nuova società o in denaro, utilizzando parte dei 700 milioni disponibili.
I problemi sono numerosi. Il primo è che alla cordata Toto i denari scarseggiano. Il secondo è che, se i creditori avessero azioni della nuova Alitalia, per i soci forti sarebbe più dura comandare. Il terzo è che il valore affidato all'Alitalia ripulita non potrebbe essere irrilevante rispetto a quello che, quando conferirà la sua Air One, si vedrà assegnato Toto. Il quarto è che il commissario avrebbe l'obbligo di cercare le migliori offerte possibili e, almeno in teoria, l'Air France - messa in fuga da Berlusconi quando voleva tutta l'Alitalia, debiti compresi - e altri concorrenti avrebbero il diritto di candidarsi a rilevare la parte buona della compagnia, offrendo un prezzo migliore e lasciando Toto & C. con un palmo di naso. Ecco il perché delle ipotesi, anche estreme, di revisione della Marzano, come la sterilizzazione totale della nuova Alitalia dai creditori e l'inserimento di un requisito di italianità per l'acquirente.
Gli esperti osservano che una revisione della legge fatta su misura presenta però non pochi rischi: "Certamente i creditori devono tener ben presente che, se non si trova una soluzione per ristrutturare la società, le possibilità di sopravvivenza appaiono scarse e che, in caso di fallimento, rischiano di perdere tutto", dice Silvia Lazzeretti dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi. "Allo stesso tempo", continua Lazzeretti, "un eventuale commissario dovrebbe porre la massima cura nel cercare un ampio consenso con i creditori: qualunque siano le scelte, il terreno è minato e sono ipotizzabili diversi profili di impugnazione, in Italia e all'estero".
Quando il governo avrà sciolto i dubbi, si vedrà come saranno tutelati i creditori. Quel che appare chiaro già oggi è che per i contribuenti il conto sarà salatissimo. Dopo anni di perdite e i 300 milioni dell'ultimo prestito, al computo andranno aggiunte altre voci. Se è difficile calcolare quanto costerà la liquidazione delle attività che resteranno in mano pubblica, è già certa la cifra che il Tesoro rischia con le obbligazioni emesse da Alitalia nel 2002. Giulio Tremonti, ministro dell'Economia oggi e allora, ne aveva sottoscritta la fetta più grande: 445 milioni su 715.
LA SEA vuole un miliardo ma non lo avrà mai
Tra i numerosi spettatori interessati alle decisioni del governo sul tentativo di salvataggio dell'Alitalia, c'è anche la Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa. La Sea ha recentemente approvato un piano industriale che prova a prescindere dalla sopravvivenza della compagnia di bandiera, puntando fra l'altro sul rafforzamento dei voli del gruppo tedesco Lufthansa. Allo stesso tempo, però, la società si trova in una situazione delicata. Lo scorso inverno la Sea aveva chiesto all'Alitalia un risarcimento da 1,25 miliardi di euro per i danni subiti in seguito alla decisione della compagnia di ridimensionare la propria presenza a Malpensa, trasferendo numerosi voli a Fiumicino e togliendo, di fatto, la qualifica di snodo strategico allo scalo lombardo. La causa aveva avuto, tra l'altro, l'effetto di rendere più difficile la trattativa di Air France per rilevare l'Alitalia: il gruppo francese aveva chiesto al ministero dell'Economia, guidato allora da Tommaso Padoa-Schioppa, di essere posta al riparo dalle conseguenze dell'azione legale, una condizione difficile da soddisfare. In campagna elettorale il centro-destra, con il presidente lombardo Roberto Formigoni e il sindaco di Milano Letizia Moratti in testa, aveva cavalcato alla grande la fuga di Alitalia e il danno per i cittadini della regione. Se l'Alitalia verrà commissariata, però, anche una vittoria in Tribunale potrebbe non portare nulla alla Sea: la società maturerebbe un credito che finirebbe nel computo assieme a tutti gli altri. Dettaglio curioso: il ricorso della Sea era stato firmato dallo studio Bonelli Erede Pappalardo, lo stesso che ha fatto da consulente legale a Intesa Sanpaolo per studiare le modalità giuridiche dell'operazione di salvataggio Alitalia. [..]
...vogliamo iniziare a parlarne? Ipotizzare Benetton, Ligresti, Marcellino Gavio nella mitica cordata, è una cosa oscena, e per un semplice motivo: sono tutti personaggi in enorme conflitto di interessi. Conflitto fra i loro interessi, e quelli del Paese.
Prendiamo il merinos Benetton: avete pensato che basterebbe che il governo gli riconoscesse un a lira a chilometro di aumento delle tariffe autostradali per far pagare a noi, in maniera surrettizzia, la quota di Benetton nel salvataggio Alitalia?
La stessa faccenda, in scala minore, vale per Marcellino Gavio, toutes proportzions gardées... Del Ligresti, post-craxiano, proprietario di mezza Milano Sud, meglio neanche iniziare a parlare. Insomma, questa sporca faccenda elettorale di Alitalia rischia di trasformarsi in un dramma per 20.000 famiglie, in una catastrofe economica per il Paese, in una retrocessione dell'Italia in serie C1... Però gliela abbiamo fatta vedere noi, a Spinetta!
Biografie - Chi è Ligresti
Chiacchierato per i suoi presunti rapporti con la mafia, è finito in carcere per l'inchiesta "mani pulite" e condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione ha scontato la sua pena affidato ai servizi sociali. Salvatore Ligresti, il costruttore travolto dagli scandali, il tangentista che dava mazzette direttamente a Craxi, l'imprenditore che grazie ai suoi buoni rapporti con la politica è stato salvato dalle banche quand'era sull'orlo del fallimento, ora vive una nuova vita dorata.
Il piede che ha messo nella Rcs Media Group è solo l'ultimo tassello in ordine temporale.
L'abbraccio col neoduce Berlusconi sta dando grossi frutti. Il feeling tra l'ingegnere di Paternò e il cavaliere di Arcore però non è di vecchia data. Don Salvatore negli anni '80 era un concorrente di Berlusconi, come lui costruiva la sua fortuna sul mattone. Entrambi erano sponsorizzati dal PSI di Craxi, ma Ligresti ha sempre avuto riferimenti politici più ampi e articolati, che spaziano da AN alla vecchia DC.
Nato nel 1932 a Paternò, in Sicilia, da famiglia agiata. Ha frequentato il liceo classico e poi l'università di Padova, dove ha conseguito la laurea in Ingegneria. Negli anni '50 si trasferisce a Milano "in cerca di fortuna". Qui Ligresti si lega a Michelangelo Virgillito e Raffaele Ursini, due immigrati originari anche loro di Paternò. Gli insegnarono il "corsarismo" in finanza tanto che il giovane Ligresti superò il maestro e "rilevò" da Ursini il primo pacchetto di azioni Sai. Avrebbe dovuto essere una vendita simulata, ma Ligresti sostenne di aver regolarmente pagato e una sentenza gli diede ragione. La sua fortuna crebbe rapidamente tanto che negli anni '80 Ligresti era l'immobiliarista più potente di Milano. In questi anni acquista a destra e a manca quote azionarie di società di gran nome come Cir, Pirelli e Montedison. Sotto l'ala di Cuccia e Craxi entra in Mediobanca.
Nel 1986 scoppia lo scandalo delle aree d'oro: Ligresti viene indagato per corruzione, ma alla fine se la cava con piccole condanne per abusi edilizi. Passata la bufera come sempre si rialza e sei anni dopo, nel '92, viene travolto da "tangentopoli".
Il 16 luglio '92 finì a San Vittore. Dopo quattro mesi mise a verbale una deposizione fiume che consentì al pool anti-corruzione di arrivare a Craxi. I guai seri arrivarono con l'inchiesta Eni-Sai, coimputati l'ex finanziere Sergio Cusani e lo stesso Craxi. Altre vicende giudiziarie le ha chiuse col patteggiamento: quelle per le tangenti per i piani edilizi di Pieve Emanuele e per l'ampliamento del palazzo di giustizia di Milano e il processo per la svendita del patrimonio immobiliare dell'Ipab.
Ed ora con questo curriculum alle spalle entra trionfante in via Solferino. Da finanziatore di Craxi a sostenitore di Berlusconi, il passo è stato breve.
21 luglio 2004 - (pmli.it)
...aggiungiamo solo che adesso, con questo formidabile curriculum alle spalle, entra nella cordata di "volontari del soccorso aereo". E ricordiamo all'estensore di queste note biografiche che Ligresti era anche molto amichetto di Formigoni, e che dalla regione Lombardia aveva avuto tante, belle convenzioni con le sue cliniche. In una delle quali (la clinica Galeazzi), se non ricordo male, bruciarono vive undici persone, perchè la fantastica camera iperbarica targata Ligresti aveva i serbatoi del liquido antincendio vuoti, con le ragnatele dentro. E l'obbligatoria "sorveglianza a vista" stava sorvegliando qualcosa d'altro. Che merda di paese!...
P.S.: GIOCHIAMO ALLA CACCIA ALL'ERRORE:
"...l'identità dei membri della cordata italiana rimane ancora avvolta nel mistero. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti ha fatto sapere che "tutti i nomi saranno resi noti a settembre". Ma niente Cdm sull'Alitalia a fine mese..."
"...martedì mattina, nelle commissioni riunite di Camera e Senato, il governo presenterà un'informativa sul caso Alitalia. Dopo le richeste avanzate dal gruppo Pd di palazzo Madama e dal gruppo Udc di Montecitorio, l'esecutivo "è pronto a fornire al Parlamento quanto prima ogni chiarimento", ha detto il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito..."
Due dichiarazioni, entrambe di ieri, di due sedicenti "autorevoli membri del Governo". Uno che assicura che "i nomi saranno resi noti a fine settembre (la Finocchiaro chiede di quale anno); l'altra che assicura che TUTTI i chiarimenti (anche i nomi?) saranno "forniti quanto prima".
Quanto "quanto prima"? e fra TUTTI i chiarimenti cu saranno anche i nomi, quelli che invece Bonaiuti promette per fine settembre? Ma non avrebbero essere stati forniti "immediatamente dopo la chiusura delle urne"? O forse il nano di arcore alludeva alle urne funerarie contenenti le ceneri di Ali Taglia?
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