La logica che si connette con i regimi autoritari, sia di destra che di sinistra, s’identifica in primo luogo nella facoltà del potere emergente di eliminare l’opposizione. Questo può avvenire in maniera cruenta od incruenta, ma è sempre il primo passo verso un regime liberato da ogni ostacolo dialettico, che ne rallenti o affossi la facoltà decisionale. Il Parlamento diventa un fantoccio nelle mani del despota, un fantasma formale, così come lo fu il Senato nella Roma imperiale.
Ovviamente,
in assoluto, il primo passo da compiere per il potere dispotico è quello di
ottenere il consenso maggioritario del popolo. Quello di mettere la museruola
all’opposizione rappresenta un ostacolo indispensabile da superare, ma
implica cautela ed una progressiva
escalation che non turbi radicalmente la sensibilità dei sostenitori.
Mussolini si
permise il lusso di addossarsi la responsabilità del delitto Matteotti, quando
ormai fu certo di aver messo fuori gioco l’opposizione e poter contare sulla
pavida sottomissione del popolo e della
mancanza di qualunque straccio d’opposizione mediatica.
Chi oggi sente
sulla pelle le avvisaglie di una situazione analoga all’avvento del fascismo,
non si distanzia di molto dalla verità: l’unica differenza che s’interpone in
questa nuova forma di regime – quella che io definisco fascionanismo – che non
è certamente da sottovalutare, consiste nell’aver sostituito la violenza fisica,
con una forma subdola di violenza psicologica. Il possesso di un capitale
privato di circa 25 miliardi, tra beni al sole e beni all’ombra, e la libera,
sfrenata gestione di cinque canali televisivi, più diversi quotidiani e
periodici, rendono superfluo l’uso dei manganelli e dell’olio di ricino, al
posto dei quali sopravvengono lavaggi del cervello e vaselina. Il denaro, come
arma d’aggressione, ha oggi molto più efficacia di otto milioni di baionette,
con cui al massimo ci si potrebbero affettare otto milioni di salamelle.
L’impressione
che turba maggiormente in questi giorni della martoriata storia di questo
Paese, è proprio quella di un progressivo, subdolo ed inesorabile attacco alle
uniche voci libere che ancora annoverava l’Italia. All’osservatore attento non
sarà certamente sfuggito il progressivo annacquamento dell’opposizione di Repubblica,
che a prescindere dagli editoriali di Scalfari e pochi altri, assume i toni
sempre più vaghi di un’informazione asettica. Oppure del poco chiaro cambio della guardia all’Unità. Ci si domanda: ma
l’opposizione che fa? A parte le fatue promesse di una dimostrazione autunnale,
fino ad oggi ha dimostrato un’epa disposta a digerire qualunque nefandezza.
Certo, l’Aventino non paga le trasferte, meglio stare in Parlamento e stare
zitti. Al massimo cacciare qualche rutto ben retribuito. Insomma è la festa del
vitello d’oro. O con loro o contro di loro.
Il
fascionanismo è una nube, arrivata come innocuo cirro dall’orizzonte, che oggi
scatena tuoni e fulmini sul nostro Paese. Ma come tutte le nubi, questa si
dissolverà senza vittime, solo con disastrosi danni materiali e morali, che il
tempo galantuomo risanerà.
Spesso dico ai miei figli, quando si lamentano delle conseguenze delle loro scelte sbagliate: “che ti serva di lezione”. E’ ciò che vorrei ripetere a quei piccoli imprenditori ed artigiani, spina dorsale dell’economia italiana, la grande maggioranza di coloro che hanno osannato l’avvento di questo regime, sono quelli che subiranno i sacrifici maggiori per la loro non oculata, stolida scelta. (Charly Brown)
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